Gianna Lai
Oggi nucleo tassello domenicale nella storia di Carbonia dal 1° settembre 2019[1].
18 luglio 1948, Scelba
ordina ai prefetti di agire contro i dirigenti dello sciopero.
Inizia così una serie di arresti di sindacalisti, quadri del PCI ed
ex partigiani: “In tutta Italia, negli scontri del 14-15-16 luglio,
un primo approssimativo bilancio delle vittime faceva registrare 20
morti e 600 feriti”, dice Giovanni De Luna nel suo “La Repubblica
inquieta”, a conclusione del discorso su quei giorni del 1948. E
intanto la rottura dell’unità sindacale acuisce lo scontro fra
destra e sinistra e alimenta l’azione violenta contro i movimenti
di massa: dice Giorgio Candeloro che “la conseguenza per il partito
comunista, derivata dalla grande protesta popolare del 14 luglio,
fu il forte aggravamento della repressione contro di esso, da tempo
iniziata da Scelba”. Gli fa eco la prof. Giannarita Mele, “la DC è
diventata sul campo, non solo nei seggi, il partito di governo, il
partito dell’ordine: in questo orizzonte si spiega la repressione
che colpisce i dirigenti e gli attivisti comunisti della CGIL”,
riferendosi la studiosa, in particolare, alla Sardegna 1). E a
Carbonia, le miniere chiuse per le ferie estive, onde impedire
reazioni immediate nei cantieri, 12 arresti in città e decine di
fermi, nella notte tra il 27 e l’alba del 28 agosto, per i
disordini seguiti all’attentato a Togliatti. Proprio mentre
prosegue l’attività del sindacato e delle sinistre sul fronte della
difesa delle miniere e proprio durante i lavori della Consulta
regionale sui problemi del Sulcis, che si stavano svolgendo alla
presenza di sindacalisti e dirigenti politici di Carbonia, alla
presenza dei consultori e dei parlamentari sardi.
Secondo metodi già sperimentati, i “celerini di Scelba” irrompono
dalle autoblindo, dalle jeep e dalle camionette armati di mitra, e
circondando l’abitato nel cuore della notte: di notte mentre la
gente dorme, la città in stato d’assedio, essi fanno irruzione con
grande strepito nelle case popolari del centro e della periferia.
Una forza pubblica agguerrita e antioperaia, già sperimentata da
Scelba fin subito dopo l’allontanamento dalla polizia degli ex
partigiani comunisti, che a Carbonia, per evitare possibili
fraternizzazioni, è composta sopratutto di giovani provenienti
dalla Penisola. Al servizio di questori e commissari esecutori
fedeli, anche nella estrema periferia del Paese, delle nuove
politiche repressive seguite alla fine dei governi di unità
nazionale. Protagonista in città, il commissario Pirrone, già
questore repubblichino di Salò, condannato ed amnistiato dopo 24
mesi di carcere, per essere poi immesso nei quadri della pubblica
sicurezza da Scelba e inviato nel Sulcis fin dai primi mesi del
‘48.
Dice la prof. Di Felice, il 28 agosto, a Carbonia, “in un clima
intimidatorio ed estremamente violento, un importante dispiegamento
di forze dell’ordine organizzò un vero e proprio rastrellamento già
prima dell’alba, che portò all’arresto di 12 persone tra dirigenti
sindacali ed esponenti del PCI, accusati di essere promotori dello
sciopero di luglio” 2). Complessivamente 38 mandati di cattura
all’alba del 28 agosto, 83 le persone incriminate in città, le loro
case perquisite con particolare durezza. Dirigenti sindacali e dei
partiti della sinistra, quali Vincenzo Pirastru, segretario
comunista della sezione Stalin e Piloni, dirigente già segretario
della sezione del PSI. E poi Salis assessore comunista, Giganti del
direttivo della Lenin, segretario del sindaco e futuro sindaco
della città, e Matta segretario della sezione di via della Vittoria
e Francesco Milia dirigente lussiano del Psd’AZS. E poi Silvio
Lecca, impiegato SMCS, segretario del Psd’ASZ e dirigente della
Camera del lavoro cittadina, arrestato nei giorni immediatamente
successivi, dopo essere stato portato a Cagliari da Lussu in luogo
sicuro. E Suella comunista e Bianciardi, Pelessoni, Aste, Rattu,
Barboni, insieme a tanti altri militanti e membri delle commissioni
interne, accusati di devastazione saccheggio, furto, incendio, i
famosi “delitti comuni” di cui parlava il prefetto, e istigazione a
delinquere e partecipazione a adunata sediziosa.
Così L’Unità della Sardegna, il 29 agosto del 1948, nella cronaca
di Tonino Perria: dopo i fermi dei giorni precedenti, i minatori in
ferie dal 15 agosto, la notte del 27, “rastrellamenti contro
dirigenti sindacali e lavoratori, secondo i sistemi delle SS”. Ed
ancora, “Inaudita violenza degli arresti e delle persecuzioni, 12
dirigenti sindacali e comunisti arrestati e portati via in piena
notte …. Già si minacciavano arresti, dopo gli scioperi del 14, 15
e 16 luglio: nel tardo pomeriggio del 27 ingenti forze di polizia
giungevano a Carbonia per attuare, durante la stessa notte,
l’azione brutale. Il maresciallo Dessì fa irruzione in casa del
sindaco Renato Mistroni e del segretario della Camera del lavoro
Antonio Selliti poi, con i mitra spianati, in casa di G. Salis
assessore comunale, arrestandolo. Allo stesso modo arrestato il
segretario della sezione Stalin, Vincenzo Pirastru, e l’avvocato
Giganti, segretario del sindaco e dipendente comunale, e il
comunista Matta. I rastrellamenti sono durati 2 ore circa, 12 i
dirigenti sindacali complessivamente arrestati, tra cui una donna.
E poi di nuovo, alle quattro del mattino in casa di Mistroni, non
avendolo trovato nel primo rastrellamento, seconda violenta
perquisizione e fermo del custode Usai, sottoposto subito a
interrogatorio. Un’azione compiuta dal battaglione mobile dei
carabinieri affiancati da due plotoni speciali corazzati, con 8
autoblindo e 250 poliziotti, al comando di un colonnello, di un
tenente colonnello e di un maggiore dei carabinieri”.
Ma i primi della lista sono il sindaco Renato Mistroni e il
segretario della Camera del lavoro Antonio Selliti, i quali
riescono ad allontanarsi dalla città poco prima della retata, così
gravi quei capi di imputazione, cui avrebbero potuto seguire
lunghissimi anni di carcere.
Privare la classe operaia dei suoi esponenti più significativi,
questa la politica del governo De Gasperi in tutta Italia, e
Carbonia non fa eccezione. Certo aveva un significato particolare,
in città, la presenza del commissario di pubblica sicurezza
Pirrone, questore di Sondrio nella Repubblica di Salò: “Egli era
stato mandato in città, sostiene Mistroni, con l’obiettivo preciso
di stroncare l’organizzazione forte dei socialcomunisti che, nelle
elezioni del 18 aprile, avevano perso in tutta Italia, ma non a
Carbonia. Ed è a partire dalla cessazione dello sciopero di
protesta contro l’attentato a Togliatti, e fino agli arresti del 28
agosto, ma poi ancora fino al processo di Oristano celebrato nel
‘49, che l’obiettivo di Pirrone resta ancora quello di provocare
una radicalizzazione dello scontro per l’inaudita violenza degli
interventi, uso di gas e manganelli anche nelle manifestazioni in
cui son presenti donne e bambini, autoblindo dapertutto. Al punto
che, ricorda ancora Renato Mistroni, dopo alcuni altri episodi di
aggressione poliziesca, i nostri comizi si sarebbero svolti non in
piazza, ma solo in luoghi aperti al pubblico, in particolare presso
il dopolavoro n°4: un centinaio complessivamente di arresti e di
fermi, tra la fine di luglio e la fine di agosto, sindacalisti,
membri di Commissione interna, dirigenti di partito, solo alcuni
revocati subito dopo”.
E dice ancora Mistroni, parlando della fuga sua e di Selliti,
segretario della Camera del lavoro di Carbonia dopo l’arresto del
suo predecessore, avvocato Giardina, come lui per primo avesse dato
l’allarme in città. “Io misi in allarme i compagni sui possibili
arresti nel Sulcis, in particolare Giganti del direttivo della
Lenin e Matta della sezione di via della Vittoria, ma tutti
sottovalutarono i miei avvertimenti: tra gli arresti della fine di
luglio e quelli di agosto, decapitato l’intero gruppo dirigente. E
quando io e Selliti dovemmo allontanarci da Carbonia, sparirono
anche i nostri carteggi, su cui erano appuntati nomi e incarichi di
tutti i dirigenti, onde non arrecare danno ai militanti rimasti a
lavorare in città: i compagni di Carloforte ci nascosero
nell’isola, dentro una grotta poi, imbarcati verso Portopaglia, ci
trattenemmo qualche giorno ad Arbus, fino a quando Velio Spano non
ci portò a Cagliari, in luogo sicuro, presso il deposito di
Calamosca, dove stemmo per 40 giorni. Il 10 ottobre abbandonammo la
Sardegna, trattenendoci ancora in Italia sotto falso nome per due
anni, poi espatriammo dopo la sentenza del Tribunale di
Oristano”.
E conclude il discorso Renato Mistroni, ricordando come Velio
Spano, durante i suoi comizi pubblici, provocatoriamente solesse
rivolgersi a Pirrone, sempre in forze nella piazza antistante il
luogo della riunione, “non arresterete il sindaco di Carbonia
Renato Mistroni, e il segretario della Camera del lavoro Selliti,
vi sfido a trovarli, ben protetti come sono, lontano da questa
città”. Vera garanzia, per i militanti comunisti, la presenza di un
partito che sa prendersi cura dei suoi iscritti e dei suoi
dirigenti, che cerca in ogni modo di metterli al riparo dalla
violenza della forza pubblica ai tempi di Scelba. Questa la sintesi
contenuta nel sottotitolo di un mio articolo, pubblicato su
L’Unione Sarda del 14 luglio 1988, a ricordare quei fatti,
“Quarant’anni fa l’attentato al leader comunista. Carbonia pagò a
caro prezzo le giornate di sdegno popolare. I disordini avvenuti in
occasione dello sciopero portarono all’arresto e poi a pesanti
condanne di decine di operai. Così il governo De Gasperi riuscì a
privare il movimento sulcitano dei migliori quadri politici e
sindacali”.