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Carbonia. Nelle miniere, dopo la nascita della Repubblica, “l’inferno nero”

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Gianna Lai

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Continua la storia “domenicale” di Carbonia, iniziata il 1° settembre 2019.[1]

Le gabbie conducono i minatori a ‘meno 400′, robuste  sbarre di ferro composte di due piani, ciascuno dei quali può contenene una ventina di persone. “Sul pavimento una coppia di rotaie consente di utilizzarle anche per portare in superficie i vagoncini carichi di carbone e rispedire nel sottosuolo quelli vuoti. Le gabbie risultano sospese a robusti cavi d’acciaio imperniati in grandi ruote montate sulla sommità di torri, anch’esse d’acciaio, i castelli. Ad azionare il tutto potenti argani elettrici: funzionano con il sistema dei contrappesi, una gabbia sale e l’altra scende” , il controllo, nella Sala comando degli ascensori e dell’intero apparato per l’estrazione.
Le condizioni della miniera, come al tempo del fascismo, sempre faticosissimo il lavoro e pericoloso, attrezzate solo le nuove gallerie aperte a Nuraxi Figus e Seruci,  più moderne e più sicure. Gallerie ampie in cui è possibile introdurre le  nuove macchine,  “la monorotaia  ancorata alla volta della galleria ha sostituito le berline nel trasporto del carbone  e dei materiali. E non è la sola novità  nell’evoluzione del lavoro in miniera, dove l’estrazione del carbone viene affidata a possenti macchine che sbriciolano la vena”.
Resta, per i minatori, lo stesso sfruttamento del passato, “nelle gallerie si lavora senza interruzione, neppure una breve pausa per consumare il pranzo frugale preparato dalle mogli o dalle madri. I minatori devono mangiare frettolosamente, quelle le regole, guai a sgarrare”, la testimonianza di Antonio M. in ‘Senza sole né stelle’, di Sandro Mantega 1).
E gli stessi pericoli del passato, nei cantieri delle altre miniere, ” I minatori avevano perforato una grande bolla d’acqua chiusa nella montagna, …schizzata via a pressione, essa aveva allargato il foro e in pochi minuti allagato un paio di cento metri di galleria….e c’era il pericolo che  arrivassero altre venute d’acqua. Le pompe, se c’erano, non potevano fare nulla,  erano piccole e inutili e poi erano state allagate pure quelle.  A noi, esperti muratori, il direttore Taddei disse di costruire un muro, con una porta stagna, per impedire l’allagamento di tutta l’altra parte della miniera. Abbiamo lavorato per un paio di giorni, senza farmarci mai …… Davanti avevamo l’acqua che saliva, dietro i minatori che continuavano a lavorare con paura, ….la forza dell’acqua avrebbe ancora potuto sfondare il muro….L’acqua iniziò poi a calare da sola,  la miniera si asciugò e il nostro muro venne fatto saltare”: dalla testimonianza di Paolo Sarais, nel 1947-48 a Serbariu, che conclude dicendo come questi episodi fossere allora molto frequenti.
Così Gino Armosini, a Serbariu dal 1947: all’inizio del turno,  “ci si toglieva gli abiti del viaggio e ci si metteva gli abiti sporchi ed ancora bagnati di sudore del giorno prima”, e poi  in Lampisteria  “si versava una medaglia e si prendeva la propria lampada, una bestia con una batteria che pesava 5 chili..”  In galleria, senza neppure la protezione del casco e degli scarponi da lavoro,  “….: dove c’erano i tagli con il carbone, c’era anche il fuoco che bruciava lentamente e teneva alta la temperatura, a volte anche 40 gradi e più….. era quasi impossibile stare e, per abbassare il fuoco, si usavano delle lance lunghe sei metri, che contenevano l’acqua a forte pressione”, le quali,  per l’alta temperatura,  a volte  si fondevano in  punta, piegandosi. “Allora era un disastro, ci voleva tantissima acqua per calmare il carbone ardente; l’ossigeno alimentava  la fiamma che si poteva fermare….. costruendo, nei punti critici,  muri di mattoni….Nelle gallerie,  piene di questi muri, non si capiva più nulla e  a volte si dovevano fare un sacco di giri per raggiugere il cantiere di lavoro: tra il fuoco e questi muri, pareva proprio un inferno nero”. …. Nelle orecchie il frastuono del motore delle tavole e del motopicco, prosegue Gino Armosini, “poi arrivò la tecnologia, come la chiamavano i dirigenti, erano macchine che tagliavano  da sole il carbone,  mostri di ferro  che facevano un ruomre fortissimo, dopo un pochino le orecchie smettevano di funzionare, non si sentiva più nulla, nemmeno il compagno che, a un metro di distanza per farsi capire, si esprimeva a gesti, tutto questo per 7 ore al giorno.”   E il minatore Frau, “la miniera di carbone  era brutta a causa delle frane di coltivazione,…. si spaccavano i quadri come niente, noi lasciavamo dei puntelli nelle zone più brutte, ma quando era il momento della frana non si poteva fare più nulla”. A segnalarne l’arrivo, semmai, gli altri assidui ‘abitanti’ delle gallerie: “noi lavoravamo sempre in compagnia dei topi, c’erano in tutte le gallerie e non c’era modo di mandarli via, te li ritrovavi anche nel tascapane, a mangiarsi comodamente il tuo pranzo. Quelle bestie erano però di grande aiuto, sull’avanzamento la loro presenza ci dava quasi sicurezza: erano loro i primi a fuggire quando stava per arrivare la frana e se li vedevi scappare tutti insieme, allora dovevi seguirli, perché qualcosa di brutto stava per capitare.”  Queste le testimonianze che  si possono leggere in S. Mezzolani A. Simoncini, Storie di miniera, pubblicate da  L’Unione Sarda, nel 1994 2).
E si contano gli incidenti e i morti, a causa delle attrezzature di miniera obsolete, della scarsezza delle armature e dei mancati interventi sulla sicurezza, come nel luglio del 47, quando un gruppo di operai di Serbariu, costretti dai sorveglianti, entra in una zona da tutti ritenuta poco sicura a causa della scarsezza dell’armatura: 6 feriti gravi  per il franamento di una galleria, addirittura priva di armatura per 20 metri, secondo  L’Unità  del 12 luglio 1947.
Nella tabella pubblicata da G. Are e M. Costa, su ‘Carbosarda’, si contano, per il 1945, 8 operai morti nelle miniere dell’Iglesiente, il compensorio in cui è inserito anche il Sulcis, 18 per il 1946, 29 per il 1947 Così nel già citato grafico pubblicato da Ignazio Delogu su ‘Carbonia’, una risalita di “morti e feriti gravi”, con la riapertura delle miniere, che cala solo a partire dal 1949 3).
Inutilmente il sindacato avrebbe ancora preteso l’istituzione di  commissioni di inchiesta sugli incidenti in miniera, nessuna responsabilità mai riconobbe l’azienda, perché nessuno a garantire l’incolumità degli uomini, specie una volta entrato in crisi il Sulcis, a seguito della massiccia disponibilità sul mercato di carbone estero.
Ma si apre finalmente  in città il grande ospedale Sirai, pronto a intervenire per ogni genere di patologia che riguardi gli operai e il resto della popolazione, il Traumatologico di Iglesias, nei casi di incidenti più gravi in galleria.

References

  1. ^1° settembre 2019. (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Già dimenticati l’Ambasciatore Luca Attanasio e il Carabiniere Vittorio Iacovacci?

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← ANPI: 27/28 Giornate del tesseramento[1]

27 Febbraio 2021
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Rosamaria Maggio

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Ho seguito i funerali di Stato dei nostri due caduti in Congo su Rai1.
Mi sentivo colpita da questa tragedia ed allo stesso tempo addolorata dallo scarso spazio dato a questi tragici eventi dai nostri mezzi di comunicazione.
Oggi pochi giornali riportavano in prima pagina la notizia dei funerali di Stato; meglio parlare di gossip sui sottosegretari e desideri di riaperture dei ristoranti.
I nostri concittadini sono stati assassinati da appena 3 giorni e gia’ non fa piu’ notizia.
Mi chiedo se ci siano cittadini di serie A, B , C, ecc.
Ricordo l’attentato di Nassirya nel quale morirono 28 persone il 12.11.2003, di cui 19 italiani e 9 iracheni. Tra gli italiani 12 carabinieri, 5 militari dell’esercito e 2 civili. Se ne parlo’ tanto ma non ebbero medaglie al valore né militare nè civile tanto che le famiglie protestarono.
Si trovavano in Iraq per una missione di pace (militare).
Poi ci fu la morte di Fabrizio Quattrocchi, guardia privata in Iraq, rapito e ucciso nel 2004 da un gruppo mai identificato di miliziani sunniti. Si trovava in Iraq per lavoro.
Se ne parlo’ in tanti servizi televisivi e giornalistici e il Quattrocchi fu insignito della Medaglia d’0ro al valor civile.
Il 22 Febbraio u.s. l’Italia perde il suo Ambasciatore a Kinshasa ed un Carabiniere di scorta.
Il Congo è un paese immenso di oltre 100 milioni di abitanti (14° al mondo per popolazione), dove la mortalita’ infantile è elevatissisma, dove da 25 anni si combatte una guerra considerata la prima guerra mondiale dell’Africa, dove l’Italia ha, assieme a molti paesi del mondo, grandi interessi economici (vedi la presenza dell’ENI).
Il nostro Ambasciatore quindi curava gli interessi economici italiani nel paese.
Rappresentava l’Italia in quel paese.
Poi come ben ci ha spiegato la Segretaria Generale del Ministero degli Affari Esteri, Ambasciatore Elisabetta Belloni, Luca Attanasio faceva parte di quella nuova diplomazia italiana, giovane, preparata e senza doppio cognome (questo lo aggiungo io), che interpretava la sua missione in modo molto avanzato e portava avanti i programmi di Cooperazione internazionale del nostro Ministero, anche con missioni come questa, portata avanti assieme all’ONU.
Fra questi ci sono tanti giovani diplomatici sardi.
Quindi per la nostra diplomazia si tratta di una gravissima perdita.
Anche Vincenzo Iacovacci era un giovane che si era formato in un reparto speciale con sede in Friuli Venezia Giulia, nel quale vengono addestrati i nostri Carabinieri che nelle varie Ambasciate del mondo si occupano della sicurezza delle nostre rappresentanze.
Anche lui persona di grande professionalita’.
Al di la’ di cio’ che emergera’ dalle indagini, erano due servitori dello Stato, molto preparati, non 2 improvvisati ed anche particolarmente attenti e scrupolosi nel preparare le varie missioni e spostamenti in un paese cosi’ difficile.
Questa non era certo la prima missione nel paese.
Inoltre essa doveva svolgersi a 2500 KM da Kinshasa e pertanto erano stati presi in carico dall’ONU, titolari della Missione Monusco.
Spero che il paese comprenda la differenza tra una missione diplomatica, una missione di guerra ed una attivita’ privata così come ce ne sono tante svolte da molti connazionali.
Tutte le volte che un connazionale perde la vita in circostanze tragiche, ci sentiamo giustamente colpiti. Ma è necessario distinguere sempre tra aggressori e vittime.
In questo caso il nostro Ambasciatore Luca Attanasio ed il giovane Carabiniere di scorta Vincenzo Iacovizzi sono stati due vittime assieme al loro autista, Mustapha Milambo, che lavorava presso la missione Onu.
Sono delle vittime ed è bene non confondere i ruoli.
Ci attendiamo che non vengano dimenticati, che si faccia luce sulle circostanze dell’agguato che appaiono molto poco chiare.

References

  1. ^ANPI: 27/28 Giornate del tesseramento (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

la parentesi Draghi deve servire a rendere Renzi inoffensivo

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Alfiero Grandi (Domani 22.2.2021)

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Renzi voleva la crisi del governo Conte 2, ne ha provocato le dimissioni e dopo avere seminato macerie tenta di convincere che aveva previsto tutto, compreso l’incarico a Draghi di formare un nuovo governo. Renzi appartiene a quelli che scrivono la storia dalla fine, ma non dice che dobbiamo a lui se Berlusconi e Salvini sono entrati nell’area di governo dopo l’incarico a Draghi, quando il Presidente Mattarella ha constatato l’impossibilità di altre soluzioni e spiegato con chiarezza che le elezioni anticipate avrebbero messo in pericolo il paese, per la gravità della pandemia, per l’urgenza di decidere sull’uso dei fondi europei a sostegno della ripresa dell’Italia - senza la quale l’Europa stessa sarebbe a rischio - per garantire la tenuta delle istituzioni repubblicane, concetto a cui Draghi ha fatto chiaro riferimento.

La maggioranza di Draghi non ha un asse di centro sinistra. Ci sono rischi di involuzione, di slittamenti a destra, l’unica via per evitarli è che le sinistre prendano seriamente gli impegni programmatici di Draghi e si muovano.

La destra che Renzi ha rimesso in gioco è di fronte a serie difficoltà. Basta ricordare le parole nette di Draghi sull’Europa, sull’Euro (non reversibile), sulle alleanze internazionali.

E’ Salvini che deve fare i conti con sé stesso. Qual’è il vero Salvini ? Sfoga la rabbia con questo e con quello, deve pur nascondere il suo voltafaccia.

Anche la precedente maggioranza è travagliata. Il Movimento 5 Stelle ha accelerato la sua crisi, curiosamente tante, alcune comprensibili, preoccupazioni vengono manifestate oggi con Draghi ma non c’erano quando si formò il governo 5Stelle/Lega. Eppure la Lega è un impasto reazionario, razzista, sanfedista. E’ auspicabile che questa complicata fase serva a rendere inoffensivo il corsaro Renzi, che continua a lavorare per riconquistare o distruggere il Pd.

E’ urgente riposizionare il cervello sulle novità. Bene o male Draghi offre questa opportunità.

La pandemia ha chiarito che non si può continuare con Regioni che sembrano avere l’unico obiettivo di fare confusione, di rendere i cittadini italiani diversi per residenza malgrado la Costituzione garantisca diritti uguali a tutti ma non tutti ne godano. Occorre un caposaldo costituzionale chiaro che garantisca l’interesse nazionale con l’obbligo per il governo di farlo rispettare, sostituendosi alle regioni che non ci stanno. Con questo, insieme al blocco dell’autonomia differenziata, l’Italia potrebbe dedicarsi alla lotta al virus, a ricostruire il SSN a partire dal territorio, alla salute dei cittadini, senza perdere tempo con una ciurma confusionaria.

Occorre una legge costituzionale proporzionale che garantisca ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti in parlamento, superando liste bloccate e decisioni dall’alto. Servono altri interventi per ridare dignità alla politica come una legge sulla democrazia nei partiti e la ricostruzione di partiti degni di questo nome, ma la nuova legge elettorale è urgente dopo aver corso il rischio di votare con il rosatellum riscritto dalla Lega, con il consenso del M5Stelle, nel maggio 2019.

Centrale, anche nel PNRR, è la transizione ecologica dell’economia e della società. Si è scritto che Draghi ha usato toni forti. Comunque sia va preso in parola. Se è vero che rappresenta l’elite vuol dire che questa ha capito che occorre impedire che salti il pianeta e se fosse così ci sono spazi per intese. La mia sinistra dovrebbe cambiare almeno altrettanto, se vuole essere all’altezza. La lacerazione tra lavoro e ambiente è stata devastante per decenni, va ricomposta puntando su una scelta green radicale per puntare su un lavoro diffuso di qualità, protagonista del futuro. Puntando su ricerca diffusa, innovazione e ristrutturazioni (camicia di forza a Salvini che vuole moltiplicare gli inceneritori) e costruendo nuovi settori produttivi a partire da quelli indispensabili per la salute, imprimendo una svolta nella produzione energetica che nei tempi previsti dall’Europa deve abbandonare il fossile puntando su idrogeno, estensione delle fonti rinnovabili e blocco di quelle da fossili e dei loro sussidi.

Occorre passare dalla descrizione dei pericoli (tanti) a quella degli obiettivi, ad organizzarne la realizzazione.

Forse esiste uno spazio di intesa tra sinistre reduci da una sconfitta ed élite invisa alla destra becera.

Se Renzi è riuscito nell’agguato è anche per gli errori di Conte e del resto della maggioranza, che non hanno capito che il governo aveva bisogno del parlamento, mentre si è fatto di tutto per mortificarne il ruolo con il taglio del parlamentari e l’uso di strumenti coercitivi come decreti, voti di fiducia, maxiemendamenti, dpcm.

Ora Draghi si rivolge al parlamento, va sfidato sulla coerenza.

Fonte: Democrazia Oggi

Villone: la gravità della situazione e i compiti dei democratici

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← La parentesi Draghi deve servire a rendere Renzi inoffensivo[1]

26 Febbraio 2021
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Massimo Villone, Pres. del Coordinamento per la democrazia costituzionale

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 Pubblichiamo questo appello di Massimo Villone, sottolineando la gravità della situazione istituzionale e politica del nostro Paese. Si è formato un nuovo governo sotto la pressione di una massiccia campagna mediatica dei gruppi forti, volta a convincere la popolazione dei poteri salvifici di un esponente del sistema bancario-finanziario. Sostegno che è stato negato al Presidente Conte, che pure godeva di un ampio e spontaneo consenso popolare. Il risultato è un governo che ha reinserito B. nei posti di comando insieme a Salvini, creando una coalizione scarsamente riconducibile ad unità. La manovra, che ha messo Dragi a Palazzo Chigi, ha anche ottenuto il risultato di spaccare il M5S, che costituiva il principale riferimento per la costruzione di uno schieramento alternativo al centro-destra.
Si apre uno scenario ricco di oscurità e di rischi. Ecco perché l’appello del Presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale merita una diffusa adesione di quanti in questi anni hanno fatto le battaglie in difesa dalla Costituzione- (A.P.)

Dopo  l’ultimo  Referendum  il  Coordinamento  per  la  Democrazia  Costituzionale,  sulla  base  della  discussione  nell’Assemblea  nazionale  dei  Comitati  e  nel  proprio  Direttivo, ha deciso di rilanciare l’attività in difesa e per l’attuazione della Costituzione italiana. Le  vicende  che  il  nostro  Paese  sta  attraversando  e la  perdurante  crisi istituzionale, economica  e  sociale,  aggravata  dalla  pandemia,  stanno  evidenziando  l’esplosione della diseguaglianza, la frattura nei corpi sociali e tra territori.  Si evidenzia una classe dirigente la quale, avendo perduto il riferimento ai valori costituzionali,  brancola  nel  buio,  inseguendo  interessi specifici,  incapace  di  trovare risposte  in grado di rispondere alle esigenze di tutto il Paese. La   crisi della rappresentanza politica (causata dalle pessime Leggi elettorali di questi ultimi decenni) non consente,  nella discussione parlamentare e politica, di far pesare i diritti e gli interessi di ampi settori sociali, in particolare quelli più deboli. La  discussione  sulla  cosiddetta  Autonomia  differenziata evidenzia,  di  fronte  ad  una  domanda di inclusione e solidarietà come risposta alle difficoltà del Paese (e la crisi pandemica lo ha ancor più evidenziato), un disegno di rottura che fa emergere gli interessi dominanti,  una cultura del “si salvi chi può”, una indifferenza per l’ unità della Nazione e il suo benessere collettivo.
Questi sono solo due importanti argomenti nei quali si è perso il filo della nostra Costituzione, ma vi sono altri,  innumerevoli, aspetti (sanità, scuola, diritti sociali, ecc.) in cui l’applicazione dei principi costituzionali offrirebbero la strada per soluzioni efficaci ed eque. Il   Coordinamento per la Democrazia Costituzionale si propone come strumento per questa battaglia di difesa e applicazione dei valori costituzionali. Il Direttivo e l’Assemblea nazionale dei Comitati hanno deciso di chiamare tutti coloro che condividono il senso del nostro impegno a sostenere il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, attraverso una adesione individuale dei componenti i diversi Comitati territoriali e dei sostenitori. L’ adesione non vuole alludere alla formazione di alcun partito o movimento politico ma evidenzia  soltanto  il  bisogno  di  un  sostegno  politico  ed  organizzativo  al  Coordinamento  per  la  Democrazia  Costituzionale,  sostegno  di  cui  abbiamo  assoluto  bisogno per garantire risultati alla  nostra iniziativa.

References

  1. ^La parentesi Draghi deve servire a rendere Renzi inoffensivo (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Solidarietà a chi insulta la democrazia?

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← Draghi, Il detto e il non detto[1]

24 Febbraio 2021
Nessun commento[2]


Antonello Murgia

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Gli insulti sessisti e razzisti del prof. Giovanni Gozzini a Giorgia Meloni non sono solamente una caduta di stile, ma rappresentano in modo plateale l’abisso nel quale sta precipitando il confronto politico in Italia:  sempre più il ragionamento e la presentazione di differenti progetti politici, espressione di diversi valori e conseguenti visioni del mondo, vengono sostituiti dall’aggressione e dall’uso dello stigma. E la cosa è tanto più grave se a farne uso è uno storico e docente universitario che non solo dovrebbe avere gli strumenti culturali per evitarli personalmente, ma avrebbe il dovere di spiegare agli altri i motivi per i quali una società democratica sana non deve permetterli.
Superata l’indignazione suscitata a botta calda dall’esternazione del professore senese, mi permetto perciò di proporre una riflessione che spero venga percepita non come giudicante nei confronti di nessuno, ma come tentativo di riportare il confronto su binari più consoni all’art. 54 della Costituzione il cui dettato “I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore” mi piacerebbe fosse rispettato anche dai non addetti a funzioni pubbliche, nel semplice esercizio del diritto di cittadinanza. A scanso di equivoci, aggiungo subito la perplessità per i tanti messaggi di solidarietà dal campo progressista a Giorgia Meloni non tanto perché non si possa concedere la solidarietà ad un avversario politico, ma perché in questo caso la si sta concedendo rispetto a comportamenti che la stessa ha contribuito attivamente e ripetutamente ad alimentare. Non vorrei che il gesto della solidarietà scattasse come riflesso automatico in ragione di una autoreferente e decontestualizzata superiorità morale, che finisce per tuffarci in una melassa buonista nella quale non si capisce più chi sia la vittima e chi il carnefice. Non me la sento di esprimere solidarietà allo stupratore seriale mai pentito, quella volta che viene stuprato lui; mi limito a condannare l’episodio e a chiedere che giustizia sia fatta. Potrò esprimergli solidarietà se e quando avrà manifestato pentimento e orrore per ciò che ha fatto in passato. Non me la sento di dare solidarietà a Giorgia Meloni che indica come “criminale” il Presidente del Consiglio perché allo scoppio della pandemia ha detto che c’era una falla nel nostro sistema sanitario, che chiamava in causa la sua parte politica (come se la trasformazione della sanità lombarda da eccellenza in bottegone incapace di tutelare il diritto alla salute, non fosse tragicamente sotto gli occhi di tutti). Non me la sento di dare solidarietà a Giorgia Meloni che prima fa le manifestazioni di piazza contro il lockdown e plaude alla riapertura delle discoteche e poi indirizza il malcontento popolare sui migranti in arrivo che, contrariamente alle sue falsità razziste, sono fra i soggetti più controllati rispetto al Covid. Non me la sento di dare solidarietà a Giorgia Meloni che vota contro la risoluzione Ue sul razzismo, che si è opposta alla legge contro l’omotransfobia, che dirige un partito i cui dirigenti e militanti sempre più spesso fanno apologia del fascismo e del diritto del più forte di sottomettere il più debole, etc., etc.
Tutto questo non diminuisce la gravità delle parole di Gozzini, che sono espressione di una guardia che si sta abbassando sempre più pericolosamente: ad esempio, quanti progressisti, anche persone che stimo, si sono esercitati in questi giorni nella derisione di Renato Brunetta per le sue caratteristiche fisiche? Com’è che non ci rendiamo conto che l’uso dell’handicap (fisico o mentale, vero o presunto che sia) per criticare un avversario, per quanto spregevoli possano essere gli atti che hanno fatto scattare le critiche, è creazione di stigma del diverso e del più debole che ha preoccupanti assonanze con la cultura fascista? Davvero, non intendo mettere sotto processo nessuno, ma non vi sembra che questo sta accadendo perché il sistema di valori che fa da fondamento alla nostra Costituzione si sta sbriciolando? Non vi sembra che ci hanno accompagnato, sapientemente mi verrebbe da dire, ad una dimensione di tifoserie ultras nella quale anche l’insulto più becero è sdoganato ed il confronto di idee è precluso? Mi preoccupano e mi indignano le immagini di Sgarbi portato di peso fuori dal Parlamento dopo che aveva definito i magistrati mafiosi e aveva gridato un po’ di insulti verso alcune parlamentari che cercavano di ricondurlo all’ordine. Mi rendo conto che l’immunità parlamentare è un diritto inviolabile che ha la funzione di proteggere il rappresentante del popolo dagli abusi del potere e che va assolutamente conservata. Ma esistono altri strumenti che si potrebbero usare: ad esempio l’applicazione dei regolamenti parlamentari in modo più severo. Certo, 20 anni di Berlusconi con relativi guai giudiziari e parlamentari che votavano sulla “nipote di Mubarak” e andavano a manifestare sulle gradinate del Tribunale di Milano, hanno lasciato il segno; ma la tendenza non si invertirà se non si adotteranno condotte più consone al richiamato art. 54 della Costituzione. E dovrà essere la parte più sensibile e consapevole a fare il lavoro più grande sia in Parlamento che nella società, perché è difficile che lo facciano postfascisti o leghisti alla Papeete. E mi farebbe piacere se gli amici giuristi mi dessero indicazioni su possibili provvedimenti legislativi che possano arginare il clima da scontro sociale senza limitare libertà e garanzie costituzionali.
E per quanto riguarda Giorgia Meloni, prenda le distanze da quel fascismo col quale attualmente ha “un rapporto sereno”, espella dal partito gli apologeti del fascismo ed i violenti, smetta di difendere gli abusi di Casa Pound ed avrà diritto alla mia solidarietà.

References

  1. ^Draghi, Il detto e il non detto (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

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