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Dimissioni di Zingaretti. Sterzata al centro. Che sara?

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Scritto da Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

Fernando Codonesu

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Qualcosa di nuovo.
L’ultima fotografia diffusa oggi dell’Istat parla di oltre due milioni di famiglie che non possono permettersi le spese indispensabili per poter vivere dignitosamente, come essere tornati a ben 15 anni all’indietro nel tempo da un punto di vista sociale a causa del Covid, non più nel 2020 quindi ma nel 2005, con un ulteriore milione di persone entrate in povertà che si aggiungono agli altri milioni di poveri già registrati.
E il PD che fa?
Zingaretti scrive: “Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni”.
Il PD è senza segretario. Alla lunga, neanche tanto a dire il vero, la continua guerra di logoramento contro Zingaretti voluta dai maggiorenti del PD, in larga parte renziani della prima ora rimasti a presidiare con forza quel partito, ha avuto la meglio. Quando sei cannoneggiato tutti i giorni dall’esterno, dai cosiddetti avversari, soggetto al fuoco amico degli esponenti del tuo stesso partito, preso a sciabolate da chi ha condiviso tutti gli atti e le decisioni assunte unanimemente negli organismo dirigenti, veramente si comprende la forza dirompente del detto: “dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio”.
Si, è proprio troppo. Troppo per un segretario debole e non certo carismatico, ma sicuramente affidabile rispetto ad altri che si sono succeduti e, salvo prova contraria, onesto e che ha evitato un tracollo ben maggiore di quel partito negli ultimi anni due anni della sua segreteria.
Un partito, comunque, che non governa nessuna regione del Nord Italia che rappresenta oltre il 60% del PIL del paese e questo è un fattore di grave e irreversibile crisi di credibilità generale.
Un partito presidiato dai pretoriani renziani armati che controllavano a vista il segretario dall’interno, oltre ai 50 parlamentari che dall’esterno, leggasi Italia Viva di Renzi, erano e sono intenzionati a riprendersi quel che resta di quel partito. I fatti degli ultimi mesi vanno in questa direzione e sono precipitati all’improvviso con la nascita del governo Draghi.
Nel riposizionamento generalizzato del potere in Italia, acuito più che mai dal governo Draghi, giova fare qualche considerazione sulla corsa al centro da parte dei tanti partiti presenti nel palcoscenico della politica italiana e, ultimo in ordine di tempo, il M5S a guida Conte secondo il pensiero, si fa per dire, espresso da Di Maio e sulla necessità inderogabile di porre fine anche solo all’idea di un partito di sinistra.
Intanto si definisce centro, ma si intende destra, anche se non lo si dice espressamente.
Almeno dal mio punto di vista, quando si rinnega la sinistra e ci si sposta al centro si va a destra, non esistono vie di mezzo.
L’importante è che non ci sia la sinistra: è questo il tratto dominante della politica attuale.
Questo è un processo che dura ormai da tempo, a partire dalla nascita del PD, un partito originato da una fusione fredda tra il PDS e la Margherita, quel che restava di quei grandi partiti di massa del novecento che furono il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana.
Alla pari del ben noto bluff planetario della fusione nucleare fredda di Fleischmann e Pons del 1989 immaginata con la fusione dei nuclei degli atomi di deuterio che non ha mai generato energia pulita, non un kilowattora neanche di quella di origine fossile a dire il vero, da tempo si è riconosciuto che quella che è stata definita la fusione fredda tra due forze politiche, il PdS e la Margherita, non ha mai generato un partito vero, caratterizzato da una precisa identità.
Per alcuni un aborto, per altri un ircocervo, animale inesistente, per altri semplicemente un ibrido capace di mimetizzarsi come un camaleonte a seconda dello spirar del vento o delle pretese del mondo dell’impresa, dei poteri forti e della onnipresente ideologia liberista sul cui altare tutto viene sacrificato, ma sicuramente non un partito riconoscibile, identificabile e affidabile per uno schieramento di strati sociali afferenti al mondo del lavoro, della piccola e media impresa, delle donne, dei giovani. Un partito riconoscibile e affidabile per gli strati sociali che pagano le tasse.
Appunto, due forze che di tanto in tanto si incrociavano sulla tolda di comando, ma che perseguivano idee, progetti e strategie differenti. Un partito di sinistra, forse in qualche breve periodo e in qualche frangente, ma mai negli atti di governo. Molto di più, invece, un partito di centro ovvero di stampo democristiano come si conveniva e si conviene ai Franceschini, Letta, Del Rio, Marcucci, Renzi, etc.
Con meno sinistra, per cui in pochi anni niente spazio per i Dalema, Bersani ed ora Zingaretti.
Zingaretti, uno degli ultimi esponenti della sinistra, impegnato comunque nel disegnare un partito più di sinistra all’interno del perimetro allargato del centrosinistra. E per questo scomodo, specialmente di questi tempi.
Una persona per bene, anche se questo non basta per farne un leader.
Certo, si è adagiato troppo su Conte e quest’ultimo che, forse avrebbe potuto guidare uno schieramento politico reale da sperimentare sul campo comprendente il PD, i 5S e i raggruppamenti vari della sinistra oggi riconoscibili in LEU, con l’ultima scelta da leader dei 5S ha affossato anche questo potenziale progetto.
E poi quella giravolta in un solo giorno che dall’indicazione di Conte come unico leader dello schieramento progressista va immediatamente all’abbraccio di Draghi, anche se, a dire il vero, nel contesto attuale non poteva fare molto di più.
Un partito senza identità, sicuramente privo di un’identità di sinistra, ma in cui si fa fatica anche a individuare una identità di centrosinistra.
Molta Margherita che è come dire, molta ex Democrazia Cristiana, con tutto quello che significa per chi appena ricorda le scelte di quel partito e di quegli uomini nella prima repubblica.
Certo non sfugge che quel partito è stato capace di boicottare Prodi come candidato presidente della Repubblica, vedasi i famosi 101 secondo molti osservatori guidati da Renzi, ha silurato Bersani come segretario del partito nel 2013 con la regia di Napolitano, e da lì è nata la segreteria Renzi che poi ha sostituito Letta al governo con la famosa frase da Giuda “Enrico, stai sereno”.
Insomma, più che un partito, un nido di vipere.
E ora una riflessione amara sulla sinistra che non  c’è, proprio quando sarebbe bisogno più che mai di un partito di sinistra in grado di rappresentare gli interessi e le aspirazioni dei vasti, vastissimi strati della popolazione italiana che si trova sempre più ai margini dei processi decisionali, senza prospettive di crescita economica, politica, culturale e sociale.
Che dire poi di quel che è successo a LEU con il governo Draghi?
Contrariamente a quel che ci insegna la matematica, sono capaci di costituire tre gruppi pur essendo solo in due: è la maledizione della scissione continua e senza fine.
E’ questo ciò che resta del giorno della sinistra?
La realtà è che Zingaretti non ha fatto in tempo a dare una connotazione di sinistra al PD perché non è andato alle elezioni politiche: solo in quel caso avrebbe potuto scegliere i propri candidati dando a quel partito un’impronta e un’identità sicuramente più a sinistra rispetto a quella che caratterizzava ierei e caratterizza oggi il partito sempre egemonizzato dagli ex democristiani.
Personalmente credo che le dimissioni siano una cosa seria e per questo auguro e suggerisco a Zingaretti di non farsi incantare dalle sirene che intoneranno il richiamo con voci suadenti o peggio ancora farsi fregare da chi gli chiederà di tornare, di ritirare le dimissioni e di restare: diventerebbe un ostaggio senza più credibilità alcuna, una vaso di coccio tra vasi di ferro, ancorché ferro arrugginito e in decomposizione.
Forse bisogna prendere atto definitivamente che chi viene dalla DC, leggi Margherita, è interessato  ad inseguire la forza attrattiva del “centro”, ma quello è un luogo adimensionale geometricamente parlando con un riverbero certo anche in politica, e il rischio è che i molti che intendono contenderselo finiscano con elidersi a vicenda.
Insomma, per chiarezza politica, separarsi è un bene, e se due forze hanno riferimenti ideali e strategie diverse è bene che scelgano strade diverse se ciascuna vuole riprendere un percorso di ricostruzione chiaro, riconoscibile e identificabile senza confusione alcuna.
Le dimissioni di Zingaretti fanno parte del processo di normalizzazione dell’Italia iniziato tempo addietro e accelerato fortemente con la nascita del governo Draghi.
Chi dentro quel partito, e sono tanti sia nei quadri dirigenti e territoriali e soprattutto nell’elettorato, si riconosce veramente nei valori di base della sinistra provi convintamente a intraprendere tutte le azioni possibili per rimetterne insieme i vari pezzi per riscriverne la storia, e lavori per costruire una strategia adeguata alla luce dei bisogni attuali del paese.

Fonte: Democrazia Oggi

Continua la protesta femminista nel Cile sulle note di “Un violador en tu camino” (uno stupratore sulla tua strada)

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Scritto da Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

← Zona bianca per chi? Per lombardi & C.? Quandomai, solo per noi nativi![1]

Continua la protesta femminista nel Cile sulle note di “Un violador en tu camino” (uno stupratore sulla tua strada)

4 Marzo 2021
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Rosamaria Maggio

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Mentre in Italia si forma un movimento di maschi contro la violenza alle donne, Rosamaria Maggio ci informa di una importante iniziativa di proteta femminsta in Cile, riprendendo la testimonianza di  Darinka Rodriguez.

Quattro donne di 31 anni hanno promosso una protesta femminista con un centinaio di voci. Sono le cilene che crearono “Un violador en tu camino” (uno stupratore sulla tua strada). La canzone è diventata virale durante le proteste del 2018, per combattere e sradicare la violenza contro le donne in Cile: El violador eres tu (Lo stupratore sei tu).
” E la colpa non era mia, né dei mio modo di vestire”, dice il verso più ripetuto in questo intervento: ”El violador eres tu”, è la condanna nelle parole di questa canzone che è stata riproposta dai media a livello internazionale.
Si tratta del collettivo Lastesis, fondato da Dafne Valdes; Paula Cometa, Sibila Sotomayor e lea Caceres, tutte originarie di Valparaiso nel centro del Cile.
“Ci chiamiamo Lastesis perché la nostra premessa è di usare le tesi teoriche femministe e portarle all’attenzione della gente perché si diffonda il messaggio” dicono tre delle quattro militanti al Verne-El Pais, nella intervista telefonica.
Le parole di questa canzone nascono da una indagine che hanno fatto le quattro donne sulla violenza di genere nel paese sudamericano.
“Un violador en tu camino” è parte di una performance femminista molto più ampia presentata nell’ottobre 2019 ma che si propone di provocare una rivolta sociale nel paese. “Molte donne detenute per le proteste nel 2018-9 ci mostrano come i carabinieri e lo Stato usino la violenza sessuale per intimare paura, perché le donne non si esprimano ed esercitino il loro diritto di protestare”, segnalano.
Una delle strofe di questa canzone è un estratto dell’inno dei carabinieri cileni.
“E’ fuori luogo dire che la polizia vegli sul sonno delle donne, per questo li citiamo, per evidenziare la contraddizione, in senso ironico”, commentano le cilene.
Si tratta della quinta strofa dell’inno dei carabinieri.” Dormi tranquilla bambina innocente, senza preoccuparti della bandiera, che per il tuo dolce sonno e sorriso veglia il tuo amorevole carabiniere”. Secondo una informazione del Human Right Watch, durante i primi 30 giorni di protesta, in Cile ci sono state 442 querele, 71 di queste sono per abusi sessuali.” Durante le proteste esiste la possibilità che ti torturino, ti denudino e ti violentino”, segnalano le attiviste.
Uno dei i casi più recente di violenza contro le donne è quello di Daniela Carrasco che fu ritrovata morta dopo essere stata arrestata dai Carabinieri.
Commosse pure l’omicidio della fotoperiodista Albertina Martinez Burgos a Santiago da parte di chi aveva coperto le proteste e le repressioni nelle manifestazioni negli ultimi mesi.
In accordo con le indagini di Lastesis, in Cile solo l’8% dei giudizi per violenze sessuali ricevono una condanna e per questo criticano i giudici.
“I processi di condanna non stanno funzionando c’è una incompetenza dei poteri nel lavoro sopra le denunce, le morti per mano della polizia e dei militari. “Il patriarcato è un giudice che ci giudica per nascita” dice l’inizio della canzone.
La critica di questa canzone conduce al Presidente Pinera che nel 2017, durante la sua campagna elettorale, fece un commento misogino sulla violenza. Però non è stata l’unica volta che il Presidente ha fatto commenti di questo tipo.
“Ricordiamo le sue nefaste dichiarazioni quando parlò di una bambina violentata ed incinta a 11 anni”, ricordano. In Cile una delle maggiori cause di aborto è legata alla violenza sessuale. Il Presidente applaudì la decisione della bambina di non abortire dicendo che le sue parole mostravano “profondità e maturità”.
In seguito alla massiccia diffusione di questo video in rete, le quattro cilene decisero di convocare più donne possibile, perché ripetano assieme “Un violador in tu camino”, sia in Cile che in tutti i paesi, il 29 novembre, giornata della violenza sulle donne.  “Vogliamo che lo adattino e la facciano in una loro versione in sintonia col luogo nel quale si incontrano, con vestiti e diverse lingue”, dicono.
Il collettivo si è formato nel 2018 e cerca di trasmettere la teoria femminista attraverso il linguaggio audiovisivo.
Uno dei loro primi lavori è basato sul libro “Calibano e la strega” della scrittrice italiana Silvia Federici.  “Speriamo che molte donne si aggiungano. Continuiamo a fare questo lavoro di trasmettere la teoria femminista”, concludono.
Le quattro donne cilene sono da giugno scorso inquisite dall’autorità giudiziaria di Valparaiso, per “attentato contro l’autorità e minacce contro il corpo dei Carabinieri”.

References

  1. ^Zona bianca per chi? Per lombardi & C.? Quandomai, solo per noi nativi! (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Draghi e lo scoglio della riforma della PA aealta”

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← In Draghi, senza cadere in tentazione, bisogna aver fede![1]

2 Marzo 2021
1 Commento[2]


 Red

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Cosa ci prospetta il nuovo governo sulla pubblica amministrazione? La riforma, ovviamante, e, anzitutto, sul versante della digitalizzazione della PA. Tema non nuovo, visto che il Codice dell’amministrazione digitale (Cad) ha compiuto tre lustri lo scorso anno. Draghi ne ha parlato a più riprese. Anzitutto nel discorso tenuto al Senato della Repubblica il 17 febbraio scorso[3] e poi in quello all’inaugurazione dell’anno giudiziario alla Corte dei conti il 22 febbraio[4].
Cos’ha detto in sintesi il presidente? Tre le linee d’intervento. Primo, “la riforma dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini”. Secondo, occorre un “aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati”. Terzo, “bisogna agire sul versante del rafforzamento della qualità dell’azione amministrativa, a partire dalle competenze delle persone. È un diritto innegabile dei cittadini e le imprese di ricevere servizi puntuali, efficienti e di qualità. È un dovere delle Pubbliche Amministrazioni attrezzarsi perché ciò avvenga”.
Sarà uno dei ricorrenti proclami? Il compitino per i discorsi istituzionali? Speriamo proprio di no.
Sulla connettività, nonostante gli interventi pubblici ultraventennali, c’è ancora molto da fare, come anche il covid ha mostrato con l’estensione del lavoro e la didattica a distanza. Più critici sono però gli altri due aspetti citati: la formazione del personale e la revisione di norme e procedure di fronte alla digitalizzazione.
Sulla formazione è dalla crisi finanziaria del 2007 e della crisi del debito del 2009-2010 che si abbatte la scure dei tagli. La formazione e la ricerca sono ferme o quasi, mentre è evidente che, senza l’accrescimento del patrimonio conoscitivo, non si può sperare in un incremento delle competenze delle strutture. Certo, c’è da attendere che si completi l’esodo di personale formato in altra stagione, ma senza un reclutamento di personale  esperto secondo formule innovative, che ne valorizzino l’esperienza, la maturità, la comprensione dei fenomeni attuali, la capacità di risolvere problemi, più che una conoscenza orizzontale e mnemonica delle materie (quasi sempre oggetto di studio all’università). Occorrerà dotarsi di personale altamente competente in programmazione e in conoscenza informatica; risorse umane con capacità di governare i processi, di tradurre le competenze tecniche in indirizzi amministrativi e realizzarli in concreto.
C’è poi il grande tema dell’uso dell’intelligenza artificiale. Ci sono molti settori in cui può tornare utile, dalla tutela del territorio alla realizzazione di opere con investimenti pubblici. Ovviamente il tema è complesso anche perché, al di là del miglioramento del potenziale cognitivo, l’aspetto decisionale deve sempre rimanere soggetto al controllo umano finale. Si apre una via di grande interesse, che richiede forte impegno.
Rimane, ahinoi!, la madre di tutti i problemi: il quadro normativo generale. E’ molto appesantito dai tanti barocchismi procedurali. Questi scaricano sui funzionari pubblici responsabilità non loro, manchevolezze che sono la risultante di colpe e difetti a monte e di carattere ordinamentale. Quali siano le conseguenze di tutto questo sulla vita del cittadino comune è ben noto a ciascuno per esperienza personale. Immaginiamoci le ripercussioni concrete sulle attività economiche. E’ costante l’osservazione dei riflessi negativi di queste criticità “sull’efficacia dei procedimenti di affidamento e realizzazione di opere pubbliche e investimenti privati, molti dei quali di rilevanza strategica”.
Il buon senso annzitutto dice che, prima di digitalizzarle, le procedure vanno riviste, semplificate. Facile a dirsi, meno a farsi. In realta’ la complessita’ nasce dal fatto che in ogni procedimento sono coinvolti molti interessi pubblici e privati, e tutti devono essere considerati e valutati ai fini della decisione amministrativa. C’è materia per un ampio dibattito e per il lavoro dal Dipartimento per l’innovazione di Vittorio Colao. All’attuale Presidente del Consiglio vengono riconosiute facoltà sovranaturali. Certo è che se riuscisse solo a fare un visibile passo avanti sulla semplificazione dell’azione amministrativa, il processo di beatificazione avrebbe un supporto indiscutibile: si tratterebbe del mitico miracolo che si richiede per la santificazzione. Per ora Draghi ha individuato i temi. E’ già un bel passo nella giusta direzione. Ora aspettiamo gli sviluppi. Vedremo.

References

  1. ^In Draghi, senza cadere in tentazione, bisogna aver fede! (www.democraziaoggi.it)
  2. ^1 Commento (www.democraziaoggi.it)
  3. ^Senato della Repubblica il 17 febbraio scorso (www.governo.it)
  4. ^Corte dei conti il 22 febbraio (www.governo.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Zona bianca per chi? Per lombardi & C.? Quandomai, solo per noi nativi!

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3 Marzo 2021
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Amsicora

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Che combinazione! Zona bianca fino a Pasqua e anche oltre! Questa sì che è una vera fortuna. Liberta’ al massimo, che bello! Un’anticipazione di vacanze, un assaggio d’estate. Per noi sardi virtuosi finalmente un riconoscimento. E dire che fino a poco tempo fa noi eravamo in zona arancione e i lumbard in zona gialla. Da ridere o piangere a seconda della visione generale del mondo. Ma, si sa, bisogna essere tenaci e pazienti e poi la verità trionfa. Anche nei film western (le mitiche “mericanate“) prima che i buoni trionfino, c’è una fase in cui dominano i cattivi.
Troppo bello per essere vero. Noi in giro, per spiagge, monti, bar, aperitivi e ristoranti e i lumbard chiusi in casa! Tropo bello che ogni tanto mi vengono dei cattivi pensieri. Molto cattivi. Mi sale la bile quando penso all’anno scorso. All’inizio della primavera i lumbard sciamarono in Sardegna. Hanno le seconde case da noi loro. E amano la Sardegna: sole, mare e cibo. Lo dicono sempre. Ma i sardi neanche li vedono. Come i nativi per i coloni della frontiera. Ai loro occhi sono inesistenti. Tanto inesistenti che lo scorso anno, appena scoppiata la pandemia da loro, son venuti festosi nelle loro seconde case e ci hanno portato il virus che sostanzialmente non esisteva. Solinas chiese un controllo medico preventivo, e mal gliene incolse: tutti contro. Boccia, imbecille, dice chè è incostituzionale, art. 120, non si possono porre limiti alla circolazione fra regioni. Sala e Fontana minacciano ritorsioni: non metteremo più piede da voi, i nostri din din li portiamo altrove, morti di fame, irriconoscenti!
Cosa inventeranno quest’anno, lor signori, per beneficiarci della loro augusta presenza? Via libera ai vaccinati, lasciapassare per chi fa un tampone, e perché sbarrare l’ingresso a chi ha un certificato del medico di fiducia? Che la bianca Sardegna non sia pensata per dare sfogo ai lumbard? Ci sono anche un bel po’ di romagno-emiliani, di toscani, piemontesi; e i romani dove li mettiamo? Anche per loro noi siamo lo sbocco felice al mare. Come tenerli lontani?
Compagni ed amici, lo so cosa mi direte: “sei un inguaribile complottista”; sì forse è così, ma io in questa zona bianca per Pasca manna sento puzza di trappolone, sento aria di artifizio per dare sfogo a lor signori. In fondo, poveracci, sono l’asse produttivo del paese, lavorano da mattina a sera, son chiusi da mesi. Un po’ di aria e sole per ricaricare le pile, ci vuole. Cosa c’è di meglio di un’isola bianca? Cattivi pensieri. Ma quandomai! Avete ragione voi, non sarà così. Il sole, il mare, il porchetto, le pastasciutte con bottarga e arselle, zuppa di cozze con tappeto di pane carasau o, meglio, fette di cibraxiu cotto al forno a legna, quest’anno sono solo per noi. Noi sardi, intendo. Amen!

References

  1. ^Draghi e lo scoglio della riforma della PA (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

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2 Marzo 2021
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 Red

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Cosa ci prospetta il nuovo governo sulla pubblica amministrazione? La riforma, ovviamante, e, anzitutto, sul versante della digitalizzazione della PA. Tema non nuovo, visto che il Codice dell’amministrazione digitale (Cad) ha compiuto tre lustri lo scorso anno. Draghi ne ha parlato a più riprese. Anzitutto nel discorso tenuto al Senato della Repubblica il 17 febbraio scorso[3] e poi in quello all’inaugurazione dell’anno giudiziario alla Corte dei conti il 22 febbraio[4].
Cos’ha detto in sintesi il presidente? Tre le linee d’intervento. Primo, “la riforma dovrà muoversi su due direttive: investimenti in connettività con anche la realizzazione di piattaforme efficienti e di facile utilizzo da parte dei cittadini”. Secondo, occorre un “aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici, anche selezionando nelle assunzioni le migliori competenze e attitudini in modo rapido, efficiente e sicuro, senza costringere a lunghissime attese decine di migliaia di candidati”. Terzo, “bisogna agire sul versante del rafforzamento della qualità dell’azione amministrativa, a partire dalle competenze delle persone. È un diritto innegabile dei cittadini e le imprese di ricevere servizi puntuali, efficienti e di qualità. È un dovere delle Pubbliche Amministrazioni attrezzarsi perché ciò avvenga”.
Sarà uno dei ricorrenti proclami? Il compitino per i discorsi istituzionali? Speriamo proprio di no.
Sulla connettività, nonostante gli interventi pubblici ultraventennali, c’è ancora molto da fare, come anche il covid ha mostrato con l’estensione del lavoro e la didattica a distanza. Più critici sono però gli altri due aspetti citati: la formazione del personale e la revisione di norme e procedure di fronte alla digitalizzazione.
Sulla formazione è dalla crisi finanziaria del 2007 e della crisi del debito del 2009-2010 che si abbatte la scure dei tagli. La formazione e la ricerca sono ferme o quasi, mentre è evidente che, senza l’accrescimento del patrimonio conoscitivo, non si può sperare in un incremento delle competenze delle strutture. Certo, c’è da attendere che si completi l’esodo di personale formato in altra stagione, ma senza un reclutamento di personale  esperto secondo formule innovative, che ne valorizzino l’esperienza, la maturità, la comprensione dei fenomeni attuali, la capacità di risolvere problemi, più che una conoscenza orizzontale e mnemonica delle materie (quasi sempre oggetto di studio all’università). Occorrerà dotarsi di personale altamente competente in programmazione e in conoscenza informatica; risorse umane con capacità di governare i processi, di tradurre le competenze tecniche in indirizzi amministrativi e realizzarli in concreto.
C’è poi il grande tema dell’uso dell’intelligenza artificiale. Ci sono molti settori in cui può tornare utile, dalla tutela del territorio alla realizzazione di opere con investimenti pubblici. Ovviamente il tema è complesso anche perché, al di là del miglioramento del potenziale cognitivo, l’aspetto decisionale deve sempre rimanere soggetto al controllo umano finale. Si apre una via di grande interesse, che richiede forte impegno.
Rimane, ahinoi!, la madre di tutti i problemi: il quadro normativo generale. E’ molto appesantito dai tanti barocchismi procedurali. Questi scaricano sui funzionari pubblici responsabilità non loro, manchevolezze che sono la risultante di colpe e difetti a monte e di carattere ordinamentale. Quali siano le conseguenze di tutto questo sulla vita del cittadino comune è ben noto a ciascuno per esperienza personale. Immaginiamoci le ripercussioni concrete sulle attività economiche. E’ costante l’osservazione dei riflessi negativi di queste criticità “sull’efficacia dei procedimenti di affidamento e realizzazione di opere pubbliche e investimenti privati, molti dei quali di rilevanza strategica”.
Il buon senso annzitutto dice che, prima di digitalizzarle, le procedure vanno riviste, semplificate. Facile a dirsi, meno a farsi. C’è materia per un ampio dibattito e per il lavoro dal Dipartimento per l’innovazione di Vittorio Colao. All’attuale Presidente del Consiglio vengono riconosiute facoltà sovranaturali. Certo è che se riuscisse solo a fare un visibile passo avanti sulla semplificazione dell’azione amministrativa, il processo di beatificazione avrebbe un supporto indiscutibile: si tratterebbe del mitico miracolo che si richiede per la santificazzione. Per ora Draghi ha individuato i temi. E’ già un bel passo nella giusta direzione. Ora aspettiamo gli sviluppi. Vedremo.

References

  1. ^In Draghi, senza cadere in tentazione, bisogna aver fede! (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)
  3. ^Senato della Repubblica il 17 febbraio scorso (www.governo.it)
  4. ^Corte dei conti il 22 febbraio (www.governo.it)

Fonte: Democrazia Oggi

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Draghi in Libia a difesa della presenza italiana, anche dei diritti?
Red Fratoianni è lapidario. “Draghi esprime soddisfazione per il lavoro della Libia sui salvataggi? Evidentemente gli sfugge la differenza tra salvataggio e cattura”. Così il segretario nazionale di ...

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