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Give Sardinia a chance

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By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

Pietro Casula
Movimento per la Sardegna - Sardi nel mondo

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Prima di tutto una precisazione: non sono un grande fan dell’accoppiata sardismo-lega. Appartengo a una minoranza, lo so. La causa, il progetto centenario del Partito sardo d’azione, per me è buono, troppo buono per fare comunella con la Lega.
Eppure l’unione si è fatta e apparentemente non ci sarebbe niente  di male, hanno avuto i voti: non è forse la regola in democrazia? Il mio primo riflesso è stato: Solinas attivista, persona fattiva? Il mio secondo pensiero, subito dopo: sardo, conosce il territorio, la sua gente e i suoi problemi; probabilmente uomo competente, vale la pena provare.
Purtroppo, ahimè, le sue azioni, troppe azioni sono state al limite del surreale. L’enorme casino nella gestione dei danni conseguenti alle alluvioni o agli incendi, disastri immancabilmente alla ribalta da anni e mai efficientemente sotto controllo. O come quando nel febbraio 2019 che vede i pastori sardi protagonisti nazionali contro i prezzi assurdi del latte, di cui hanno scaricato per protesta migliaia di litri per strada. In quella precisa occasione, a un mese dalle elezioni regionali, Salvini per raggranellare simpatie verso il nostro governatore, si schierava con i pastori, facendosi alfiere, portavoce della causa.
Oppure il momento attuale, in questa fase di transizione energetica dove per la Sardegna si cristallizzano all’orizzonte distese infinite di pannelli fotovoltaici nelle aree agricole, una selva di pale eoliche, bettoline e carri bombolai, il tutto per generare energia per regalarla al resto d’Italia, senza alcun beneficio per la nostra Isola se non la devastazione ambientale e paesaggistica.
Il costo energetico - checché ne dicano i più  - non solo resterà carissimo, il più oneroso in assoluto, ma crescerà ulteriormente rispetto alle altre regioni italiane e in Europa.
Solinas è li, sembra quasi  per uno scherzo del destino, promette soldi, cambiamenti, soluzioni per tutti i comparti socio-economico-sanitario e poi, nella realtà, si dimostra chiaramente non in grado di dare vita a soluzioni di governo efficienti, all’altezza della situazione di emergenza che la nostra isola deve fronteggiare. Tipico per chi ha il potere e non sa cosa fare. Che tragedia.
Rivedo, incredulo a quanto vedo e sento, il video della manifestazione della Coldiretti a Cagliari la scorsa settimana, organizzata per protestare contro il governo nazionale per il caro energia e dove, incredibile ma vero, ha partecipato il governatore Solinas che, tra l’altro ha detto:“ La Regione e tutti i sardi sono vicini agli allevatori e agli agricoltori che oggi a Cagliari come in tutta Italia chiedono, civilmente e pacificamente, che lo Stato ascolti il loro appello. L’aumento delle materie prime e dell’energia ha fatto lievitare i costi di produzione delle aziende colpendo soprattutto alcuni settori dal lattiero-caseario al suinicolo, che oggi sono allo stremo. Il nostro sistema agro-pastorale  è una ricchezza  produttiva e identitaria, un patrimonio di tutta l’isola e va valutato a ogni costo“.
Fatico ancora a capire ancora oggi il senso del discorso, della sua presenza sul palco dei manifestanti essendo lui la causa della mobilitazione stessa, lui che nel 2019 sfrutta per la sua campagna elettorale il malessere del settore agricolo-pastorale e che oggi ha gli stessi problemi di allora, mai risolti, cui si aggiunge questo sfacelo causato dalla mala gestione delle risorse e dei progetti. Ma vabbè, forse mi pongo le domande sbagliate, questo è un mio deficit personale.
Che poi nel suo intervento tralasci elegantemente tutte le altre categorie, come i commercianti, i trasportatori, i professionisti, le famiglie a monoreddito etc., etc. tutti quelli, insomma,  che veramente stanno tirando la cinghia, è semplicemente dovuto. Un bel comizietto fatto ad arte quello del Governatore, seguendo il metodo prevalente nella politica nazionale, che insegna a dire esattamente ciò che la folla vuole sentire. Non sono richieste di idee proprie, certezza morale o intellettuale e tanto meno dibattiti seri e produttivi, piuttosto estraniarsi dalla verità, dalla realtà e ripetere con piglio deciso quello di cui tutti sono già convinti, facendosene portavoce. Praticamente prendere spudoratamente per i fondelli la gente o se preferite lisciare il pelo, state tranquilli noi siamo i migliori, la colpa è sempre degli altri.
È una tattica della notte dei tempi quella di trovare un nemico esterno nei momenti di crisi. Specialmente se le cose in patria vanno male e questo lo insegna la storia di imperatori, dittatori e leader di oggi a stampo populista.
In Sardegna le cose non vanno bene da tempo e le azioni, le tattiche del governatore Solinas non hanno certo compattato l’isola attorno alla sacra istituzione della Regione Sardegna. La nostra isola, ora come ora, è un mare immenso di potenziale mal sfruttato e, se continuiamo cosi, a lungo andare perderemo anche quello.
Bisogna cambiare passo, l’abbiamo detto e scritto più volte: è tempo di abbandonare gli interessi personali e avviare una buona politica nell’interesse della comunità. Una politica in grado di fronteggiare i problemi incombenti, dare vigore alla ripresa economica, tenere sotto controllo la pandemia sull’isola, spendere in modo efficace in modo efficace i fondi europei ( sono stati presentati progetti?) Una politica, cioè, in grado di mantenere un certo equilibrio tra soddisfare interessi di breve termine e il perseguire di interessi di medio-lungo termine.
Stiamo parlando di una politica che non agisce secondo la logica del „meglio un uovo oggi che una gallina domani“, ma bensi di una politica che rinuncia a consumare tutte le uova disponibili oggi - consumandone solo alcune - cosi da avere qualche gallina per il domani.
Progetti dettagliati per rendere la Sardegna del tutto indipendente dal punto di vista energetico e nell’assoluto rispetto dell’ambiente e contemporaneamente garantire lavoro, impiego, formazione e qualità di vita, sono stati presentati più volte in Regione. Progetti, proposte inspiegabilmente non calcolate, snobbate, insabbiate e dimenticate in qualche androne oscuro della RAS. Potrei dare date e numeri di protocollo.
Inoltre è ormai ufficiale che la tutela dell’ambiente e della biodiversità  fa parte della Costituzione italiana. La modifica della Costituzione riguarda i paragrafi 9 e 41: „ La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico e tutela l’ambiente, la biodiversità  e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni“. Figura poi che „ la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali“ e si specifica, inoltre, che „ l’iniziativa economica è libera ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente“.
Su carta si tratta, indubbiamente, di un fatto dai connotati epocali che, tuttavia, non è detto che trovi riscontro nei fatti. Stiamo parlando dell’inserimento delle tematiche ambientali tra i principi fondamentali della Repubblica. Un passo, questo, tanto necessario e in linea con le nuove consapevolezze ecologiche quanto facile che venga disatteso.
E se penso che l’Italia detiene il record  di procedure d’infrazione e di violazione di direttive europee in materia ambientale e leggi su clima, ho qualche difficoltà a credere che qualche riga in più nel testo possa guidare un significativo e immediato cambio di rotta.
La differenza tra una cattiva politica -  soddisfare solo gli interessi a breve termine - e una buona politica - equilibrare interessi a breve e medio-lungo termine - non dipende solo dalla bontà o cattiveria che dir si voglia dei politici di turno, ma soprattutto dell’esistenza o meno di strutture, meccanismi che facilitano oppure ostacolano la buona politica.
Il rischio che vedo è che prevalga la logica del silenzio, per non disturbare i poteri forti.
Un fattore di „disturbo creativo“ da parte nostra nell’aritmetica del mercanteggiamento politico e una una cura cellulare possono certamente far male. Come si può vedere in „casa Solinas“ c’è un certo sovraccarico a livello di nomine, posti, posizioni e funzioni. È un bene per noi che „l’affare del personale“ ci abbia spaventato. Non ci lamentiamo spesso e volentieri della mancanza di lavoratori qualificati  soprattutto quando i nostri politici appaiono nei talk show?
Loro pensano a infermieri, ingegneri, artigiani. Noi, invece, ci chiediamo: perché non iniziare dal banco di lavoro superiore? ( intendo i politici, rendo l’idea?)  E per questo dico: Give Sardinia a chance.
Vale la pena provare. Ajò

Fonte: Democrazia Oggi

Riflessioni possibilmente razionali e fuori dal coro, per fermare la guerra

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← Carbonia. Ministero degli Interni, Partito comunista e sindacati, “i veri protagonisti politici di quei momenti”. Il PCI minacciato dalla dichiarazione di illegalità[1]

27 Febbraio 2022
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Andrea Pubusa

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Si puo’ ragionare fuori dal coro? Fuori da fatwe intolleranti?

Primo pensiero. L’informazione in Italia e in Occidente non e’ attendibile. E’ una propaganda di guerra piu’ che una narrazione dei fatti, è una chiamata all’arruolamento più che una riflessione critica sugli avvenimenti, con un pluralismo di voci. Si punta a creare un pensiero unico, una Union Sacré come in tutte le crociate che si rispettino. Bisogna sforzarsi di avere una conoscenza critica.

Secondo pensiero. C’e’ una mobilitazione per le sanzioni, un’azione fantasiosa e incalzante. Non c’e’ neanche una flebile voce per indire una conferenza di pace. Cosa si vuole ottenere? Si vuole fermare la guerra? Si vogliono far cessare le indicibili sofferenze del popolo ucraino nel rispetto della indipendenza e sicurezza di Ucraina e Russia o si vuole impantanare quest’ultima in una guerra senza fine sulla pelle del popolo Ucraino e anche di quello russo? Si usa il popolo ucraino come esca e vittima per giochi di supremazia e di potenza o lo si vuole salvare e liberare?

Terzo pensiero. Partecipare indirettamente alla guerra inviando armi aiuta la pace o la allontana? Il popolo ucraino ha vantagi da questo incancrenimento della guerra nelle sue case o da una immediata, vigorosa e sincera iniziativa diplomatica di pace? 

Quarto pensiero. Puo’ l’Italia inviare armi in Ucraina? L’invio di armi è una partecipazione indiretta alla guerra dalla parte dei destinatari. Rientra questa azione nella previsione dell’art. 11 Cost., che ammette solo la guerra in difesa dell’Italia? A mio avviso lo vieta. Ammette invece  l’invio di ogni aiuto e solidarietà per le popolazioni (e bisogna farlo). Ammette anzi dà un preciso indirizzo in favore dell’impegno per la soluzione pacifica delle controversie internazionali. Sarebbe auspicabile che il governo italiano, anzichè accodarsi ai pruriti guerreschi e non disinteressati di tanti alleati, desse un segnale di autonomia e di dignità, proponendo una conferenza internazionale con l’obiettivo di dare sicurezza alla Russia, indipendenza e neutralità all’Ucraina. Neutralità intesa non come imbelle subalternità, ma come amicizia operosa coi popoli e gli stati vicini.

Quinto (e rissuntivo) pensiero. Chi vuol bene al popolo ucraino, a quello russo e alla pace, deve lavorare strenuamente alla cessazione della invasione, assicurando  alla Ucraina e alla Russia sicurezza e indipendenza. Chi vuol bene ai popoli lavora a radicare sentimenti di fratellanza fra i popoli stessi.

References

  1. ^Carbonia. Ministero degli Interni, Partito comunista e sindacati, “i veri protagonisti politici di quei momenti”. Il PCI minacciato dalla dichiarazione di illegalità (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Putin nel trappolone dell’occidente? Fra i due litiganti il terzo gode, la Cina?

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Andrea Pubusa

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I casi spesso trovano spiegazione nelle lunghe ombre della storia. Nella partita Occidente/Russia queste proiezioni antiche sono evidenti e dichiarate. Putin, nel suo monologo televisivo, lo ha detto espressamente. L’Ucraina non è storicamente, culturalmente e politicamente un’entità distinta dalla Russia. Può essere indipendente, ma non ostile, non  può far parte di un fronte opposto. Dal canto suo, l’Occidente ha sempre visto nella Russia un gigante dai piedi di argilla, da abbattere e soggiogare. Napoleone, Hitler, ma prima ancora Carlo di Svezia ed altri. Tutti hanno pensato di conquistare l’oggetto del desiderio, goffo e arretrato. Ma non ci sono riusciti. Anzi L’URSS di Stalin ha consentito all’Occidente di battere Hitler, così come anche Napoleone cadde dopo la disfatta nella Campagna di Russia.
Ora l’Occidente ritenta l’azzardo e lo fa utilizzando l’Ucraina come esca. Le posizioni sono chiare: Putin non vuole missili sotto casa, come non li gradì Kennedy a Cuba. Ma mentre Krusciov, ragionevolente, fece marcia indietro e stemperò la crisi, gli occidentali, aggressivamente, non mollano. Questioni di principio, signori! Ogni Stato si sceglie gli alleati. Quindi anche l’Ucraina può aderire alla Nato e ricevere missili e truppe in chiave antirussa. E dire che a Gorbaciov fu promesso di lasciare un cuscinetto fra la Russia e la Nato. E Krusciov prospettava una nuova Europa pacificata, senza blocchi, con la Russia dentro. Verba volant e la mano tesa del leader della perestroika viene respinta!  La Nato e l’Occidente premono e tramano. Alla fine mettono un governo a Kiev filoccidentale, e ciò che è peggio inseriscono in Costituzione l’impegno dell’Ucraina ad aderire alla Nato. In sostanza, una provocazione!
Anche negli ultimi intensi incontri diplomatici Putin ha ribadito la posizione. Tutto torna alla calma se la prospettiva Nato viene accantonata, e l’Ucraina mantiene non solo l’indipendenza, ma anche la neutralità. Una posizione tutto sommato ragionevole, non aggressiva. La rottura è dunque di parte occidentale: i russi lamentano d’essere stati messi in una condizione di necessità.
Cosa muove l’Occidente? Un’antica convinzione che la Russia abbia potuto resistere agli attacchi in passato, ma non possa farlo oggi. Napoleone pensava che le sue vittorie lampo fossero decisive e non lo impantanassero come fu per gli svedesi. Non funzionò con la grande Russia. Hitler pensava che “il generale inverno” sarebbe stato battuto dai panzer iperveloci e dalla micidiale aviazione di Hermann Goring, e sappiamo com’è andata a finire. E oggi? Oggi si pensa che la globalizzazione e il web consentano una vittoria sul piano economico-finanziario. Come è stata battuta l’URSS, ora si tratta di finire l’opera, stringendo il cappio sul collo della Russia, disintegrandola, con le sanzioni.
Che dire allora? Che l’Occidente usa l’Ucraina come esca (del popolo ucraino ne frega niente a nessuno) per tendere una trappola mortale a Putin. L’obiettivo? Ridurre alla sua mercé l’Orso russo, non riconoscendogli la dignità nazionale in una alleanza, come invece offrì Gorbaciov a Reagan, e ancor prima Roosevelt a Stalin. La politica capitalistica e della Nato è sempre quella della guerra fredda (vincere alla lunga senza condizioni), ma lo fa con strumenti nuovi non sanguinari, tuttavia non meno devastanti per i popoli. Putin invece ha risposto coi metodi sbagliati del passato, non capendo che oggi la guerra, alla lunga, non si vince coi carri armati, ma con armi sofisticate e invisibili, quelle che l’occidente sta usando con grande mobilitazione: sanzioni di tutti i tipi! In questa follia collettiva, non si tiene conto che oggi c’è un terzo convitato, che ha un aspetto sempre mite e sorridente, che non alza la voce e non minaccia, che usa in modo abilissimo e garbato l’arma del convincimento e della convenienza economica: la Cina. Alla fine forse l’Occidente crede di aver attratto in trappola la Russia, ma non considera che la Cina sta lavorando a mettere nel sacco entrambi. Vedremo. Ora, bisogna sventare questi disegni, alzando forte la voce pacifista, a difesa dei popoli, vittime predestinate di queste infernali strategie imperialiste. Per l’Ucraina ci vuole indipendenza e neutralita’. E questo richiede un serio e leale impegno delle parti, non solo della Russia. La Svizzera vive cosi’ da molti secoli, e se la passa benone. Non vi pare?

Fonte: Democrazia Oggi

Carbonia. Ministero degli Interni, Partito comunista e sindacati, “i veri protagonisti politici di quei momenti”. Il PCI minacciato dalla dichiarazione di illegalità

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Gianna Lai

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 Nuovo post domenicale sulla storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019[1].

 

Per Scelba l’obiettivo era, “decapitare l’organizzazione armata che i comunisti avevano ereditato dalla Resistenza e isolare il PCI nel ghetto dell’opposizione, in una situazione resa permanentemente precaria dal sospetto o dalla minaccia della dichiarazione di illegalità”, dice Giovanni De Luna. Che ricorda in parlamento, il 14 luglio, l’intervento di Sandro Pertini, “la nostra solidarietà va ai compagni comunisti. Sappiate che se voi volete mettere fuorilegge questo partito, dovete apprestarvi a mettere fuorilegge anche noi. Noi combatteremo a fianco di costoro, come abbiamo fatto dal 1922 al 1945″. E lo sdegno di Giancarlo Pajetta, rivolto alla maggioranza, “date le dimissioni dal governo troppo male avete fatto. Non assassinate la patria”. E di Laconi che grida “Avete il sangue sulle mani”, mentre il suo “tentativo di distribuire in aula le copie della edizione straordinaria de L’Unità, provocò un ennesimo parapiglia fino all’intervento conclusivo di Gronchi presidente della Camera che, per sospendere i corpo a corpo accesisi in aula, dichiarò finalmente chiusa la seduta”. E di Luigi Longo, il 15 luglio, “Viva gli operai della Fiat grida Luigi Longo”, applaudito da comunisti e socialisti, E di Giuseppe Di Vittorio, il 16 luglio, contro la brutalità con cui la polizia aveva affrontato i dimostranti, “in regime democratico nessun poliziotto ha il diritto di bastonare selvaggiamente per le strade gli operai…..Lo sciopero generale ha posto il problema essenziale, nel nostro paese, della politica del governo e, in particolare, della politica interna del governo”: è lo storico Giovanni De Luna a introdurci “in una dimensione molto più vasta di quella parlamentare, legata com’è alle decisioni e ai comportamenti dei veri protagonisti politici (il ministero degli Interni, il Pci, i sindacati) di quei momenti”.

Dopo aver ricordato la posizione di Pietro Secchia sui disordini di piazza del 14 luglio, “l’insurrezione sarebbe stata una pazzia. Non esito ad affermare che io, anzi, in tale occasione esercitai una influenza decisiva perché si tenessero i nervi a posto … No, non lo ritenevo possibile, e agii di conseguenza”, così Spriano sul PCI di quegli anni: un partito che “per la sua storia, la educazione clandestina dei suoi quadri, gli umori della sua base più combattiva, è percorso trasversalmente da tentazioni rivoluzionarie, sovversive. …. Gli ex partigiani garibaldini, la parte di essi entrata o rientrata nelle fabbriche”, resta espressione “di quella insofferenza, diffusa nelle file del partito, verso una strada di avanzata democratica che Togliatti propugna”. Mantenendo ferma, il leader del partito, fin dal VI Congresso, “la necessità di lottare contro il governo De Gaspari asservito ai gruppi capitalistici italiani e all’imperialismo americano”, come leggiamo su Candeloro, nella sua già citata “Storia dell’Italia moderna”. Per riprendere poi ancora, con Paolo Spriano, sul PCI, “la macchina del partito avviata alla pacifica conquista di consensi, alla difesa degli interessi popolari colpiti dalla crisi e dalla miseria, alla cura di assicurare alleati non solo politici, ma sociali, alla classe operaia”.Nel PCI sardo di Cagliari, fin dal Comitato federale del 21 luglio, come riferisce la professoressa Giannarita Mele, la linea è quella di Roma. E a Mistroni che dichiara: “con un’azione più decisa e generale saremmo riusciti a rovesciare il governo”, Velio Spano risponde direttamente che “la prospettiva non era insurrezionale”, avendo le stesse recenti elezioni del 18 aprile dimostrato quanto i comunisti non fossero riusciti a conquistare “la maggioranza della popolazione”, e come quella protesta contro l’attentato, non particolarmente incisiva nell’isola, fosse limitata solo a una parte del territorio della provincia, “a Cagliari, Carbonia e basta”. A Carbonia, il mito dell’Unione Sovietica, poter fare in Italia, a fianco degli operai del nord più politicizzati, ciò che già è stato possibile in Russia, attraversa con grande convinzione una buona parte della massa, sopratutto durante la campagna del 18 aprile. Pur avendo la politica del partito, collegato alla prospettiva del futuro processo rivoluzionario, la costruzione nel tempo presente di una democrazia nuova: la democrazia progressiva di Togliatti e dei diritti del lavoro. Educati alla lettura dell’Unità, al dibattito e alla conoscenza della storia stessa dei comunisti e della classe operaia, all’antifascismo come base politica che alimenta la democrazia, i minatori si sentono forti, pur relegati alla periferia del Paese, per l’appartenenza ad un partito giunto ormai a contare due milioni di tesserati tra gli italiani. In aumento infatti gli iscritti, a livello nazionale, come leggiamo su Renzo Martinelli, “Storia del Partito comunista italiano”, fino a raggiungere il numero di 2.115.327 complessivi; nell’isola se ne contano 19.902, il 65,8% operai, braccianti, salariati agricoli; il 22,1% contadini, mezzadri, fittavoli; il 4,1% artigiani, esercenti, imprenditori; l’1,4 impiegati, studenti, professionisti, intellettuali; il 6,2% casalinghe.E rassicurati si sentono, gli operai di Carbonia, da una rappresentanza politica che, nei giorni della sollevazione popolare aderisce, nella amministrazione cittadina e in parlamento, alla protesta dei lavoratori e li sostiene durante la repressione, in città e nel Paese. Dice a questo proposito Giorgio Candeloro come “il PCI resse bene di fronte a questa ondata repressiva, poiché rafforzò la sua organizzazione, rimase il partito italiano col maggior numero di iscritti, conservò forti posizioni nelle amministrazioni locali, continuò ad avere l’appoggio della classe operaia e di grandi masse di braccianti, assorbì molti elementi del ceto medio, continuò ad esercitare un’influenza assai notevole tra gli intellettuali”. Così Renzo Martinelli che, dopo aver sottolineato i pericoli della possibile messa fuori legge dei comunisti, di cui si parla esplicitamente nel documento del VI Congresso, dice come ora il partito è, “seppure politicamente più debole, organizzativamente più forte e deciso. Sul piano dell’elaborazione, è riuscito a mantenere ferma la direttiva sostanziale, la strategia democratica, nonostante l’esclusione dal governo e il peggioramento della situazione internazionale, nonché le spinte estremistiche della base. Il suo ancoraggio con la società italiana può adesso svilupparsi sulla base di un combattimento aspro, tenace, continuo, ma mantenuto sempre nei limiti del quadro istituzionale”. Rafforzato organizzativamente dall’istituzione del Comitato regionale, “varato anche nella prospettiva dell’ente Regione”, al centro l’ideologia, la politica, l’organizzazione nel “Partito nuovo”, la necessità per il gruppo dirigente che la strategia della “democrazia progressiva” sia sostenuta efficacemente da “un’educazione politica di base” nella formazione dei quadri dirigenti e allargata alla vita delle sezioni e all’esperienza di tutti gli iscritti.Per concludere sui fatti del 14 luglio, una nota dello storico Paolo Spriano, a quarant’anni dall’attentato, nel dossier dell’Unità pubblicato il 10 luglio 1988. “Quattro revolverate fanno tremare l’Italia. 14 luglio 1948, momento simbolico di una spaccatura civile”. Il titolo dell’articolo: “Un mondo e un tempo di nemici”. Dice Spriano come quella vittoria della DC, il 18 aprile, “non vide affatto diminuire la tensione sociale, politica, ideologica nel Paese …. ci si inoltrava ormai nella guerra fredda di due campi contrapposti…. L’attacco anticomunista, tra maggio e luglio più aspro e condotto in primo luogo da uomini e movimenti della Chiesa, … la volontà di farla finita con il comunismo”. Se le prime parole di Togliatti rivolte ai dirigenti del partito, la sera del 14, furono un invito alla calma, Pci, Psi e CGIL, prosegue Spriano, svolsero un unico ruolo, ” bloccare ogni possibile passaggio verso la guerra civile: che non vi fosse mai stato un piano K di insurrezione lo riconobbero gli stessi avversari, il ministro degli Interni Scelba, che pure era pronto allo scontro”.
E poi lo studioso riferisce della ricerca storica su quei fatti. Essa “si sta muovendo verso motivi di approfondimento, che così possiamo sommariamente indicare: esplose nelle più grandi città del Nord, ma anche in zone industriali e agrarie del centro, in Toscana particolarmente, una ribellione che aveva forti connotati di classe e che intendeva rispondere con la forza all’attentato…. Il 14 luglio indica…….. la capacità di mobilitazione intorno alle avanguardie di un movimento di massa, che avrebbe pagato moltissimo nelle lotte dei tempi immediatamente successivi. Non ci fu infatti né una delusione paralizzante, nè un contraccolpo insuperabile, quando venne dichiarata la fine dello sciopero, che pure non aveva ottenuto nessun risultato tangibile, neppure le richieste dimissioni del ministro dell’Interno. Ci fu la scissione sindacale, …. ma essa già maturava da tempo. L’altro elemento che a me pare vada considerato è l’estrema fragilità di un regime di convivenza democratica che l’episodio rivelò …. Le armi che uscirono dai nascondigli, il ruolo giocato da gruppi di partigiani quasi come forza a sé stante, mostravano come l’illegalismo era ben presente e vivo …. L’unica prova di fiducia comune nel metodo democratico era data dal fatto che né l’opposizione, né il governo volevano andare a una prova di forza cruenta….Era quello del 1948 e degli anni della guerra fredda un mondo e un tempo di nemici più che di avversari”.

References

  1. ^1° settembre 2019 (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Referendum, i falsi slogan della giustizia giusta Smantellando gli strumenti di contrasto alla criminalità, non si opera una riforma della giustizia, bensì una riforma contro l’amministrazione della giustizia, contro l’eguaglianza e i diritti delle

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← Governo e maggioranza, qualcosa sta cambiando in profondità[1]

Referendum, i falsi slogan della giustizia giusta Smantellando gli strumenti di contrasto alla criminalità, non si opera una riforma della giustizia, bensì una riforma contro l’amministrazione della giustizia, contro l’eguaglianza e i diritti delle persone

25 Febbraio 2022
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Domenico Gallo

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La scorsa settimana è arrivata la rituale pronuncia della Corte Costituzionale sull’ammissibilità delle richieste di referendum validate dalla Cassazione. Come succede sempre, data la rilevanza politica delle iniziative referendarie, le decisioni della Corte sono state oggetto di vivaci critiche ed hanno provocato forte delusione nei promotori delle iniziative respinte ed entusiasmo nei promotori delle richieste dichiarate ammissibili. Quest’anno sono rimasti fortemente delusi i radicali, promotori dei referendum aventi ad oggetto, secondo i proponenti, l’”eutanasia” e la “cannabis libera”. Hanno esultato invece i proponenti dei referendum sulla c.d. “giustizia giusta”, nati dallo strano connubio Lega-Radicali, che hanno visto ammettersi cinque dei sei quesiti articolati.
Il nuovo Presidente della Consulta ha sentito la necessità, anticipando le motivazioni delle sentenze, di spiegare al pubblico le ragioni delle decisioni operate dalla Corte. Amato non ha avuto alcuna difficoltà a motivare il rigetto del quesito relativo alla richiesta di abrogare il primo comma dell’art. 579 del codice penale, che punisce l’omicidio del consenziente (che non sia minore o infermo di mente), smascherando la falsità delle motivazioni dei promotori. L’omicidio del consenziente non è eutanasia, non ha nulla a che vedere con la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta dei trattamenti più dignitosi per affrontare il fine vita. L’effetto del referendum sarebbe stato quello di introdurre la libertà di uccidere chiunque (anche se giovane e in buona salute) sia consenziente alla propria eliminazione. Più discutibile è la decisione di inammissibilità del referendum sulle droghe, collegata a ragioni tecniche del quesito che sostanzialmente falliva l’obiettivo di liberalizzare la produzione e la circolazione della cannabis, creando una serie di guazzabugli.
Malgrado abbiano perso una delle frecce più insidiose nel loro arco, i promotori dei referendum sulla cd. “giustizia giusta” hanno esultato accompagnati da un robusto coro mediatico, farneticando che attraverso i referendum avrebbero introdotto una riforma opportuna e necessaria del sistema giustizia.
Quando si chiede agli elettori di votare su una proposta di abrogazione di norme per via referendaria, non si può pretendere che tutti i cittadini comprendano il quesito e conoscano la disciplina di risulta.
Quindi bisogna affidarsi alle spiegazioni fornite dai promotori e bisogna stare attenti a non farsi ingannare dalle falsità diffuse allo scopo di ingannare gli elettori.
Il quesito che riguarda le modalità di presentazione della candidature dei magistrati per l’elezione al CSM, eliminando il requisito della lista di magistrati presentatori, è assolutamente irrilevante: è patetico presentarlo come riforma del CSM. Ugualmente irrilevante è il quesito che stabilisce che i membri laici dei Consigli giudiziari possano partecipare alla redazione delle pagelle professionali dei magistrati. Più difficile è mascherare il quesito che ha ad oggetto l’abolizione del decreto Severino. Viene presentato come frutto dell’esigenza di evitare la sospensione di sindaci ed amministratori locali condannati con sentenza non definitiva, che potrebbero essere assolti. Ma il quesito non riguarda l’abolizione di questi aspetti problematici della legge Severino, bensì l’abrogazione di tutta la disciplina, che riguarda anche la decadenza e l’incandidabilità dei parlamentari condannati con sentenza definitiva ad una pena superiore a due anni di reclusione (si veda il caso Berlusconi). Da questo quesito traspare evidente l’insofferenza del ceto politico per il controllo di legalità.
Ma il quesito più sconcertante è quello che i promotori qualificano come “limiti agli abusi della custodia cautelare” che la Corte di Cassazione ha correttamente denominato “limitazione delle misure cautelari. Infatti il quesito non interviene sui possibili abusi della custodia cautelare, bensì opera una drastica riduzione del campo di applicazione della custodia cautelare e delle altre misure cautelari, coercitive e interdittive. Esclusi i delitti di mafia e quelli commessi con l’uso delle armi, l’effetto sarebbe quello di precludere la possibilità di applicare, nei confronti delle persone imputate di gravi reati, misure cautelari di alcun tipo, non solo la custodia in carcere e gli arresti domiciliari, ma anche l’allontanamento dalla casa familiare (nel caso del coniuge violento), oppure il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (nel caso di atti persecutori), così come non sarebbero più possibili le misure interdittive, come il divieto temporaneo di esercitare determinate attività imprenditoriali (nel caso delle società finanziarie che truffano gli investitori).
I problemi che pone il quesito sulle misure cautelari sono molteplici e ci sarà tempo per una illustrazione specifica. Qui ci interessa soltanto rilevare, a caldo, quanto sia ingannevole e menzognera la campagna dei partigiani della “giustizia giusta”. Smantellando gli strumenti di contrasto alla criminalità, non si opera una riforma della giustizia, bensì una riforma contro l’amministrazione della giustizia, contro l’eguaglianza e i diritti delle persone. “Adesso la casta trema” ha titolato il quotidiano Libero riferendosi alla magistratura. In realtà i magistrati non hanno nulla da temere, sono i cittadini che devono cominciare a preoccuparsi.

References

  1. ^Governo e maggioranza, qualcosa sta cambiando in profondità (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

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La pace si allontana in Ucraina, reagire rilanciando l’iniziativa di pace
Alfiero Grandi   Le tragedie umane e materiali in Ucraina sono conseguenze della guerra innescata dall’invasione russa. Sulle tragedie, conseguenze della guerra, è in corso una campagna di propagand...
La resistenza, il pacifismo (e l’ipocrisia dei commentatori repubblichini)
Marco Pitzalis - Univ. - Cagliari Lo storico De Luna (UniBo) ci “spiega” sulle pagine del giornale atlantista radicale e interventista "La Repubblica" che la Resistenza non è stata pacifista. Il pro...
Due domande ai “pacifisti” sostenitori dell’invio di armi
Ormai tutti vediamo che siamo giunti molto vicini alla linea rossa che separa la guerra  Russia/Ucraina da conflitto fra Usa/Russia. Questa drammatica estensione ha degli automatismi. Se interviene ...
Appello dell’UNASAM per fermare la guerra in Ucraina, la corsa agli armamenti e alle basi militari...
Red C’è nella società una grande maggioranza contro la guerra, contro la politica del governo Draghi, della UE e della Nato. Non si condivide una risposta tutta incentrata sul profilo militare delle ...
ANPI. Pagliarullo rieletto presidente
← Nella guerra c’è in gioco l’indipendenza dell’Ucraina o quella della Russia?[1] 12 Aprile 2022 Nessun commento[2] Red Alcuni giornali, da sempre poco amichevoli con l’Anpi, la descrivono nella bu...
Nella guerra c’è in gioco l’indipendenza dell’Ucraina o quella della Russia?
← 14 aprile dibattito CGIL-ANPI-CDC per la pace, contro la guerra[1] 12 Aprile 2022 Nessun commento[2] Andrea Pubusa Se esaminiamo la guerra in Ucraina senza pregiudizi per capire come può finire e...
14 aprile dibattito CGIL-ANPI-CDC per la pace, contro la guerra
← La Costituzione e l’invio di armi[1] 11 Aprile 2022 Nessun commento[2] Tre grandi associazioni democratiche illustrano insieme le loro posizioni per la cessazione della guerra in Ucraina e per una...
La Costituzione e l’invio di armi
← Il giorno della vergogna[1] 11 Aprile 2022 Nessun commento[2] Andrea Pubusa C’è un’istintiva propensione ad aiutare anche con le armi chi è aggredito. Risponde ad un pensiero elementare socorrere...
Il giorno della vergogna
← Carbonia. Dopo il fermo di Velio Spano, il questore vieta i comizi in piazza. “Carbonia, da città caserma a roccaforte del proletariato isolano e della democrazia”: l’estate del ‘48 stretta fra lic...
Carbonia. Dopo il fermo di Velio Spano, il questore vieta i comizi in piazza. “Carbonia, da...
Gianna Lai  Oggi domenica un altro pezzo della storia di Carbonia dal 1° settembre 2019[1]. Riunione dei rappresentanti comunisti, socialisti, del Partito Sardo d’azione Socialista, dell’UDI, ...
Decimomannu migliaia in marcia per la pace in Ucraina
← UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni?[1] 9 Aprile 2022 Nessun commento[2] Red   ...
UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri...
← Amica Ucraina, sed magis amica veritas[1] UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni? 9 Apri...
Amica Ucraina, sed magis amica veritas
Mario Dogliani   Daniel Chester French, La Verità, gesso, h. 148.6 cm, 1900, particolare. Art Institute of Chicago.     Sta girando molto in rete questo contributo dall’amico Mario Do...
Ripudio della guerra e Costituzione. Dibattito con Umberto Allegretti
← MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 - Decimomannu[1] 7 Aprile 2022 Nessun commento[2] Ripudio della guerra e Costituzione Caffè politico, venerdì 8 aprile ore 18.00, via Piceno 5 , Ca...
MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 - Decimomannu
← Fermare la guerra per riprenderci il futuro[1] 7 Aprile 2022 Nessun commento[2] MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 ITINERARIO: STAZIONE DI DECIMOMANNU-PARCHEGGIO AEROPORTO MILITARE D...

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