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Alcuni pensieri sul decreto arancione del Tar

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Democrazia Oggi

Tonino Dessì 

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Riterrei opportuno un esame del provvedimento oggettivo, per non farci fuorviare dalla propaganda delle parti del teatrino politico regionale.
Il Presidente del TAR Sardegna ha respinto la domanda cautelare della Regione Sardegna per la riclassificazione della zona assegnata da arancione a gialla.
Non c’è stato, contrariamente a quanto sostenuto precedentemente e tuttora da alcune fonti delle minoranze politiche regionali e da alcune testate di informazione online, alcun ritardo o errore originario della Regione (a differenza che in Lombardia), ma non sono state nemmeno sufficienti, per modificare la classificazione, le successive comunicazioni regionali sulla dinamica pandemica nell’Isola.
Permane peraltro la competenza esclusiva, ancorchè “algoritmica”, centrale, cioè del Governo, in materia.
Una conferma dell’indirizzo giurisprudenziale di allineamento col Governo, ormai abbastanza omogeneo nella giurisprudenza cautelare dei Presidenti dei TAR, rispetto al quale quello per la Sardegna nuovamente non fa eccezione.
Nè Salomone, insomma, ma (forse) alla fin fine nemmeno Pilato.
Cerco sempre di mantenermi su un certo livello di rispetto formale dei provvedimenti delle autorità, specie quando si tratta di autorità giudiziarie.
Però, lo osservo senza troppa malizia, il vero passaggio-chiave del decreto monocratico (https://www.sardiniapost.it/wp-content/uploads/2021/02/decreto-tar.pdf) a me pare questo:
“- la normativa vigente (articolo 1, comma 16-ter, del decreto-legge n. 33 del 2020, convertito in legge 14 luglio 2020, n. 74, che disciplina la c.d. “declassificazione”) prevede una possibile riclassificazione migliorativa quando i parametri risultino positivi in due report consecutivi (e quindi dopo due settimane), con la conseguenza che la Sardegna potrà beneficiare dell’accertato miglioramento dei suoi dati (se confermati nel report successivo), con il passaggio alla inferiore zona gialla, già nella prossima determinazione del Ministero;”.
È un po’ come scrivere: “Ormai, da qui a domenica prossima, quel che è stato è stato, più precauzioni son sempre meglio che meno precauzioni, può essere che da lunedì prossimo vada meglio e tutti contenti”.
La filosofia filogovernativa non è molto diversa (se non per il fatto che allora il medesimo Presidente e poi il collegio sostennero che ormai i dati estivi indicavano un superamento dell’emergenza) dal decreto che ha accolto il ricorso del Governo sull’ordinanza regionale che prescriveva la richiesta della certificazione in ingresso.
Del resto onestamente, in questi tempi di incertezza su tutto, neanche da un giudice si può pretendere troppo.
Torno a suggerire maggiore attenzione sulle discrasie di sistema, più che sui dettagli contingenti.
Al netto delle discussioni noiosissime da causidici e delle polemiche di schieramento, infatti, sarebbe bene cercare di capire dove possa essere il nodo reale del problema.
Dalla lettura del decreto monocratico si evince che alla Regione sarda non viene imputato alcun ritardo nè alcun errore di trasmissione dei dati (la Lombardia li aveva trasmessi sbagliati e grazie alla rettifica dell’errore è passata da rossa ad arancione).
I dati successivamente trasmessi non sarebbero stati a loro volta giudicati tali (interpolati con gli altri dell’algoritmo che presidererebbe alla classificazione), da modificare la decisione governativa, vagliata ex ante ed ex post in “cabina di regia”.
Quindi, vediamo le possibili osservazioni.
- A noi tutti paiono eccessive la collocazione arancione e la sua conferma. Questa opinione sembra largamente diffusa, ma si scontra con “l’algoritmo”.
- Oppure la classificazione è stata ed è rigorosamente giusta. La Regione ne dubitava e ha ricorso. Non avrebbe dovuto farlo, nemmeno per far appurare che, contrariamente a quanto da molti sostenuto, i dati forniti erano corretti, ma che l’evoluzione della situazione poteva giustificare una rettifica, come pure il DPCM che disciplina i criteri di classificazione prevede?
- Alcuni esponenti delle opposizioni ora sostengono che è proprio la metodologia di classificazione, a essere incongrua, che in particolare l’arancione è inutile, perché o si è a rischio e allora va fatto il lockdown come per le zone rosse, oppure non si è a rischio e allora il livello precauzionale non occorre che sia diverso dalle zone gialle.
In che sede se ne può discutere?
E se ne può davvero discutere, considerato che il decreto cautelare del Presidente del TAR sostiene l’automaticità algoritmica delle decisioni ed esclude pertanto che sia stata invece usata (e che sia comunque percorribile neppure per via negoziale) una discrezionalità politica?
Forse è il caso di tirarsi fuori da considerazioni di schieramento e stimolare una riflessione su questi argomenti.
O no?

Fonte: Democrazia Oggi

Il Tar boccia Solinas

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 Red

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Solinas bocciato dal Tar. La Regione ha impugnato l’ordinanza ministeriale del 22 gennaio ed ha chiesto la valutazione di dati successivi. Sennonché - come già abbiamo detto - i provvedimenti amministrativi si assumono sulla base delle risultanze acquisite all’istruttoria, non dei dati successivi. Questa mi pare, in estrema sintesi, la ragione del rigetto. I dati invocati dalla regione potranno formare oiggetto della prossima ordinanza, Quindi tutti allegri e tranquilli, sabato si torna in zona gialla.
Con riserva di tornarcim ecco subito  il decreto del Presidente del Tar con la motivazione.

Pubblicato il 02/02/2021 N. 00025/2021 REG.PROV.CAU. N. 00083/2021 REG.RIC.

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) Il Presidente ha pronunciato il presente DECRETO sul ricorso numero di registro generale 83 del 2021, proposto dalla Regione Sardegna - in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sonia Sau, Mattia Pani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro il Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, il Ministero della Salute, Cabina di regia di cui al D.M. 29.5.2020, in persona del legale rappresentante pro tempore, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri,- Dipartimento della Protezione Civile- Comitato Tecnico scientifico- in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, 2/2/2021 N. 00083/2021 REG.RIC. https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza 2/7 presso i cui uffici in Cagliari, via Dante n. 23, sono domiciliati per legge (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.); per l’annullamento previa sospensione dell’efficacia, - dell’ordinanza del Ministro della Salute del 22 gennaio 2021, recante “Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 per la Regione Sardegna”; - del verbale del 22 gennaio 2021 della Cabina di regia di cui al decreto del Ministro della Salute 29 maggio 2020 in essa richiamato e relativi allegati; - della nota del 22 gennaio 2021 del Comitato tecnico-scientifico di cui all’ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630 in essa richiamato, ove pertinente; - di ogni altro atto presupposto, conseguente o comunque connesso e, in particolare, dell’eventuale provvedimento di proroga o mantenimento della Sardegna in zona arancione anche per la seconda settimana. Visti il ricorso e i relativi allegati; Vista l’istanza di misure cautelari monocratiche proposta dalla Regione ricorrente, ai sensi dell’art. 56 del c.p.a.; Visto il decreto monocratico n. 24 del 31 gennaio 2021 con il quale sono stati chiesti al Ministero della Salute chiarimenti: - sulle ragioni che hanno determinato la permanenza della Regione Sardegna per un’altra settimana in zona arancione, anche nel confronto con i dati riguardanti le altre Regioni; - sui criteri automatici, o con margini di discrezionalità, seguiti per l’assegnazione alle Regioni di una colorazione, anche in sede di aggiornamento (come quello che è stato fatto il 29 gennaio), nonché sulla valutazione (automatica o discrezionale) sul numero dei giorni minimi di valutazione favorevole necessari per il passaggio in una colorazione meno restrittiva; 2/2/2021 N. 00083/2021 REG.RIC. https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza 3/7 - sulle valutazioni eventualmente fatte sui dati trasmessi dalla Regione Sardegna ai fini di ottenere il reinserimento in zona gialla, anche con riferimento all’attivazione dei nuovi posti di terapia intensiva; Vista la memoria depositata in giudizio dall’Avvocatura dello Stato; Vista la successiva memoria depositata in giudizio dalla Regione Sardegna; Considerato che il ricorso, alla luce della documentazione e degli atti depositati, non appare assistito, ad un primo sommario esame tipico della fase cautelare, da sufficienti elementi di fondatezza per i seguenti motivi: - la Regione Sardegna è stata assegnata in zona arancione, con ordinanza del Ministro della Salute in data 22 gennaio 2021, in base alle risultanze delle valutazioni fatte, nella stessa data, dalla Cabina di Regia dedicata al monitoraggio del rischio sanitario e dal Comitato Tecnico Scientifico; - nella fattispecie sono state applicate le nuove disposizioni volte a contrastare il diffondersi dell’epidemia da Covid-19 dettate con il decreto legge 5 gennaio 2021 n. 1, con cui sono stati introdotti nuovi parametri di classificazione delle regioni a maggiore rischio epidemiologico, e con l’art. 1, comma 5, del decreto legge 14 gennaio 2021, n. 2, nonché con il DPCM 14 gennaio 2021 con il quale, sulla base dei parametri introdotti dai citati decreti legge, sono state individuate 4 zone con diverse colorazioni (giallo, arancione, rosso e bianco) con le relative misure per il contenimento dell’epidemia; - in particolare, per quel che qui interessa, è stata prevista l’assegnazione della c.d. “zona arancione”, alle regioni nel cui territorio si manifesta un’incidenza settimanale dei contagi superiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti, che si collocano in uno scenario almeno di “tipo 2” (con riferimento al valore del RT), con un livello di rischio almeno “moderato”, ovvero che si collocano in uno scenario di “tipo 1” e con un livello di rischio “alto”; - la classificazione del rischio del diffondersi dell’epidemia (molto bassa, bassa, moderata, alta, molto alta), è individuata sulla base degli indicatori 2/2/2021 N. 00083/2021 REG.RIC. https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza 4/7 di cui al D.M. 30 aprile 2020, monitorati dalla citata Cabina di Regia di cui al D.M. 29 maggio 2020, che consentono una classificazione settimanale della situazione regionale; - l’applicazione dei nuovi parametri è effettuata mediante uno schema che prevede l’assegnazione del colore in modo automatico sulla base della probabilità e dell’impatto accertati in base ai dati oggetto del rapporto settimanale dell’ISS che, sulla base delle segnalazioni trasmesse, indica il rischio epidemiologico delle regioni in base a diversi indicatori; - la Regione Sardegna è stata assegnata in zona arancione, come si evince dallo schema riportato alla pagina 2 del verbale della riunione della Cabina di Regia del 22 gennaio 2021, perché, sulla base dei suddetti parametri predeterminati, è risultata “alta” la classificazione complessiva del livello di rischio, accertato con i dati dell’incidenza dei casi su 100.000 abitanti (rispettivamente 203,81 e 78,57 nei 14 giorni e nei 7 giorni di rilevazione); con il dato di RT (di 0,95) e con l’indicatore 1 della compatibilità RT sintomi puntuale con gli scenari di trasmissione; - la Regione Sardegna è stata quindi assegnata in zona arancione facendo applicazione dell’art. 2 del citato DPCM secondo cui le misure previste per la “zona arancione” sono applicate alle regioni nel cui territorio si manifesti un’incidenza settimanale dei contagi superiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti e che si collocano in uno scenario di “tipo 1” e con un livello di rischio “alto”; - tali dati e tali parametri, accertati nel previsto periodo di rilevazione, non sono risultati successivamente erronei; - non può condividersi la tesi sostenuta dalla Regione secondo cui la classificazione in zona arancione della Sardegna è stata determinata da una valutazione discrezionale ed immotivata degli organi tecnici dell’Amministrazione posto che tale valutazione è frutto dell’applicazione della suindicata tabella e, per quanto riguarda la classificazione del rischio (che indubbiamente è stata decisiva per l’assegnazione della Sardegna in 2/2/2021 N. 00083/2021 REG.RIC. https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza 5/7 zona arancione), è frutto dell’applicazione di numerosi criteri — per lo più automatici o che comunque sono espressione di discrezionalità tecnica (che non può essere sindacata se non quando manifestamente illogica)– elaborati con un algoritmo, che sono stati scelti per monitorare l’andamento dell’epidemia e riguardano diversi ambiti: la capacità di raccolta dati delle singole regioni, di testare i casi sospetti, la possibilità di garantire adeguate risorse per contact tracing, isolamento e quarantena nonché la tenuta dei servizi sanitari; - in particolare per la Regione Sardegna, nel periodo di rilevazione, erano risultati peggiorati quattro indicatori importanti: la percentuale di occupazione dei posti letto nelle terapie intensive, l’incidenza dei casi attivi ogni 100.000 abitanti, l’andamento dei focolai e la completezza e la velocità di trasmissione dei dati; - la percentuale di occupazione dei posti letto in terapia intensiva, sempre nel periodo di riferimento, era salita al 31%, un punto percentuale sopra la soglia di allerta del 30%, e tale dato solo successivamente è stato migliorato con la discesa sotto la soglia del 30%; - con una probabilità di diffusione moderata e un impatto alto, la classificazione del rischio è stata quindi definita “alta” e la Regione Sardegna è stata pertanto classificata in zona arancione; - nella successiva riunione del 29 gennaio la Cabina di Regia, dopo aver esaminato i nuovi dati del report riguardante il periodo di rilevazione 18/24 gennaio 2021, ha espressamente esaminato la richiesta della Regione Sardegna di ottenere una “nuova classificazione… al fine di alleviare le misure di contenimento attualmente previste” ed ha confermato il “miglioramento della situazione con attuale classificazione a rischio basso con una trasmissibilità compatibile con uno scenario di tipo 1, coerente con un riposizionamento del livello di mitigazione secondo le modalità e i tempi previsti dalla normativa vigente”; 2/2/2021 N. 00083/2021 REG.RIC. https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza 6/7 - la normativa vigente (articolo 1, comma 16-ter, del decreto-legge n. 33 del 2020, convertito in legge 14 luglio 2020, n. 74, che disciplina la c.d. “declassificazione”) prevede una possibile riclassificazione migliorativa quando i parametri risultino positivi in due report consecutivi (e quindi dopo due settimane), con la conseguenza che la Sardegna potrà beneficiare dell’accertato miglioramento dei suoi dati (se confermati nel report successivo), con il passaggio alla inferiore zona gialla, già nella prossima determinazione del Ministero; - tali criteri risulta siano stati applicati anche nei confronti delle altre Regioni che hanno ottenuto una riclassificazione migliorativa (pur avendo nell’ultimo report dati peggiori rispetto alla Sardegna ma con una classificazione migliore considerate le due settimane di rilevazione); - solo nei confronti della Regione Lombardia risulta sia stata effettuata una variazione anticipata perché è stata dimostrata l’erroneità dei dati che erano stati precedentemente trasmessi dalla stessa Regione Lombardia e che avevano determinato la precedente classificazione in zona rossa; Ritenuto che, quanto al danno prospettato, non sussistono i presupposti per la concessione di una misura cautelare monocratica tenuto conto che, nella comparazione degli interessi coinvolti, deve ritenersi prevalente, come ha sostenuto l’Avvocatura dello Stato, la tutela del diritto alla salute; Considerato peraltro che il consolidarsi di dati positivi sulla diffusione epidemiologica, già rilevati dalla Cabina di Regia nella riunione del 29 gennaio 2021, potrebbe portare alla decisione di riportare la Regione Sardegna in zona gialla già nella prossima riunione della Cabina di Regia che dovrebbe tenersi il prossimo venerdì 5 febbraio; Ritenuto, per tutti gli esposti motivi, che la domanda di misure cautelari monocratiche non possa essere accolta.

P.Q.M.

Respinge la domanda di misure cautelari monocratiche proposta dalla ricorrente Regione, ai sensi dell’art. 56 del c.p.a. 2/2/2021 N. 00083/2021 REG.RIC. https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza 7/7 Fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio del 17 febbraio 2021. Il presente decreto sarà eseguito dall’Amministrazione ed è depositato presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti. Così deciso il giorno 2 febbraio 2021.

Il Presidente Dante D’Alessio

Fonte: Democrazia Oggi

RWM. Morte annunciata da deliberati di organismi sovranazionali e alla legge italiana. Si è perso tempo: urge riconversione

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Andrea Pubusa

 

la rwm di domusnovas (archivio l unione sarda)La Rwm di Domusnovas

C’è chi lascia intendere che la esportazione di ordigni nell’Arabia saudita sia una decisione discrezionale  del solo governo. In realtà è imposta dalla legge italiana, da trattati e dalle risoluzioni internazionali. Gli oltransisti pro bombe hanno in passato scartato la “riconversione”, auspicata dai comitati pacifisti, proponendo di far diventare la fabbrica di Domusnovas strategica per l’industria bellica nazionale, indipendentemente dalle esportazioni per il Medio Oriente. Poi hanno favoleggiato e favoleggiano sinistramente di proseguire la produzione di bombe per lo stoccaggio in Italia o in Europa. E così, hanno perso tempo prezioso a tutto danno dei lavoratori e delle loro famiglie, che - a parole - dicono di voler difendere. Ora la RWM annuncia un ricorso al Tar.
Ma sanno costoro di cosa parlano? Hanno contezza del quadro giuridico e politico in cui si muovono?
Ne abbiamo già parlato, ma coi testoni repetita juvant dicevano i saggi d’altri tempo. Riassumiamo. Il ridimensionamento della RWM era largamente prevedibile, poiché la destinazione della produzione (bombe, non caramelle!) è da tempo vietata dalla normazione interna e internazionale. Anzitutto dalla nostra Costituzione (art. 11), della legge italiana 185/1990, che proibisce esportazione e transito di armi “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”, e dal Trattato sul commercio delle armi dell’ONU del 2 aprile 2013 (Arms Trade Treaty – ATT), ratificato dall’Italia come primo Paese UE. Ora, è ben noto, che i dettami della Costituzione imprimono all’ordinamento, al governo nazionale e regionale un indirizzo inderogabile. L’art. 11  pone due enunciati fondamentali: a) il ripudio della guerra come strumento di risoluzione di controversie internazionali o di oppressione di altri popoli; b) la costruzione di un ordinamento internazionale di “pace e giustizia” fra le nazioni, anche a costo di veder limitata di propria sovranità (”a parità di condizioni con gli altri stati”). Sviluppando questo indirizzo, nel luglio 1990, dopo una straordinaria mobilitazione della società civile “Contro i mercanti di morte”, le Camere hanno approvato la legge n. 185/1990 “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento“. La legge, una tra le più restrittive a livello mondiale, introduce precisi limiti: vietato vendere armi a Paesi in stato di conflitto armato, a Paesi la cui politica contrasti col ripudio della guerra sancito dalla nostra Costituzione, a Paesi sotto embargo delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea, a Paesi responsabili di accertate gravi violazioni alle Convenzioni sui diritti umani, a Paesi che, ricevendo aiuti dall’Italia, destinino al proprio bilancio militare risorse superiori alle esigenze di difesa.
C’è di più, care assessore regionali, c’è l’Arms Trade Treaty – ATT, il Trattato sul commercio delle armi, il primo strumento giuridico di portata globale che stabilisce dei criteri per l’autorizzazione (o proibizione) di trasferimenti di armi convenzionali. Adottato dall’Assemblea Generale dell’ONU il 2 aprile 2013, esso è entrato in vigore il 24 dicembre 2014, tre mesi dopo il conseguimento delle 50 ratifiche necessarie e in un processo eccezionalmente rapido. Primo nel suo genere, l’ATT persegue due obiettivi principali: disciplinare o migliorare la regolazione del commercio di armi convenzionali e prevenire / eliminare il traffico illecito delle stesse, al fine di contribuire alla sicurezza internazionale, ridurre sofferenze umane e promuovere l’azione responsabile degli Stati in questo settore. Senza dilungarci sul contenuto del Trattato si rinvia alla lettura delle disposizioni contenute negli articoli 6 e 7, dalle quali si desume il regime delle proibizioni in particolare all’uso per la commissione di atti di genocidio, crimini contro l’umanità o violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949.
L’Italia è stata il primo paese dell’Unione Europea a ratificare l’ATT (settembre 2013), dunque, tutti siamo vincolati!
Ma non basta! Il Parlamento europeo ha approvato una Risoluzione il 4 ottobre 2018 sulla situazione nello Yemen, nella quale si denuncia una grave crisi umanitaria tale da annoverare l’offensiva della coalizione a guida saudita – sulla base di una relazione dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani dell’agosto 2018 fra i crimini di guerra. In particolare – si legge nella Risoluzione - “nel giugno 2018, la coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati arabi uniti (EAU) ha avviato un’offensiva volta a conquistare la città di Hodeida”, che “secondo l’organizzazione Save the Children […] ha causato centinaia di vittime tra i civili”. […] “Il 9 agosto 2018 un attacco aereo sferrato dalla coalizione guidata dai sauditi ha colpito uno scuolabus in un mercato nella provincia settentrionale di Saada, uccidendo varie decine di persone tra cui almeno 40 bambini, la maggior parte dei quali di età inferiore ai 10 anni”. “Due settimane dopo, il 24 agosto, la coalizione guidata dai sauditi ha lanciato un nuovo attacco in cui hanno perso la vita 27 civili, per la maggior parte bambini, che stavano fuggendo dalle violenze nella città assediata di Hodeida, nel sud del paese“; inoltre, “la campagna guidata dai sauditi e gli intensi bombardamenti aerei, compresi gli attacchi indiscriminati in zone densamente popolate, aggravano l’impatto umanitario della guerra; che le leggi di guerra vietano attacchi deliberati e indiscriminati contro i civili e obiettivi civili quali scuole e ospedali“.[…]. “Alla luce delle conclusioni del gruppo di eminenti esperti indipendenti internazionali e regionali, detti attacchi possono costituire crimini di guerra e che le persone che li commettono possono essere per tale motivo perseguite”. […] “Dal marzo 2015 più di 2.500 bambini sono stati uccisi, oltre 3.500 sono stati mutilati o feriti e un numero crescente di minori è stato reclutato dalle forze armate sul campo; che le donne e i bambini risentono in modo particolare delle ostilità in corso; che, secondo l’UNICEF, quasi due milioni di bambini non sono scolarizzati, il che compromette il futuro di un’intera generazione di bambini yemeniti come conseguenza dell’accesso limitato o nullo all’istruzione, rendendo tali bambini vulnerabili al reclutamento militare e alla violenza sessuale e di genere“. Per queste ragioni, prosegue la Risoluzione, “nell’agosto 2018 una relazione dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha concluso che vi sono ragionevoli motivi per ritenere che tutte le parti implicate nel conflitto nello Yemen abbiano commesso crimini di guerra”, giacché vengono utilizzate “armi pesanti in zone edificate e densamente abitate, attaccando anche ospedali e altre strutture non militari“.
“Crimini di guerra”, “crimini contro l’umanità”, roba da tribunali internazionali! Parola non del Comitato per la riconversione, no, no, parola di organismi internazionali. Bastano queste citazioni per ipotizzare nell’esportazione di ordigni alla Arabia saudita, compresi quelli fabbricati a Domusnovas, un concorso nella consumazione di questi crimini.
Cosa si vuole di più per capire che l’idea di continuare a produrre strumenti di morte non porta da nessuna parte? Che altro c’è da sapere per comprendere che i 350 posti di lavoro della fabbrica di Domusnovas verranno irrimediabilmente perduti se non si imbocca rapidamente un’altra strada? Se non si avanza un serio progetto di riconversione? Insistere nella produzione di bombe, inseguendo altre vie, come quella fantasiosa di produrre per stoccare, significa condannare lavoratori ad essere protagonisti di un film drammatico molte volte visto. Il copione? La triste via degli ammortizzatori e la perdita del lavoro.

Fonte: Democrazia Oggi

RWM. Morte annunciata da deliberati di organismi sovranazionali e dalla legge italiana. Si è perso tempo: urge riconversione

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Andrea Pubusa

 

la rwm di domusnovas (archivio l unione sarda)La Rwm di Domusnovas

C’è chi lascia intendere che la esportazione di ordigni nell’Arabia saudita sia una decisione discrezionale  del solo governo. In realtà è imposta dalla legge italiana, da trattati e dalle risoluzioni internazionali. Gli oltransisti pro bombe hanno in passato scartato la “riconversione”, auspicata dai comitati pacifisti, proponendo di far diventare la fabbrica di Domusnovas strategica per l’industria bellica nazionale, indipendentemente dalle esportazioni per il Medio Oriente. Poi hanno favoleggiato e favoleggiano sinistramente di proseguire la produzione di bombe per lo stoccaggio in Italia o in Europa. E così, hanno perso tempo prezioso a tutto danno dei lavoratori e delle loro famiglie, che - a parole - dicono di voler difendere. Ora la RWM annuncia un ricorso al Tar.
Ma sanno costoro di cosa parlano? Hanno contezza del quadro giuridico e politico in cui si muovono?
Ne abbiamo già parlato, ma coi testoni repetita juvant dicevano i saggi d’altri tempo. Riassumiamo. Il ridimensionamento della RWM era largamente prevedibile, poiché la destinazione della produzione (bombe, non caramelle!) è da tempo vietata dalla normazione interna e internazionale. Anzitutto dalla nostra Costituzione (art. 11), della legge italiana 185/1990, che proibisce esportazione e transito di armi “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”, e dal Trattato sul commercio delle armi dell’ONU del 2 aprile 2013 (Arms Trade Treaty – ATT), ratificato dall’Italia come primo Paese UE. Ora, è ben noto, che i dettami della Costituzione imprimono all’ordinamento, al governo nazionale e regionale un indirizzo inderogabile. L’art. 11  pone due enunciati fondamentali: a) il ripudio della guerra come strumento di risoluzione di controversie internazionali o di oppressione di altri popoli; b) la costruzione di un ordinamento internazionale di “pace e giustizia” fra le nazioni, anche a costo di veder limitata di propria sovranità (”a parità di condizioni con gli altri stati”). Sviluppando questo indirizzo, nel luglio 1990, dopo una straordinaria mobilitazione della società civile “Contro i mercanti di morte”, le Camere hanno approvato la legge n. 185/1990 “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento“. La legge, una tra le più restrittive a livello mondiale, introduce precisi limiti: vietato vendere armi a Paesi in stato di conflitto armato, a Paesi la cui politica contrasti col ripudio della guerra sancito dalla nostra Costituzione, a Paesi sotto embargo delle forniture belliche da parte delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea, a Paesi responsabili di accertate gravi violazioni alle Convenzioni sui diritti umani, a Paesi che, ricevendo aiuti dall’Italia, destinino al proprio bilancio militare risorse superiori alle esigenze di difesa.
C’è di più, c’è l’Arms Trade Treaty – ATT, il Trattato sul commercio delle armi, il primo strumento giuridico di portata globale che stabilisce dei criteri per l’autorizzazione (o proibizione) di trasferimenti di armi convenzionali. Adottato dall’Assemblea Generale dell’ONU il 2 aprile 2013, esso è entrato in vigore il 24 dicembre 2014, tre mesi dopo il conseguimento delle 50 ratifiche necessarie e in un processo eccezionalmente rapido. Primo nel suo genere, l’ATT persegue due obiettivi principali: disciplinare o migliorare la regolazione del commercio di armi convenzionali e prevenire / eliminare il traffico illecito delle stesse, al fine di contribuire alla sicurezza internazionale, ridurre sofferenze umane e promuovere l’azione responsabile degli Stati in questo settore. Senza dilungarci sul contenuto del Trattato si rinvia alla lettura delle disposizioni contenute negli articoli 6 e 7, dalle quali si desume il regime delle proibizioni in particolare all’uso per la commissione di atti di genocidio, crimini contro l’umanità o violazioni delle Convenzioni di Ginevra del 1949.
L’Italia è stata il primo paese dell’Unione Europea a ratificare l’ATT (settembre 2013), dunque, tutti siamo vincolati!
Ma non basta! Il Parlamento europeo ha approvato una Risoluzione il 4 ottobre 2018 sulla situazione nello Yemen, nella quale si denuncia una grave crisi umanitaria tale da annoverare l’offensiva della coalizione a guida saudita – sulla base di una relazione dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani dell’agosto 2018 - fra i crimini di guerra. In particolare – si legge nella Risoluzione - “nel giugno 2018, la coalizione guidata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati arabi uniti (EAU) ha avviato un’offensiva volta a conquistare la città di Hodeida”, che “secondo l’organizzazione Save the Children […] ha causato centinaia di vittime tra i civili”. […] “Il 9 agosto 2018 un attacco aereo sferrato dalla coalizione guidata dai sauditi ha colpito uno scuolabus in un mercato nella provincia settentrionale di Saada, uccidendo varie decine di persone tra cui almeno 40 bambini, la maggior parte dei quali di età inferiore ai 10 anni”. “Due settimane dopo, il 24 agosto, la coalizione guidata dai sauditi ha lanciato un nuovo attacco in cui hanno perso la vita 27 civili, per la maggior parte bambini, che stavano fuggendo dalle violenze nella città assediata di Hodeida, nel sud del paese“; inoltre, “la campagna guidata dai sauditi e gli intensi bombardamenti aerei, compresi gli attacchi indiscriminati in zone densamente popolate, aggravano l’impatto umanitario della guerra; che le leggi di guerra vietano attacchi deliberati e indiscriminati contro i civili e obiettivi civili quali scuole e ospedali“.[…]. “Alla luce delle conclusioni del gruppo di eminenti esperti indipendenti internazionali e regionali, detti attacchi possono costituire crimini di guerra e che le persone che li commettono possono essere per tale motivo perseguite”. […] “Dal marzo 2015 più di 2.500 bambini sono stati uccisi, oltre 3.500 sono stati mutilati o feriti e un numero crescente di minori è stato reclutato dalle forze armate sul campo; che le donne e i bambini risentono in modo particolare delle ostilità in corso; che, secondo l’UNICEF, quasi due milioni di bambini non sono scolarizzati, il che compromette il futuro di un’intera generazione di bambini yemeniti come conseguenza dell’accesso limitato o nullo all’istruzione, rendendo tali bambini vulnerabili al reclutamento militare e alla violenza sessuale e di genere“. Per queste ragioni, prosegue la Risoluzione, “nell’agosto 2018 una relazione dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha concluso che vi sono ragionevoli motivi per ritenere che tutte le parti implicate nel conflitto nello Yemen abbiano commesso crimini di guerra”, giacché vengono utilizzate “armi pesanti in zone edificate e densamente abitate, attaccando anche ospedali e altre strutture non militari“.
“Crimini di guerra”, “crimini contro l’umanità”, roba da tribunali internazionali! Parola non del Comitato per la riconversione, no, no, parola di organismi internazionali. Bastano queste citazioni per ipotizzare nell’esportazione di ordigni alla Arabia saudita, compresi quelli fabbricati a Domusnovas, un concorso nella consumazione di questi crimini.
Cosa si vuole di più per capire che l’idea di continuare a produrre strumenti di morte non porta da nessuna parte? Che altro c’è da sapere per comprendere che i 350 posti di lavoro della fabbrica di Domusnovas verranno irrimediabilmente perduti se non si imbocca rapidamente un’altra strada? Se non si avanza un serio progetto di riconversione? Insistere nella produzione di bombe, inseguendo altre vie, come quella fantasiosa di produrre per stoccare, significa condannare lavoratori ad essere protagonisti di un film drammatico molte volte visto. Il copione? La triste via degli ammortizzatori e la perdita del lavoro.

Fonte: Democrazia Oggi

Solinas si rivolge al Tar, non fa solo propaganda: uno spiraglio c’è

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Amsicora

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 In bidda li chiamavano  scherzosamente “molentis” i ragazzi poco applicati negli studi, o anche “croccoiga“, zucca vuota, “scroccoigau” significava bocciato. Ora, sarà un fine politico, ma certo come studente il capo dell’esecutivo sardo (e, ahinoi! anche quello dell’opposizione!) era svogliato, poco applicato. Meno male che ha un ufficio legale di valore, fosse per lui rimarrebbe in arancione per sempre!
Il nostro tanto è enfatico quanto vuoto: - “Difendiamo i legittimi interessi e i diritti della Sardegna contro un provvedimento immotivato, che danneggia gravemente il nostro tessuto economico e produttivo affliggendo la Sardegna con un nuovo insopportabile atto di prevaricazione.” Il Presidente della Regione accompagna con un duro commento politico il deposito del ricorso al Tar Sardegna, contro il provvedimento con il quale oggi il Ministro della Salute ha confermato la qualificazione della Sardegna come “zona arancione”. “Dietro questi colori, ricorda il Presidente, ci sono persone, attività economiche e produttive. Oggi tutti gli indicatori consentono di mantenere la Sardegna in zona gialla, permettendo al nostro sistema economico e produttivo, già duramente provato dal perdurare della pandemia, di continuare il proprio lavoro. Tuteliamo dunque le ragioni e i diritti della Sardegna“.
Cosa afferma Solinas? Dice che l’ordinanza del ministro appare immotivata. Ma lo sa cosa vuol dire motivazione? E’ la spiegazzione del provvedimento alla luce delle risultanze dell’istruttoria. Ora, se - come pare - i dati trasmessi dalla Regione sono giunti tardivamente al Ministero, che può fare il governo se li immagina? O, peggio, se li inventa? Dice il nostro: “sono stati attivati numerosi nuovi posti in terapia intensiva e l’indicatore RT non è mai stato tale da giustificare la collocazione in arancione“. Ma se al governo questo non risultava e non cconstava la mancanza di sovraccarico dei servizi assistenziali, che cosa si può censurare dell’azione dell’esecutivo nazionale? Il prima e il poi nella vita è spesso decisivo e lo è anche nel diritto amministrativo. Se l’ultimo rapporto Gimbe, pubblicato dopo l’ordinanza governativa, conferma una situazione pienamente sotto controllo e in continuo miglioramento, come può incidere su una decisione presa prima. Semmai può valere, e fa ben sperare, per il domani. Se Solinas fosse stato un normale studente di giurisprudenza, avrebbe saputo che si impugnano i provvedimenti “fatti“, non quelli da fare. E il provvedimento è “fatto”, costruito sulla base dei dati esistenti prima e immessi nell’istruttoria prima. Se la Regione non lo ha fatto con chi deve prendersela? Con se stessa, amici miei, con se stessa e basta.
Si può chiedere anche all’amministrazione di provvedere e ricorrere al Tar se non lo fa, se rimane inerte. Ma questa azione non riguarda il provvedimento adottato, ha ad oggetto l’obbligo dell’autorità di assumere un atto, sulla base dei dati esistenti, e questa non lo fa.
Il Ministro della Salute avrebbe potuto concretamente esprimersi diversamente? Sulla base dei dati offerti dalla Regione e presi in considerazione pare di no. Ma la Regione solleva un altra questione più interessante: dice di avere chiesto, con spirito di leale collaborazione, la modifica del provvedimento, in ragione dei presupposti sopravvenuti. E così invoca l’art. 2, comma 3, del D.P.C.M. 14.1.2021, che attribuisce al Ministro della Salute il compito di aggiornare l’ordinanza adottata, a seguito di verifica settimanale del permanere dei presupposti che ne hanno giustificato l’adozione. Il Ministro - lamenta Solinas - non ha ritenuto di provvedere in tal senso e,  dopo ore di discussione con gli organi tecnici, ha deciso di tenere la Sardegna in zona arancione. La censura di Solinas non è, dunque, centrata sul provvedimento del 22 gennaio, ma su quello del 29, che omette di reinserire la Sardegna in zona gialla. Qui le possibilità di successo sono buone e lo lascia intendere anche il decreto  del Presidente del Tar quando chiede all’avvocatura dello Stato di depositare i dati in base ai quali il 29 non ha modificato la inclusione in fascia arancione dell’Isola. Il Presidente del Tar chiede i dati e chiede anche delucidazioni sull’applicazione automatica o discrezionale dei parametri. Sembra di capire che, se la prospettazione della Regione risulta confermata da questi dati, il Tar sia propenso ad accogliere il ricorso. Speriamo sia così. Per ora siamo nel campo delle ipotesi. Si potrà dire di più quando si conoscerà la relazione richiesta dal presidente del Tar all’avvocatura dello Stato. Certo vedere la Lombardia in giallo e la Sardegna arancione sembra un non senso, una bizzarria.

Fonte: Democrazia Oggi

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