Gianna Lai
Anche oggi il post domenicale sulla storia di Carbonia, dal 19 settembre 2019[1].
Drammaticamente si era
chiuso il mese di luglio in città, con i primi fermi e i primi
arresti, dopo lo sciopero di protesta a seguito dell’attentato a
Togliatti. Ancor più drammaticamente in miniera, con un morto a
Bacu Abis, Simola Francesco di 49 anni, folgorato dalla corrente, e
due morti a Nuraxeddu, Zuffanti Calogero e Serra Salvatore di 36
anni, mentre 59 sono i feriti in quel Pozzo 6, avvelenati dalle
esalazioni di ossido di carbonio. Immediato l’intervento degli
altri lavoratori per salvare i compagni da “s’aria mala”, come
chiamavano gli operai l’esalazione di ossido di carbonio, forse
proveniente da un avanzamento incoltivato o causato da una volata,
che sfonda la parete dell’avanzamento abbandonato o dalla rottura
di una tubatura deteriorata di aria compressa, che potrebbe aver
sollevato un pesantissimo pulviscolo, dirigendolo verso il gruppo
degli operai. Il gas ha investito i lavoratori, la scarsa
ventilazione ha fatto il resto. Mancanza totale di comunicazioni
ufficiali da parte della SMCS, denuncia L’Unità della Sardegna il
24 luglio 1948, chiusa in un colpevole lungo silenzio anche di
fronte alle interruzioni del lavoro e alle assemblee operaie che
seguono ad ogni incidente, mentre il Corpo delle Miniere ancora non
inizia le indagini. Morti e feriti che si aggiungono ai quattro
minatori deceduti tra gennaio e maggio: Piotti Antioco 27 anni,
nella miniera di Serbariu e Pia Salvatore 28 anni, a Bacu Abis,
entrambi investiti dai vagoni, e Manias Giovanni 44 anni, a
Nuraxeddu e Pisu Tito 22 anni, a Sirai, entrambi per distacco di
roccia, come leggiamo su “Sardegna: minatori e memoria”, a cura
della Associazione Minatori e Memoria. E drammaticamente si era
aperto anche agosto, a Carbonia, con la morte di un operaio di Bacu
Abis, schiacciato dal carrello della discenderia a seguito della
rottura di un cavo. E con alcuni fermi e arrestiuna serie di
arresti che preludono alla Per chiudersi, il mese, con gli arresti
del giorno 27. Il venir meno della manutenzione nei cantieri
continua ad esporre gli operai a incidenti gravi, alla morte e,
contro i morti in miniera, di nuovo la denuncia de L’Unità il 5
agosto che, dando la ferale notizia, si chiede cosa faccia
“l’autorità giudiziaria dopo gli incidenti”, mentre sollecita
ancora una volta indagini, per accertare cause e individuare
responsabilità. Non dimenticando che Bacu Abis è la prima della
lista nella scelta dei siti sulcitani da chiudere, uno di quelli
ritenuto fra i meno produttivi: nessuna garanzia per la sicurezza,
semplicemente inutile e dispendiosa la prosecuzione dell’attività
estrattiva. Sono in allarme gli operai per l’aggravarsi delle
condizioni di lavoro in galleria e insieme pressati dagli
interrogatori, che proseguono per tutto il mese, sui fatti del 14
luglio, all’insegna dell’intimidazione e dell’autoritarismo. Così
ancora la denuncia de L’Unità l’11 luglio 1948, che parla degli
“atteggiamenti del nuovo Commissario di pubblica sicurezza, giunto
recentemente a Carbonia per sostituire il commissario Della Valle:
il dirigente sindacale Barboni è stato chiamato in questura e
diffidato dall’attaccare i ministri democristiani e il governo”. E
si può dire che, dove non arriva la forza pubblica, è l’azienda,
sempre perfettamente in linea con la politica repressiva del nuovo
commissario Pirrone, a sollecitarne l’intervento fin nei piazzali
della miniera, non appena si registrino cenni di protesta contro i
licenziamenti e, sopratutto, contro il modo in cui essi avvengono.
Dato che, solo raramente, le Commissioni interne riescono a far
riassumere i loro membri licenziati, come nel caso del minatore di
Caput Aquas, di cui parla L’Unità dell’8 agosto 1948. La SMCS
continua infatti a scegliere, come fior da fiore, tra i minatori
più impegnati e tra i membri di Commissione interna, quelli da
allontanare o “trasferire” per primi, nel corso dei licenziamenti
di massa che funestano la vita sulcitana e che avviano ormai in
città un vero e proprio nuovo processo migratorio. E se ne
infischia degli accordi firmati con le rappresentanze sindacali e
se ne infischia dell’intervento di alcuni membri del Consiglio di
gestione contro i licenziamenti. E delle leghe, che chiedono il
controllo dell’Ufficio di collocamento sui “trasferimenti” dei
minatori alle aziende d’appalto AcaI, come denuncia L’Unità del 30
luglio 1948.
La ripresa della protesta nel Sulcis coincide ora con le lotte
contro l’aumento del prezzo del pane, della pasta e dei generi di
prima necessità, assemblee dapertutto, come nel resto del Paese,
leggiamo su L’Unità del 7 e del 20 agosto, fino alle ferie estive,
fissate per la metà del mese, che vedono la chiusura dei pozzi a
partire dal giorno 18. E, alla riapertura, nelle fabbriche e nelle
campagne ancora la non collaborazione, “specie ad opera delle
organizzazioni di sinistra”, come tiene a precisare il prefetto,
citato da Giannarita Mele in “Storia della Camera del lavoro di
Cagliari nel Novecento” 2). Grandi scioperi si preparano infatti in
tutti i settori, compreso quello agricolo e dice lo storico Sergio
Turone, a questo proposito, nella sua Storia del Sindacato in
Italia che, così come la non collaborazione avrebbe ridotto
vistosamente la produzione di autovetture alla FIAT, nelle miniere
sarde, “per agitazioni simili, il quantitativo di minerale estratto
calò del 50%”: anche nel Sulcis, lavoro in economia e rifiuto del
cottimo.
Grande manifestazione indetta per il 15 agosto a Carbonia, i salari
ancora scesi durante i mesi estivi per una applicazione artificiosa
e punitiva dei cottimi, di fronte alla non collaborazione, mentre
si impongono le ferie forzate per le maestranze, il carbone
giacendo da tempo invenduto a Sant’Antioco e nei piazzali della
miniera. E, a firma di Pietro Cocco, su L’Unità del 19 agosto, “I
lavoratori di Carbonia in ferie: come fare a trascorrere le ferie,
dicono molti operai, se con i soldi che ho preso alla mano non
riesco a saldare il conto al bottegaio? … I guadagni sono
diminuiti, gli errori sulle buste paga si sono accentuati ed il
tenore di vita del nostro minatore è diminuito enormemente e i
debiti aumentano enormemente… Il bottegaio che vive intorno alla
miniera si trova a disagio, insieme all’artigiano ….mentre, sempre
più di frequente, vengono licenziati operai non più idonei, perché
consumati dalla miniera: i disoccupati aumentano in tutto il
bacino, …. migliaia di licenziamenti ancora da mettere in atto”
E la Carbosarda esaspera gli animi minacciando, per risolvere il
deficit aziendale, l’aumento dei fitti, dell’energia elettrica e
del prezzo del carbone distribuito nelle abitazioni, fino a questo
momento cifre simboliche, quelle richieste ai minatori e,
sostanzialmente integrative del salario mensile, così nell’articolo
ancora a firma di Pietro Cocco su L’Unità del 7 luglio 1948. E gli
fa eco la questura che, in agosto, parla di “crisi economica e
finanziaria della SMCS e del protrarsi della preoccupazione fra gli
operai per una gestione rovinosa dell’azienda”.
“Tutta la Sardegna guarda al Sulcis”, aveva detto Pietro Cocco a
margine del Convegno dell’8 agosto in città, contro i pericoli di
chiusura delle miniere denunciando, insieme, come i dirigenti non
vedessero il problema sociale, quando pensavano di risolvere la
crisi con i licenziamenti di massa. Legare le categorie interessate
allo sviluppo e alla vita delle miniere, creare un organismo che le
rappresenti tutte, contro “l’incuria deplorevole del governo nei
confronti di questo problema sardo”, diviene ora la parola d’ordine
nel Sulcis.