Discoteca all’aperto, giovani sotto
l’effetto di superalcolici e marijuana, due interventi dei
Carabinieri e ambulanze. Nessuna rissa. E’ la sintesi di un sabato
sera al porto. Ormi abituale luogo di ritrovo di gruppi di ragazzi
che spesso, complice l’uso di alcol e droghe, danno in
escandescenza e si abbandonano a risse e atti vandalici. Sul posto
anche due ambulanze e i carabinieri. I militari sono intervenuti
per un ragazzino nordafricano che si rifiutava di indossare la
mascherina.“E’ colpa
della pandemia? No, secondo l’esperto
dell’osservatorio di cyber crime Luca Pisano, “il fenomeno Alcool,
Droghe e Risse è stabile nel tempo. Da oltre cinque anni nella
città metropolitana di Cagliari, ragazzi e ragazze assumono
importanti quantità di alcool e droghe, si coinvolgono in risse
oppure si centrano (vedi post precedenti) dopo essersi minacciati e
insultati tramite le storie di Instagram e i gruppi
Whatsapp/Telegram.Il
problema è sempre esistito?No.Premesso che se fosse sempre esistito sarebbe il
segnale poco rassicurante che la popolazione sarda, al posto di
evolvere, rimane bloccata a una fase primitiva di funzionamento
individuale e sociale, il problema non si è mai manifestato con
queste modalità.Infatti
solamente in questi ultimi 5 anni si è affermata, tra i giovani di
qualsiasi estrazione sociale e culturale, la subcultura della
normalizzazione della devianza e della criminalità che ha permesso
di considerare un valore la manifestazione di scoppi di collera,
rabbia, violenza e l’uso/abuso di alcool e droghe. Prima era
decisamente più diffusa, anche tra i giovani, la disapprovazione
sociale nei confronti dei comportamenti gravemente
trasgressivi.E’ colpa
dei genitori?Qualche
volta.Molti dei ragazzi e
delle ragazze coinvolti nel fenomeno alcool, droghe e risse hanno
genitori adeguati e capaci di educare. Avendo inoltre avuto modo di
conoscere molti di questi giovani, ho riscontrato che (quasi
sempre) sono educati, gentili, sensibili, frequentano la scuola e
praticano sport. Accettano il dialogo e sono disponibili a
interagire con gli adulti. Quando si muovono in branco possono,
però, diventare pericolosi perché regrediscono e assumono
comportamenti aggressivi/violenti spesso stimolati dall’assunzione
di droghe/alcool.Allora perché si comportano in questo
modo?Più fattori (di
rischio e protettivi), e soprattutto la loro interazione non
facilmente prevedibile, concorrono alla formazione dei
comportamenti devianti/criminali. Accanto alla famiglia, dobbiamo
considerare le risorse individuali e relazionali del ragazzo e
l’ambiente che frequenta. Infine giocano un ruolo molto rilevante
le subculture giovanili che normalizzano i comportamenti devianti e
la cultura neoliberista che sponsorizza l’acquisizione di modelli
violenti: programmi televisivi, serie TV, videogame PEGI 18,
Youtuber che imprecano, insultano e bestemmiano, video sui social
network che riportano continuamente episodi di violenza e risse. In
conclusione i giovani non assorbono solamente l’eventuale modello
familiare disfunzionale ma soprattutto l’impronta culturale e
subculturale violenta che caratterizza la nostra società a ogni
livello.Sono
organizzati in baby gang?No.Non si
sono ancora costituite baby gang ma gruppi di ragazzi che possono
manifestare comportamenti regrediti, talvolta anche criminali, in
una città che non offre spazi e opportunità per i
giovani.E’ ancora
possibile aiutarli?SI.Interagendo con loro, ho anche scoperto che se
sono coinvolti in un’attività comune, manifestano comportamenti
adeguati. Insomma senza un’attività aggregativa, si destrutturano e
regrediscono talvolta anche per noia. Tutto ciò permette di
comprendere che è ancora possibile intervenire.Che cosa bisogna
fare?Bisogna
smetterla di continuare a dire che è colpa dei genitori. Bisogna
smetterla di ripetere che con la violenza si può contrastare la
violenza. Non si risolve insomma il problema picchiando questi
ragazzi o incoraggiando i genitori a picchiare i
figli.Bisogna invece capire
che si tratta di un problema prevalentemente culturale/sociale che
è stato trascurato in questi ultimi 10 anni dalla politica. E’
quindi necessario avviare un sistema complesso di azioni
progettuali, descritte nella Carta di Piazza Yenne, che prevedono
in sintesi: pubblicità progresso in tema di alcool, droghe e risse
(anche) attraverso il coinvolgimento degli influencer sardi;
educatori di strada; spazi dedicati ai giovani da riempire con
attività interessanti e stimolanti, dalla musica allo
skateboarding. Ma non soloCi sono soldi per avviare la carta di
piazza Yenne?No.Numerose volte ho infatti proposto di istituire
la “child tax” di un euro per famiglia, residente nella città
metropolitana di Cagliari, oppure di aiutarmi ad avviare una
raccolta fondi utilizzando un conto corrente del Comune di Cagliari
o della città metropolitana.Che cosa si puo’ allora
fare?Firmare la
petizione rivolta ai Sindaci dei principali comuni della città
metropolitana (che nei prossimi giorni terminerò di scrivere) per
chiedere l’applicazione della Carta di Piazza Yenne e di altre
misure educative che tutti i genitori possono proporre, commentando
il post o scrivendo un’email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.”.
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