Alfiero Grandi
La guerra in Ucraina sta modificando orientamenti, spinge a
scelte dolorose, alimenta derive estreme, influisce negativamente
su scenari che erano già preoccupanti: pandemia, costi energia,
aumento prezzi, difficoltà occupazione, sviluppo incerto e sua
qualità in arretramento. Il coordinamento mondiale della lotta al
cambiamento climatico rischia di essere la prima vittima delle
conseguenze politiche dell’aggressione russa all’Ucraina.
La guerra ha esaltato i fattori negativi, la corsa al riarmo ne è
la prova, e depresso quelli positivi, a partire dalle speranze di
creare un futuro migliore.
Non c’è da sorprendersi se Confindustria fa una previsione da
brivido sul futuro economico del nostro paese. La questione non è
la precisione della previsione ma la tendenza di fondo, uno zero
virgola in più o in meno non cambia granché. Questo si riverbera
sui rapporti politici e crea ulteriori difficoltà in un quadro
politico non esaltante e sull’azione di un governo non privo di
affanno. C’è chi ha voluto i referendum sulla giustizia, tra cui
svetta una rancorosa ripicca per abolire la legge Severino – che ha
portato alla decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore – e
che ora, dopo averli promossi attraverso le regioni a maggioranza
di destra, sembra meno sicuro di riuscire ad arrivare al risultato
sperato di mettere la magistratura sul banco degli accusati e di
renderla meno autonoma dal potere politico.
C’è chi si allinea alle posizioni estreme di Biden sull’aggressione
russa all’Ucraina, le quali sembrano dimenticare che occorre
puntare sulla fine del conflitto e sulla trattativa di pace,
finendo invece con l’incoraggiare Zelensky a rilanciare con un
“vinceremo la guerra”. Questa linea dimentica che è l’Europa
(compresa l’Italia) a pagare il prezzo maggiore delle sanzioni, per
questo non si capisce perché fare i primi della classe
nell’adozione di sanzioni che avranno effetti anzitutto su chi le
adotta e perfino a correre il rischio più grosso se il conflitto
dovesse finire per deragliare verso uno scontro diretto
Nato/Russia. Gli Usa dovrebbero impegnarsi allo spasimo per una
tregua immediata e per una soluzione pacifica e concordata del
contenzioso tra Russia e Ucraina, perché è chiaro che una soluzione
del conflitto richiede un ruolo positivo delle grandi potenze, Usa
compresi, anzitutto nella sede internazionale deputata: l’ONU.
C’è chi tenta di ribaltare i sondaggi sognando precedenti risultati
elettorali che non torneranno, tentando di tornare a crescere nei
consensi elettorali a spese di una chiara alternativa di governo da
presentare nelle prossime elezioni politiche. Infatti le prossime
elezioni politiche hanno bisogno della presenza di alternative che
si confrontano, mentre così si rischia di incoraggiare una destra
divisa e litigiosa su tutto a rimettersi insieme solo per vincere
le elezioni, e forse a farcela senza merito.
Anche il governo ne risente.
Nelle dichiarazioni si afferma l’esigenza di accelerare il più
possibile verso le rinnovabili per liberarsi dalla sudditanza
energetica fossile (il Corriere ha parlato di 40 GW di investimenti
pronti in attesa di un semaforo verde che non arriva) ma nei fatti
tempo e risorse sono rivolte a fare una colletta di gas nel mondo,
a costi proibitivi. Se tutto deve cambiare e in fretta occorre
guidare il cambiamento con mano ferma, facendo i conti, elaborando
piani di sviluppo dei settori innovativi per reggere la caduta di
occupazione e di ricchezza dei settori destinati al
ridimensionamento occupazionale. Per questo occorre discutere con
imprese e sindacati per predisporre i piani e le misure necessarie.
Potrebbe essere utile, ad esempio, ripristinare il Ministero del
bilancio e della programmazione, oggi ridotto ad un dipartimento
della presidenza del Consiglio. Qualcuno ricorda La Malfa,
Pieraccini, ecc.?
I prezzi sono da tempo in tensione al rialzo, ne è stata
sottovalutata la crescita, definita frettolosamente temporanea, ma
nel frattempo la pressione inflazionistica è penetrata in
profondità nell’economia e nella società e sta diventando un
fenomeno che si autoalimenta con le aspettative di una sua crescita
e le speculazioni aggiungono altro carburante, ad esempio i futures
su gas e petrolio hanno avuto – come sempre – un ruolo enorme di
avveramento delle peggiori previsioni.
Sarebbe necessario far corrispondere ad un’economia che viene
definita, forse con enfasi, di guerra un controllo dei prezzi di
pari forza, invece si continua a pensare che sarà il mercato a
offrire le soluzioni del problema (quando la “mandria” impazzisce
può succedere di tutto) e si interviene ex post con interventi
pubblici costosi, tardivi e insufficienti. Parlare di prezzi
amministrati e sorvegliati, o qualcosa del genere, può sembrare
un’eresia ad orecchie liberiste, ma di questo passo torneremo
all’inflazione a due cifre, in presenza di un’economia che tende
verso la recessione e quindi di un bilancio pubblico che non sarà
in grado di trovare le risorse necessarie per intervenire, se non
aumentando il debito.
La stagflazione è una trappola economica e sociale devastante per
le fasce più deboli della popolazione.
In effetti la previsione di 60 miliardi in più di costo
dell’energia nel 2022 corrispondono a una parte importante
dell’intervento a fondo perduto che dovremmo ricevere dall’Europa
nell’ambito del Next Generation EU. L’impressione è che la
direzione del governo sia incerta, timida, poco efficace, mentre
dovrebbe chiamare le forze sociali a discutere insieme delle
scelte, sia le imprese, che i sindacati e i rappresentanti delle
istanze ambientaliste, senza il timore di introdurre spostamenti di
finalizzazione delle risorse nel bilancio. Del resto se cambiano le
priorità e si discute di un aumento delle spese militari, di cui
prima non c’era traccia, occorre ricollocare parte delle risorse
sugli obiettivi strategici. Il ministro del Tesoro Franco a
Cernobbio ha detto che non si può ridiscutere tutto il PNRR. Bene,
ma tra il tutto e il nulla ci sono molte possibilità intermedie per
concentrare l’uso delle risorse.
L’impressione è che la spinta propulsiva iniziale del governo sia
rallentata e con questo vengono allo scoperto le furbizie e le
insufficienze dei partiti grandi e di quelli piccoli, dediti a
posizionarsi per lucrare una crescita nei sondaggi. Sondaggi che
sono sostanzialmente stabili da tempo, i due partiti di testa sono
più o meno alla pari e nello stesso tempo fermi, quelli che stanno
scendendo nei sondaggi sono nervosi e incoerenti ma continuano a
scendere, i piccoli si ripartiscono modesti incrementi dello zero
virgola che non spostano la sostanza dei loro ruoli.
Quando un paese come il nostro è nell’impasse, in una sorta di
stagflazione politica, è necessario sbloccare la situazione
ripartendo da una cura che Paolo Baffi, all’epoca governatore della
Banca d’Italia, prescrisse molti anni fa per la lira: il valore
della lira doveva corrispondere alla forza reale, inutile svenarsi
per difendere bolle artificiali.
Anche i partiti politici debbono ripartire dal loro valore reale,
altrimenti si danneggeranno a vicenda. Dal valore reale di ogni
rappresentanza può ripartire la costruzione di una coalizione di
governo non posticcia, non al di sopra del valore reale di
rappresentanza.
Per questo occorre una nuova legge elettorale che consenta a tutti
di misurarsi con gli elettori, di spiegare perché chiedono il loro
voto e affidando agli elettori il compito di scegliere non solo i
partiti ma anche le persone da eleggere in parlamento perché godono
della loro fiducia. Cercando così di iniziare il superamento del
rapporto slabbrato oggi esistente tra eletti ed elettori, anzitutto
attraverso una legge elettorale che non regala e non toglie. Anche
perché per molti aspetti la prossima legislatura avrà aspetti
costituenti, cioè dovrà decidere scelte difficili, non
rinviabili.
Proporzionale e scelta degli eletti da parte degli elettori sono un
binomio senza alternativa.
Altrimenti continueremo ad avere partiti che si comportano come
nobili decaduti che non possono permettersi il precedente tenore di
vita o partiti che pur di crescere sono pronti a dichiarare
incompatibilità preconcette con altri del tutto immotivate. Se vuoi
governare devi costruire una maggioranza, che non deve essere né un
obbligo né un ripiego, ma una sintesi di scelte indispensabili e
necessarie, altrimenti la discesa sarà inevitabile verso una
società più ingiusta, sempre più duale ed escludente, nervosa e
bellicista.
Papa Francesco ha ragione, i soldi per la armi si trovano sempre,
per altre scelte no.
In gioco ci sono scelte di fondo e le prossime elezioni debbono
cercare di creare le condizioni per farle, per dare un futuro al
nostro paese, nell’ambito dell’Europa.