T4 Off Canvas
Sarda News Notizie in Sardegna
  • Notizie in Sardegna - Sarda News
  • Notizie
  • Bloggers
  • Offerte di lavoro in Sardegna
  • Radio

Draghi è nervoso…e preoccupati lo siamo anche noi

Dettagli
By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

Andrea Pubusa

image

Lo hanno rilevato tutti i media ed ha colpito anche me. Draghi, nella prima conferenza stampa dopo la rielezione di Mattarella, ha dato segni di evidente nervosismo e ha anche parlato del suo futuro, disgiungendolo dal percorso politico-istituzionale. “Un lavoro me lo so cercare da solo“.  Come dire: “non ho bisogno di voi, posso stare anche senza voi”.
Cos’è successo, dunque? Suppongo che Draghi abbia capito che tutti gli osanna, sproporzionati, siano stati strumentali alla formazione di questa eterogenea compagine di governo e che, in fondo, i vari protagonisti, la pensano diversamente l’uno dall’altro, pensano,  gira gira, a se stessi.
Se così non fosse, se veramente avessero creduto che Mario è SuperMario, avrebbero ben volentieri assecondato il suo comprensibile desiderio di salire al Colle. Invece, lo hanno stoppato piuttosto rudemente. E se volete anche immotivatamente. Chi meglio di lui, dalla Presidenza della Repubblica avrebbe potuto governare il traffico istituzionale in chiave moderata, per i prossimi sette anni? Se è il Migliore, nessuno avrebbe potuto in modo più ponderato ed equilibrato scegliere il futuro capo del governo e favorire una salda coalizione. Se non è stato eletto al Colle vuol dire che i suoi alleati di governo non la pensano così. Non ritengono che sia il migliore e anzi temono che rafforzando questa convinzione gli diano il potere di decidere di testa sua, prescindendo da loro. Stoppandolo, hanno voluto bruscacmente dirgli: “non sei tu che ci usi, ma siamo noi che usiamo te“. I peones hanno esaltato al massimo questo convincimento, pensando all’eventualità che l’elezione di Draghi al Colle avrebbe potuto, con le dimissioni del governo, anche avvitare la crisi su se stessa e portare allo scioglimento delle Camere e a nuove elezioni, ossia tutti a casa, e per molti senza ritorno.
Questa vicenda apre uno scenario ancor più cupo sulla crisi italiana. Draghi l’ha nascosta, ma non risolta ed è lungi dal farlo. Con Mattarella imbalsamato al Quirinale si tirerà avanti ancora un po’, ma poi ci sarà comunque la scadenza della legislatura e le temute elezioni, forzatamente evitate con la chiamata di Draghi, dovranno necessariamente tenersi. E il pericolo è che il quadro diventi ancor più complicato. Insomma, il re è nudo, gli espedienti da Monti, a Renzi, a Draghi, sono delle pezze che non hanno risolto o attenuato i problemi. Li hanno aggravati. E gli aumenti dei prezzi, la mancata soluzione della pandemia, l’attacco al lavoro, la crescita delle disuguagianze, i pericoli di guerra accettati con rassegnazione, senza ferma reazione e tante altre cose, non possono essere più nascoste. Gli applausi, i festival, i media e il mondo dello spettacolo, nonostante gli sforzi, non riescono a nascondere un quadro sempre più preoccupante. Draghi inizia a scendere in picchiata nel gradimento. Il collante fittizio si scioglie. Il nervosismo sale anche nelle sfere politico-istituzionali. Che significato ha se n0n questo, la bastonatura dei giovani che manifestavano in modo sacrosanto per la morte del giovane studente che faceva scuola/lavoro? Un difetto di comunicazione ha detto la ministra dell’Interno. Ma è qualcosa di piu, di diverso e più grave. Chissà cosa succederà. Stare a casa mi pare pericoloso, per la democrazia. Non è che sia il caso di riprendere la mobilitazione?

Fonte: Democrazia Oggi

Revisione della Costituzione, articoli 9 e 41. Far vivere la riforma nell’attuazione del Pnrr

Dettagli
By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

← Carbonia. Alle ore 12 del 16 luglio “la CGIL aveva proclamato la cessazione dello sciopero, imponendo questa sua decisione a una base piuttosto riottosa”. Il racconto del sindaco Mistroni, il parere del prefetto[1]

14 Febbraio 2022
Nessun commento[2]


Ambiente. Cosa cambia e cosa deve cambiare con la riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione, volta a introdurre formalmente nel testo la tutela ambientale

image

 

Massimo Villone - Il Manifesto

Dopo le polemiche sulla inclusione del nucleare e del gas nella tassonomia Ue delle fonti green, si apre un fronte caldissimo sulla transizione ad una mobilità fondata sull’elettrico. Una questione di grande rilievo.
In termini di Pil, di posti di lavoro, di sostegni pubblici e politiche industriali necessarie. Il paese sconta il ritardo sull’auto elettrica dovuto all’errore dell’allora ancora Fiat e di Marchionne di non investire, ed al fatto che l’automotive italiano è inserito in “catene di valore” che hanno la cabina di comando in altri paesi, a partire dalla Germania.
È una singolare coincidenza che negli stessi giorni sia pervenuta alla approvazione definitiva la riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione, volta a introdurre formalmente nel testo la tutela ambientale. C’è stato, come era prevedibile, un applauso generale in cui ciascuna parte politica ha cercato di piantare la propria bandierina. Ma cosa cambia? Dal punto di vista tecnico-giuridico la risposta è poco, per qualche verso nulla. La Costituzione non è più green oggi di quanto fosse ieri.
È ben vero che la parola ambiente non compariva nel testo originario del 1948, né poteva essere diversamente. Ma una giurisprudenza pluridecennale della Corte costituzionale ha da tempo costruito un saldo presidio per l’ambiente e l’ecosistema, anche nelle sue declinazioni più moderne, come ad esempio la biodiversità (ampi richiami nel Dossier sull’AC 3156 del 23 giugno 2021).
Ma qui cogliamo il punto. Il bene ambiente, prima e dopo la riforma, rimane anzitutto affidato, quanto alle concrete risposte, al decisore politico. Le modifiche introdotte negli articoli 9 e 41 non cancellano il dato di fondo: l’esito ultimo verrà da un “ragionevole” bilanciamento tra interessi diversi e molteplici. E allora un motivo di preoccupazione emerge.
Abbiamo affrontato la crisi pandemica con il mantra che ne saremmo usciti in un mondo diverso, e che nulla sarebbe stato più come prima. La transizione ecologica è uno dei punti focali dell’iniziativa europea tradotta in Italia nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ma la transizione si presenta più difficile di quel che si pensava. Mentre il Pnrr mostra il punto debole di essere in ampia misura l’assemblaggio di progetti tratti dai cassetti e vecchi ancor prima di iniziare.
Non si avverte il cambio di passo che il cambiamento imporrebbe.
Ad esempio, sull’eolico offshore, sulle autostrade del mare, sulla mobilità elettrica, sui treni all’idrogeno siamo essenzialmente ai blocchi di partenza. A riforma approvata, cosa facciamo di più e meglio per favorire l’abbandono dei carburanti fossili? E per contrastare i disegni francesi e tedeschi sul nucleare e sul gas? È possibile che la riforma rimanga ininfluente nella fase cruciale dell’attuazione del Pnrr. Se così fosse, si dimostrerebbe non banale il dubbio sull’opportunità di metter mano alla modifica di una norma inclusa tra i principi fondamentali dei primi dodici articoli della Costituzione.
Sarebbe comunque ingeneroso definire la riforma come inutile, o perfino dannosa. Potrebbe, ad esempio, arginare il cambio di giurisprudenza di una Corte costituzionale che volesse orientarsi verso una minore sensibilità ambientale. Una prospettiva forse non probabile, ma tecnicamente possibile.
Potrebbe stimolare i soggetti politici che operano nelle istituzioni verso una maggiore consapevolezza. Potrebbe rinsaldare la fiducia in sé e la voglia di battersi della società civile che già prima era in campo per l’ambiente. La funzione maieutica della Costituzione non deve essere sottovalutata.
Qui possiamo trovare il senso vero della riforma costituzionale, che non cambia sostanzialmente i termini giuridici della tutela, ma consolida lo scenario in cui si colloca la battaglia politica a favore dei temi ambientali. Tra l’altro, chi ha manifestato oggi entusiasmo per la riforma potrà domani essere tacciato di ipocrisia e subire una sanzione politica nel caso di inerte tolleranza.
Nell’immediato, bisogna far vivere la riforma nell’attuazione del Pnrr.  Un deciso cambio di rotta sarà prova che la riforma ha utilmente messo la Costituzione al passo con i tempi.

References

  1. ^Carbonia. Alle ore 12 del 16 luglio “la CGIL aveva proclamato la cessazione dello sciopero, imponendo questa sua decisione a una base piuttosto riottosa”. Il racconto del sindaco Mistroni, il parere del prefetto (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

O si fa una buona legge elettorale o la competizione democratica è a rischio

Dettagli
By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

La legge elettorale è indispensabile prima delle prossime elezioni politiche. Abbiamo rischiato due volte di precipitare verso elezioni anticipate senza la cintura di sicurezza di una nuova legge elettorale, coerente con i principi costituzionali. Ora sbagliare ulteriormente sarebbe diabolico.

image

L’incostituzionalità della legge in vigore

È indispensabile anzitutto per le ragioni contenute nei ricorsi già presentati ai tribunali per incostituzionalità. Due principali.
Il voto unico “coatto” per l’uninominale e per le circoscrizioni proporzionali, a pena di nullità. È come invitare a pranzo qualcuno che si presenta con tutta la sconosciuta famiglia senza avvisare. Praticamente nessun elettore sa a chi si trasferisce automaticamente il suo voto per il collegio uninominale.

La negazione della parità del valore del voto degli elettori. Qualcuno è più uguale degli altri. Infatti c’è chi vota per 6 senatori come in Trentino Alto Adige, mentre in Basilicata con più o meno gli stessi abitanti si deve accontentare della metà. Un furto con destrezza che avviene solo perché nella legge elettorale in vigore le Province autonome sono parificate alla Regioni, ma nella Costituzione le circoscrizioni sono solo su base regionale, ecco spiegato il trucco. Questi due aspetti meritano un giudizio della Corte Costituzionale prima del voto, dopo sarebbe tardi.

I motivi di incostituzionalità non sono l’unica ragione per approvare una nuova legge elettorale rapidamente. La legge in vigore combinata con il taglio dei parlamentari (approvato purtroppo per subalternità al Movimento 5 Stelle che l’ha preteso, e oggi ne paga le conseguenze) e con la modifica costituzionale del voto a 18 anni per il Senato porterà all’instabilità politica.

La maggioranza per governare con questa legge è un terno al lotto

Il voto a 18 anni, giusto in sé, tende a parificare ancora di più i sistemi elettorali, peccato che la legge abbia perso per strada l’abbassamento dell’età per essere eletti. Gli effetti di questi provvedimenti, combinati tra loro, provocherà ancora più instabilità politica perché le maggioranze nelle due camere saranno diverse. Mentre per la Camera si può approvare una nuova legge elettorale, coerente con i principi costituzionali, che potrebbe essere proporzionale, con la ripartizione nazionale dei resti, per il Senato questo non è possibile perché la Costituzione prevede base regionale. Forse si può forzare qualcosa ma il proporzionale al Senato diventa molto difficile e nelle regioni piccole la soglia per essere eletti potrebbe arrivare al 30 %. Ci sono partiti che forse entreranno alla Camera ma al Senato no e quindi la maggioranza per governare, con questa legge, è un terno al lotto. I “conservatori” che vogliono tenersi la legge che c’è in realtà lavorano per l’instabilità politica.

Senza dimenticare quanto la rielezione (per fortuna) del presidente Mattarella non solo ha evitato di precipitare l’Italia in una crisi istituzionale e forse democratica, ma ha messo in luce con evidenza cristallina che le vecchie coalizioni centro destra e centro sinistra non sono più applicabili alla realtà attuale. La coalizione di centro destra è deflagrata per l’incapacità di Salvini e perchè Berlusconi ha perso interesse da quando ha capito che non serve più ai suoi obiettivi. Inoltre Meloni vuole il massimo lucro dall’opposizione ma insieme conservare la leadership che i sondaggi le consegnano sullo schieramento e gli alleati capiscono che non può funzionare, almeno per loro.

Lo schieramento opposto fatica a poter essere definito centro sinistra, formula del passato che oggi non dice granché. Il Movimento 5 Stelle è entrato in una crisi profonda e strutturale, nessuno è in grado di dire come finirà.

Il Parlamento non rappresenta più il paese

Quanti si affannano a usare vecchi schemi del passato non riescono a vedere una verità elementare. Il parlamento, che è il pilastro della nostra democrazia, rappresenta (o dovrebbe rappresentare) il paese, le sue articolazioni politiche, sociali e territoriali e oggi non è in grado di farlo. Perché ?

Certo, i partiti sono diventati in pratica dei comitati elettorali, non hanno capacità di rappresentare il paese, nel bene e nel male. Il costume interno dei partiti è cambiato in profondità, i passaggi democratici sono affidati al buon cuore dei capi. L’articolo 49 della Costituzione non è mai stato attuato. In passato forse era giustificabile, ora no. Basta pensare al Movimento 5 Stelle, quanta fatica ha fatto per darsi un grado di normalità politica. Gli accordi di governo definiti contratti, le regole democratiche affidate a terzi attraverso una piattaforma informatica. L’informatica può aiutare ma non diventare un nuovo Moloch. Ora il M5S è finito in tribunale, se esistesse una legge che regola la vita interna dei partiti, le modalità di partecipazione e di decisione per accedere a fondi pubblici destinati solo a favorire la loro vita politica attiva, che a torto è stata compromessa, al punto che si è costituito un personale politico per censo o esposto alla corruzione.

Rifondare e rilanciare i partiti

Rilanciare il ruolo dei partiti richiede un impegno straordinario di rifondazione, ma è indispensabile se si vuole tornare a progettare e a provare di realizzare il futuro dell’Italia, in Europa ovviamente.

Regolare la vita democratica dei partiti e insieme sostenerli nella loro attività politica in modo trasparente sono due punti essenziali, ma è decisivo che i parlamentari che verranno eletti siano rimessi in rapporto diretto con elettrici ed elettori che debbono poterli scegliere direttamente, o con preferenza o in collegi uninominali vincolati al sistema proporzionale come era al Senato o nelle Province, prima dell’ubriacatura maggioritaria. L’unica lista breve accettabile è la singola candidatura, con nome e cognome.

La legge elettorale non è un eccetera ma una condizione senza la quale anche gli altri aspetti non funzionerebbero. Nel bene e nel male, il parlamentare deve rappresentare gli elettori non il capopartito. La formazione di Italia Viva rappresenta bene il problema. Non siamo più a passaggi di singoli parlamentari ad altro schieramento ma alla costituzione ex novo di interi partiti che si muovono su indicazione del capo che li ha fatti eleggere e da cui dipendono.

L’idiozia del taglio dei parlamentari

Questo ha abbassato la qualità e l’autonomia dei parlamentari, con lodevoli eccezioni, al punto che il parlamento ha accettato di votare a maggioranza (di centro destra) che Ruby era la nipote di Mubarak e questo ha portato la credibilità sotto le scarpe. Ho sentito l’ex ministro Martino, che si dichiara liberale, arrampicarsi sugli specchi, spiegando che doveva obbedire all’ordine, dimenticando che il parlamentare agisce senza vincolo di mandato e deve confrontarsi con la sua coscienza. Peggio ancora il parlamento ha approvato il suo taglio. Oggi molti si rendono conto dell’idiozia compiuta, non fosse altro che per convenienza personale. Come può al parlamentare essere riconosciuta dignità se ha accettato di essere considerato con il taglio al livello di un ente inutile ? Quando Mattarella ha parlato più volte di dignità mi sono venuti in mente quei parlamentari che hanno accettato di precipitare la dignità del parlamento come organo collettivo sotto le scarpe, dimentichi che dovrebbero comportarsi con dignità ed onore. I parlamentari sono stati i peggiori nemici di sé stessi. Hanno subito le soperchierie dei governi che si sono succeduti fino ad arrivare a quello Draghi che ha compiuto il percorso di primazia del governo sulle scelte che dovrebbero essere proprie del parlamento, che viene stremato da i voti di fiducia, dai decreti legge, dai maximendamenti, dall’impossibilità di leggere i provvedimenti da votare. Questa deriva va fermata.

Gli omaggi al parlamento suonano come prese in giro e purtroppo i destinatari sembrano non accorgersene. Se si vuole ridare centralità al parlamento occorre che non solo ci sia proporzionalità nella rappresentanza, che ciascuno si presenti con le sue posizioni, così almeno sapremo quali sono. Gli elettori debbono decidere direttamente su chi eleggono e a sua volta il candidato deve capire che con loro deve stabilire un rapporto di fiducia altrimenti non verrà rieletto. Una cura radicale ma indispensabile.

Le soglie di cui si parla sono una lotteria. Facciamo un calcolo, oggi la soglia è al 3%, con il taglio per essere eletti occorre un 36,5% in più, quindi siamo tra il 4 e il 5%, per di più nelle regioni piccole la proporzionalità è difficile alla Camera, impossibile o quasi al Senato.

La Germania ci ha insegnato che la pretesa di conoscere la sera del voto chi ha vinto è una sciocchezza. Dopo il voto un grande paese come la Germania aspetta con tranquillità che venga raggiunto un accordo politico di maggioranza, fondato su un solido e dettagliato programma per la legislatura.

Sarà difficile che il Parlamento funzioni

Dopo il taglio non sarà facile fare funzionare il parlamento. Sarebbe molto peggio lasciarsi spingere, di nuovo per opportunismo, verso il presidenzialismo, intero o alla francese, cioè andare al voto diretto del Presidente. È una scelta da combattere senza risparmio, ma chi la propone deve avere il coraggio di dire cosa comporta. Eleggere direttamente il successore di Mattarella vorrebbe dire cambiare buona parte della Costituzione perché non si eleggerebbe più il rappresentante dell’unità della nazione e un garante ma il capo di una fazione vincente e quindi i contrappesi istituzionali dovrebbero essere del tutto diversi. A meno che non si pensi ad una democratura, in cui della democrazia resterebbe solo il voto, forse.

Perché proprio l’astensionismo è il drammatico problema della nostra democrazia. Sono contento che Cecilia D’Elia sia stata eletta con il 59% dei voti ma non posso dimenticare che ha votato l’11 % degli elettori. Questo è un problema democratico di prima grandezza. C’è chi ha pensato in passato che tanto gli operai non potevano che votare a sinistra e ora sappiamo come è andata. Ora c’è chi pensa che l’astensione è un male inevitabile. No, l’astensionismo è solo la conferma di una democrazia malata ed escludente, che la politica non presenta scelte per risolvere le condizioni reali delle persone, che non si sentono rappresentate e si allontanano. La democrazia senza partecipazione potrebbe precipitare in una crisi seria. Continuare ad ignorare la frattura tra politica e società è un rischio grave, reagire vuol dire capire che una nuova legge elettorale è indispensabile, qui ed ora, e deve servire ad affrontare disagi, disuguaglianze, povertà, diritti negati. Non sono i compiti che mancano, manca la volontà di affrontarli, di fare scelte nette e chiare, politiche appunto.

Fonte: Democrazia Oggi

Carbonia. Alle ore 12 del 16 luglio “la CGIL aveva proclamato la cessazione dello sciopero, imponendo questa sua decisione a una base piuttosto riottosa”. Il racconto del sindaco Mistroni, il parere del prefetto

Dettagli
By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

Gianna Lai

image

Oggi post domenicale sulla storia di Carbonia dal 1° settembre 2019[1].

Ma il fatto più rilevante dello sciopero fu, a Carbonia, il disarmo non violento e generalizzato, della forza pubblica da parte dei manifestanti, come racconta Renato Mistroni, molti di loro persuasi che l’attentato a Togliatti fosse una provocazione per ricacciare il movimento nella illegalità: unica difesa, dunque, l’insurrezione popolare. Ed era una convinzione che iniziava ad emergere tra i militanti della sinistra, durante le assemblee e i comizi, forse a seguito delle notizie sui movimenti popolari sempre crescenti nel resto d’Italia, gli operai a presidiare la miniera e gli uffici della Carbosarda e il municipio, sui quali sventolavano le bandiere rosse. Il 15 e il 16 ancora scioperi in miniera e manifestazioni in città, e comizi improvvisati nelle piazze dei vari quartieri e cortei affollati in formazione e ricomposizione permanente. Per due giorni poliziotti e carabinieri, chiusi nelle caserme, a invocare rinforzi e incapaci di intervenire contro la massiccia pressione della folla. Il 16 luglio, proprio mentre la città si apprestava ad impedire l’arrivo di nuovi contingenti di militari, giunge da Roma la decisione della CGIL di porre fine alla protesta, si ché fu immediatamente necessario consegnare alla forza pubblica le armi, e convincere gli operai a rientrare in miniera. Alle ore 12 del 16 luglio “la CGIL aveva proclamato la cessazione dello sciopero, imponendo questa sua decisione a una base piuttosto riottosa”, ricorda Giovanni De Luna in “La Repubblica inquieta”, e a Carbonia Renato Mistroni, “Quando arrivò l’ordine di smettere, le armi furono con immediatezza restituite a polizia e carabinieri, noi ne imponemmo direttamente la consegna a chi le teneva nascoste”, la piazza Roma immediatamente occupata dalle forze dell’ordine,6 concentrate in città da tutto il territorio. Centinaia di carabinieri e poliziotti armati a presidiare strade e cantieri con le autoblindo, rafforzati il nucleo di carabinieri della caserma di Sirai, di via Fertilia e di via Gramsci e dei poliziotti del commissariato, i centri abitati intorno più tranquilli, non avendo conosciuto la mobilitazione di Carbonia e del Sulcis. Così partiti e sindacati organizzano le assemblee, dichiarando la fine dello sciopero: nei dopolavoro cittadini, estenuanti e lunghe discussioni, alla presenza di Renzo Laconi, per convincere gli operai e, insieme, mantenerne la fiducia, lo ricorda anche la prof. Di Felice, “Laconi seguiva con viva preoccupazione l’evolversi della situazione” sapendo, i dirigenti, come rivolgersi agli operai. Dice infatti Giovanni De Luna, “quel momento …. fu quello in cui il ruolo pedagogico del PCI, nei confronti della violenza politica, risaltò con particolare evidenza”. E Renzo Martinelli “I quadri dirigenti del partito nuovo dimostrano ampiamente….di saper arginare le reazioni più pericolose, reggendo efficacemente, nel complesso, una situazione assai difficile. La maturità politica dei segretari regionali e di federazione è, in questo senso, uno dei risultati più importanti cui perviene il partito nuovo nel suo processo di costruzione” .
In effetti, a Carbonia, non tutti ripresero subito a lavorare, ci volle una vera opera di persuasione, “la rabbia era enorme, così la maggior parte degli operai rientrò in miniera solo il 19 luglio”, conclude Mistroni e, non essendoci stati arresti durante i disordini, proprio adesso la polizia iniziava ad eseguire i primi 15 contro lavoratori e dirigenti delle leghe: 8 arresti e 89 denunce contro dirigenti di partito e sindacalisti. A Carbonia iniziano subito le “provocazioni poliziesche”, denuncia L’Unità, i mezzi blindati stazionano in città, mentre vengono arrestati 15 tra dirigenti sindacali e rappresentanti di Commissioni interne, 8 subito rilasciati, fin dal 22 luglio. E le trattative con il prefetto per il rilascio degli altri, non impediscono che, nel mentre, “vengano ancora interrogati e trattenuti in questura decine di lavoratori che, con minacce e intimidazioni, dovrebbero confermare piani insurrezionali” con, a capo, i dirigenti del movimento operaio. “E poi perquisizioni continue alla ricerca di armi, mentre non si denuncia Pomata che il 14 ha sparato contro la folla”, su L’Unità del 23 e del 25 luglio. In preparazione degli arresti di fine agosto, la polizia perquisisce molte abitazioni alla ricerca di armi e interroga decine di persone e, mentre Pomata, il missino che ha sparato, viene subito rilasciato, arrestati nei giorni seguenti anche i militanti comunisti intervenuti nel contrasto.
Altre astensioni dal lavoro si resero necessarie, quindi, per ottenere la liberazione degli operai, fino a quando il prefetto non ebbe assicurato che l’autorità giudiziaria si sarebbe astenuta dal prendere provvedimenti contro i partecipanti alla protesta e che sarebbero state rilasciate le persone non incriminate per “delitti comuni”, secondo quanto stabilito dal ministro degli interni Scelba, nei giorni immediatamente successivi l’attentato. Così annunciava L’Unità del 19 luglio, “48 ore di lotta di tutto il popolo italiano” e, sulle rappresaglie contro i minatori del bacino, “terminato domenica 18 alle 12 lo sciopero del bacino minerario, dopo un’imponente assemblea all’ENAL sull’attentato, uno sciopero più lungo di quello proclamato nel resto d’Italia, dopo aver preso atto delle dichiarazioni del governo, secondo le quali non saranno esercitate rappresaglie contro i lavoratori che hanno partecipato alle manifestazioni”.
E se gli operai di Carbonia, come quelli del resto d’Italia, continuano tuttavia a mantenere una grande diffidenza nei confronti del governo, sui documenti prefettizi di Cagliari, poco benevola in verità, la considerazione rispetto ai protagonisti del Sulcis e al loro comportamento durante lo sciopero. Leggiamo nella relazione del questore sul mese di luglio, in quella parte dedicata specificamnete a Carbonia, che c’erano state in miniera, “a causa della crisi alimentare, un susseguirsi di astensioni dal lavoro, culminate nello sciopero di protesta per l’attentato a Togliatti, … luttuosi gli incidenti seguiti”. Ne traeva spunto l’autorità di pubblica sicurezza per inquadrare, a modo suo, l’insieme degli eventi: “gli scioperi per la rivalutazione dei salari, organizzati dalla Camera del lavoro, hanno rivelato l’esistenza di un piano prestabilito di campagna denigratoria, … e motivo di odio tra le classi sociali e tra esponenti politici”. Non diverso il tenore nelle note del prefetto, Carbonia al centro della relazione del 31 luglio, “Alle 13 del 14 luglio la radio dette la notizia dell’attentato, mentre erano già in sciopero 500 salinieri della Conti Vecchi, i dipendenti del Comitato italiano petroli, i 500 dipendenti Italcementi e, altresì, i ferrovieri. Ad Iglesias in sciopero i 500 dipendenti della Piombo - zincifera, a Carbonia le solite agitazioni organizzate da quella Camera del lavoro, ora per il licenziamento di qualche capo servizio, ora per protestare contro il caro vita, gli organi di polizia del posto in stato di allarme. Bloccando la manifestazione dei salinieri il centro città [di Cagliari, n.d.a.], immediato l’intervento della forza pubblica. Il 15 sciopero generale, i convogli ferroviari delle ferrovie complementari partono guidati da personale volontario, la polizia presidia edifici pubblici e privati, aziende e opifici, per garantire libertà di lavoro. Nel pomeriggio pervengono notizie da Carbonia di incidenti piuttosto gravi, devastazione di sedi, comizi non autorizzati. Ho chiesto rinforzi all’Alto Commissario per la necessità di reprimere i disordini in atto. Invio a Carbonia di un battaglione mobile carabinieri, rinforzati con 4 autoblindo. Il 16 lo sciopero terminava in tutta la provincia. ….. Ho avuto l’impressione che fra i dimostranti fosse viva l’attesa di un movimento insurrezionale, ma che i capi non fossero in possesso di un preciso piano d’azione. L’attentato, un pretesto per scendere in piazza…” E al paragrafo Opinione pubblica: “attenatato esecrato dalla stampa e dall’opinione pubblica, ma ugualmente esecrate son state le violenze che si sono verificate a Carbonia. La denuncia dei responsabili, quasi tutti esponenti sindacali, provoca apprensione e sbandamento nel luogo e nell’ambito degli organi che essi rappresentano. Avvenuto l’arresto dei responsabili degli incidenti, è cessata l’agitazione di fronte all’atteggiamento dell’autorità”.

References

  1. ^1° settembre 2019 (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Mattarella bis: un passaggio delicato

Dettagli
By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

← Giornata del ricordo. Un altro tragico esito dell’attacco fascista alla Jugoslavia[1]

11 Febbraio 2022
Nessun commento[2]


Domenico Gallo

image

Con il giuramento del nuovo Presidente della Repubblica, che succede a sé stesso, si è concluso nel modo migliore un passaggio istituzionale molto delicato, gravido di conseguenze per la vita della Repubblica.
Da molti questo esito è stato avvertito come frutto della crisi politica del sistema che avrebbe portato all’impossibilità del Parlamento di assumere delle decisioni perché in preda ad una sorta di anarchia. E non sono mancate le bordate per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, presentata come un rimedio all’incapacità del Parlamento.
Per altro verso il ricorso al secondo mandato è stato letto come uno sfregio alla Costituzione, una forzatura che legittima una prassi pericolosa per la vita democratica.
In realtà la Costituzione non vieta un secondo mandato ma lo considera sfavorevolmente, cercando di evitare, con l’introduzione del semestre bianco previsto dall’art. 88, che il Presidente possa utilizzare il potere di scioglimento delle Camere per propiziare la sua rielezione.
Come ha osservato Massimo Villone, la mancanza di un divieto si deve leggere come un margine di elasticità del modello costituzionale, che è un connotato essenziale di tutta la forma di governo. Non si tratta di un difetto, ma di un pregio della Costituzione che garantisce la possibilità di funzionamento del sistema anche nelle situazioni di crisi, come quella attuale.
La rielezione di Mattarella è stata la medicina necessaria per tenere in equilibrio il sistema delle garanzie attraverso il meccanismo dei pesi e contrappesi.
La presenza di Mattarella al Quirinale fa si che nella nuova legislatura il Presidente della Repubblica sia distinto e autonomo dalle maggioranze di governo, quali che esse siano. Ciò consentirà al Capo dello Stato di esercitare quella vigilanza costituzionale che la Carta gli richiede, funzione essenziale in presenza di gravi patologie della democrazia.
Non possiamo ignorare che negli ultimi venti anni si sono alternate al potere forze politiche estranee se non addirittura avverse ai valori della Costituzione, a cominciare dall’antifascismo. Queste forze politiche sono portatrici di una visione istituzionale ostile alla divisione dei poteri ed in particolare a quello scoglio insuperabile di pluralismo istituzionale rappresentato dal sistema di indipendenza della magistratura.
Se negli anni passati non è stata instaurata la dittatura della maggioranza, ciò è avvenuto perché le istituzioni di garanzia, Presidente della Repubblica, Corte costituzionale e potere giudiziario indipendente hanno sostanzialmente resistito alla bufera.
Se le medicine servono ad abbassare la febbre nell’organismo, tuttavia hanno sempre delle controindicazioni: “il risvolto negativo – osserva Raniero La Valle – è semmai che il raddoppio di un lungo settennato possa portare con sé un’errata percezione di un rapporto di necessità tra il destino di una persona e il destino del Paese, con l’idea sullo sfondo dell’Uomo della Provvidenza o dell’uomo solo al comando”.
Tuttavia l’esperienza politica del primo settennato di Mattarella, pur con le sue luci ed ombre, ci porta ad escludere che il personaggio possa indossare le vesti dell’uomo della Provvidenza. Semmai dobbiamo augurarci che egli abbia più mordente nel contrastare gli eventuali abusi di potere di governo e maggioranza e che di fronte ad un nuovo decreto Salvini sappia dire un no rotondo invece di limitarsi a mandare una letterina.
Contrariamente alla narrazione comune, le modalità che hanno portato all’elezione del Presidente della Repubblica non mettono in evidenza una supposta crisi del Parlamento ma fanno emergere lo stato comatoso dei partiti politici.
Nel momento in cui si diventa parlamentari non per virtù politiche, etiche o culturali, ma esclusivamente per fedeltà al Capo politico, non c’è più una fede, o quantomeno una cultura politica comune che possa tenere uniti i gruppi parlamentari e consentire una sintesi con le altre culture presenti in Parlamento. La vera emergenza sotto il profilo istituzionale è la qualità della rappresentanza.
Nel suo discorso d’investitura Mattarella ha messo il dito nella piaga, osservando che: “La qualità stessa e il prestigio della rappresentanza dipendono, in misura non marginale, dalla capacità dei partiti di esprimere ciò che emerge nei diversi ambiti della vita economica e sociale, di favorire la partecipazione, di allenare al confronto. I partiti sono chiamati a rispondere alle domande di apertura che provengono dai cittadini e dalle forze sociali. Senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso.”
Quello che Mattarella ha descritto in fondo è il ruolo che la Costituzione assegna ai partiti politici. Per recuperate questo ruolo e consentire di nuovo ai partiti di diventare un canale di collegamento fra la società e lo Stato, bisogna ridare ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti.
Di qui l’urgenza di una riforma elettorale proporzionale che restituisca lo scettro al popolo sovrano.

References

  1. ^Giornata del ricordo. Un altro tragico esito dell’attacco fascista alla Jugoslavia (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Altri articoli...

  1. Giornata del ricordo. Un altro tragico esito dell’attacco fascista alla Jugoslavia
  2. Giornata del ricordo. Un altro volto dell’attacco fascista alla Jugoslavia
  3. Tra Mattarella bis e festival di Sanremo una cuccagna, mentre il Paese affonda nella confusione e nell’immobilismo
  4. Mattarella bis. Vincono i peones, s’indebolisce il governo: il sistema semi-comatoso dei partiti sceglie la continuità nell’immobilismo

Pagina 16 di 98

  • 11
  • 12
  • 13
  • 14
  • 15
  • 16
  • 17
  • 18
  • 19
  • 20



La pace si allontana in Ucraina, reagire rilanciando l’iniziativa di pace
Alfiero Grandi   Le tragedie umane e materiali in Ucraina sono conseguenze della guerra innescata dall’invasione russa. Sulle tragedie, conseguenze della guerra, è in corso una campagna di propagand...
La resistenza, il pacifismo (e l’ipocrisia dei commentatori repubblichini)
Marco Pitzalis - Univ. - Cagliari Lo storico De Luna (UniBo) ci “spiega” sulle pagine del giornale atlantista radicale e interventista "La Repubblica" che la Resistenza non è stata pacifista. Il pro...
Due domande ai “pacifisti” sostenitori dell’invio di armi
Ormai tutti vediamo che siamo giunti molto vicini alla linea rossa che separa la guerra  Russia/Ucraina da conflitto fra Usa/Russia. Questa drammatica estensione ha degli automatismi. Se interviene ...
Appello dell’UNASAM per fermare la guerra in Ucraina, la corsa agli armamenti e alle basi militari...
Red C’è nella società una grande maggioranza contro la guerra, contro la politica del governo Draghi, della UE e della Nato. Non si condivide una risposta tutta incentrata sul profilo militare delle ...
ANPI. Pagliarullo rieletto presidente
← Nella guerra c’è in gioco l’indipendenza dell’Ucraina o quella della Russia?[1] 12 Aprile 2022 Nessun commento[2] Red Alcuni giornali, da sempre poco amichevoli con l’Anpi, la descrivono nella bu...
Nella guerra c’è in gioco l’indipendenza dell’Ucraina o quella della Russia?
← 14 aprile dibattito CGIL-ANPI-CDC per la pace, contro la guerra[1] 12 Aprile 2022 Nessun commento[2] Andrea Pubusa Se esaminiamo la guerra in Ucraina senza pregiudizi per capire come può finire e...
14 aprile dibattito CGIL-ANPI-CDC per la pace, contro la guerra
← La Costituzione e l’invio di armi[1] 11 Aprile 2022 Nessun commento[2] Tre grandi associazioni democratiche illustrano insieme le loro posizioni per la cessazione della guerra in Ucraina e per una...
La Costituzione e l’invio di armi
← Il giorno della vergogna[1] 11 Aprile 2022 Nessun commento[2] Andrea Pubusa C’è un’istintiva propensione ad aiutare anche con le armi chi è aggredito. Risponde ad un pensiero elementare socorrere...
Il giorno della vergogna
← Carbonia. Dopo il fermo di Velio Spano, il questore vieta i comizi in piazza. “Carbonia, da città caserma a roccaforte del proletariato isolano e della democrazia”: l’estate del ‘48 stretta fra lic...
Carbonia. Dopo il fermo di Velio Spano, il questore vieta i comizi in piazza. “Carbonia, da...
Gianna Lai  Oggi domenica un altro pezzo della storia di Carbonia dal 1° settembre 2019[1]. Riunione dei rappresentanti comunisti, socialisti, del Partito Sardo d’azione Socialista, dell’UDI, ...
Decimomannu migliaia in marcia per la pace in Ucraina
← UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni?[1] 9 Aprile 2022 Nessun commento[2] Red   ...
UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri...
← Amica Ucraina, sed magis amica veritas[1] UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni? 9 Apri...
Amica Ucraina, sed magis amica veritas
Mario Dogliani   Daniel Chester French, La Verità, gesso, h. 148.6 cm, 1900, particolare. Art Institute of Chicago.     Sta girando molto in rete questo contributo dall’amico Mario Do...
Ripudio della guerra e Costituzione. Dibattito con Umberto Allegretti
← MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 - Decimomannu[1] 7 Aprile 2022 Nessun commento[2] Ripudio della guerra e Costituzione Caffè politico, venerdì 8 aprile ore 18.00, via Piceno 5 , Ca...
MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 - Decimomannu
← Fermare la guerra per riprenderci il futuro[1] 7 Aprile 2022 Nessun commento[2] MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 ITINERARIO: STAZIONE DI DECIMOMANNU-PARCHEGGIO AEROPORTO MILITARE D...

Sarda News - Notizie in Sardegna

Il primo aggregatore feed rss in Sardegna . Tutte le notizie in un unico portale web.

Info line: info@sardanews.it  - facebook.com/sardanotizie - twitter.com/sardanews

Privacy Policy Cookie Policy

Sardanews.it  -  Sarda Web Network - Sardaweb.it  - Sardalavoro.it - RadioFusion.it - SinnaiNews.it

feed-image Voci Feed