Madre single senza lavoro a causa della pandemia. «Ho chiesto
gli aiuti di legge, la risposta: vada alla Caritas»
TEMPIO . «Non voglio elemosine, chiedo i sostegni previsti
dalla legge e mi aspetto di trovare collaborazione negli uffici
pubblici, anziché un muro che ti umilia». Anna Taras è una donna
lavoratrice single, madre di due figlie adolescenti. Aveva un
lavoro in costa e l’ha perso a causa della pandemia. Dopo mesi di
disoccupazione «affrontati – scrive in una lunga e accorata lettera
al giornale – con grandissima dignità e tantissime sofferenze
materiali e morali», lamenta la noncuranza dei Servizi sociali di
Tempio verso il cittadino.
«Mi sono trovata – afferma la donna – davanti a un atteggiamento burocratico, mi sembra che si sia perso ogni briciolo di umana pietà. Sul mancato arrivo degli aiuti statali e regionali, dei quali non ho percepito un euro, per esempio, non mi hanno mai voluto dare alcuna risposta. Mi hanno, invece, perentoriamente invitata a rivolgermi alla Caritas, verso la quale non ho alcuna remora e dove non avrebbero però potuto aiutarmi».
Al Comune di Tempio – prosegue la donna – ho avuto solo risposte «degne di un banco dei pegni, non di un ufficio che dovrebbe offrire al cittadino in difficoltà, assistenza materiale e morale».
«Sono una mamma single, lavoratrice stagionale – spiega Maria Taras – Quest'anno, a causa della pandemia, non ho ancora ripreso a lavorare. Non avendo reddito ho fatto domanda in Comune per avere accesso ai vari aiuti statali e regionali. Mi sono trovata catapultata, invece, in un mare tempestoso, in una sorta di girone infernale. In un “Ucas”, si diceva una volta, un ufficio complicazioni affari semplici, nel quale era difficile districarsi. Alla mia richiesta di aiuto per accedere ai benefici previsti dalle norme, come unica indicazione, mi è stato detto di rivolgermi alla Caritas. Non hanno capito che non chiedevo l’elemosina ma informazioni per accedere ai benefici di legge nel mio stato di lavoratrice disoccupata».
«Sto vivendo – accusa la donna – tra indifferenza e menefreghismo elargito a piene mani dai Servizi sociali, in una situazione di puro abbandono, non solo economico ma anche morale. La mia protesta pubblica vuole infrangere il muro di indifferenza che vi è nell’ambito di questi servizi, ricordando agli addetti che non sono i padroni delle speranze e del futuro dei cittadini poveri per i quali dovrebbero essere invece di supporto e non di intralcio».
«Mi sono trovata – afferma la donna – davanti a un atteggiamento burocratico, mi sembra che si sia perso ogni briciolo di umana pietà. Sul mancato arrivo degli aiuti statali e regionali, dei quali non ho percepito un euro, per esempio, non mi hanno mai voluto dare alcuna risposta. Mi hanno, invece, perentoriamente invitata a rivolgermi alla Caritas, verso la quale non ho alcuna remora e dove non avrebbero però potuto aiutarmi».
Al Comune di Tempio – prosegue la donna – ho avuto solo risposte «degne di un banco dei pegni, non di un ufficio che dovrebbe offrire al cittadino in difficoltà, assistenza materiale e morale».
«Sono una mamma single, lavoratrice stagionale – spiega Maria Taras – Quest'anno, a causa della pandemia, non ho ancora ripreso a lavorare. Non avendo reddito ho fatto domanda in Comune per avere accesso ai vari aiuti statali e regionali. Mi sono trovata catapultata, invece, in un mare tempestoso, in una sorta di girone infernale. In un “Ucas”, si diceva una volta, un ufficio complicazioni affari semplici, nel quale era difficile districarsi. Alla mia richiesta di aiuto per accedere ai benefici previsti dalle norme, come unica indicazione, mi è stato detto di rivolgermi alla Caritas. Non hanno capito che non chiedevo l’elemosina ma informazioni per accedere ai benefici di legge nel mio stato di lavoratrice disoccupata».
«Sto vivendo – accusa la donna – tra indifferenza e menefreghismo elargito a piene mani dai Servizi sociali, in una situazione di puro abbandono, non solo economico ma anche morale. La mia protesta pubblica vuole infrangere il muro di indifferenza che vi è nell’ambito di questi servizi, ricordando agli addetti che non sono i padroni delle speranze e del futuro dei cittadini poveri per i quali dovrebbero essere invece di supporto e non di intralcio».
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