I tavoli interni dei ristoranti? Resteranno desolatamente vuoti
almeno sino a giugno. L’ha deciso il Governo Draghi, anche nelle
regioni in zona gialla infatti si potrà mangiare solo all’aperto. E
a Cagliari, a parte i tanti ristoratori che non hanno un solo metro
fuori dal loro locale, ci sono anche quelli più fortunati, che
possono contare sugli spazi esterni ma che, a rapidi conti fatti,
preannunciano l’ennesima mazzata. Da viale Trieste sino al cuore
della Marina, da Sant’Avendrace sino a via Concezione, il saldo è
più che negativo: gli imprenditori devono dire addio a due terzi
della clientela. Andando bene. In alcuni casi il tracollo arriva
anche all’ottanta per cento. Mostrano le loro sale vuote, i
ristoratori, a Casteddu Online. Partendo da Ignazio Giordano, dal
2016 alla guida di un ristorante in viale Trieste: “Dentro il
locale ho una capienza massima di cinquanta posti, nello spazio
esterno, con l’utilizzo di tutti i posti da predisporre posso
arrivare a 25 coperti, ma non sempre capita il tavolo utilizzato
totalmente. Capita un cliente solo, e allora va messo in un tavolo
da due. I posti, così, possono dimezzarsi, e costringermi a poter
servire solo dieci o quindici persone”. Un crollo complessivo da 75
a 15: “Propendo al numero minimo, non sempre si ha la fortuna di
avere il numero di commensali pari ai posti che si hanno. Tutto
quello che c’era da perdere l’ho perso, queste soluzioni non sono
aiuti o incentivi per la ripresa, ma pezze per evitare di pagarci
sussidi o ristori”, afferma. “Sinora, come ristori ho ricevuto
novemila euro, una misura esigua, ho perso centomila euro di
fatturato”, conclude. “Ho i dipendenti, 3, tutti in cassa
integrazione. “Sono del parere che la sicurezza, se uno adotta le
giuste misure, sia al coperto che al chiuso, c’è. Nel periodo del
Covid ho servito tante persone, non c’è mai stato un caso di
contagio”.Alla Marina, in via Concezione, conta i tavoli vuoti
anche nella futura zona gialla Leonildo Contis: “Mi sto
organizzando per servire più clienti possibile ma i numeri sono
quelli che sono. Cercherò di continuare a resistere e sopravvivere,
lavorando. Dentro ho 60 posti per le norme Covid, fuori altri venti
posti a sedere. Praticamente sto giusto mettendo pezze al problema,
è solo un palliativo, mi sto arrampicando sugli specchi. Non si
guadagna, ho aperto a dicembre 2019 e dopo due mesi ho chiuso per
il primo lockdown. Sto tamponando le perdite, qualche dipendente è
in cassa integrazione”, racconta. “Ridurrò il personale, spesso non
avendo la certezza dell’incasso sono costretto a sperare di poter
almeno coprire i costi. Chiedo al Comune di darmi più posti, qui in
via Concezione, mi basterebbe allargarmi, raddoppierei i posti e
per me sarebbe una boccata d’ossigeno. Ovviamente, senza avere alle
calcagna qualcuno che controlla i metri. Se ciò non avverrà, spero
che in estate ci sia la possibilità di avere spazi anche
all’interno”.
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