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Decimomannu migliaia in marcia per la pace in Ucraina

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By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

← UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni?[1]

9 Aprile 2022
Nessun commento[2]


Red

 

 

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Manifestanti decisamente fuoti dal coro: “Di fronte al perdurare della guerra e all’attuale clima di grave tensione internazionale esprimiamo la nostra contrarietà assoluta alle operazioni belliche e all’uso delle armi fra i popoli e chiediamo l’immediata cessazione dei bombardamenti”.
Corteo macifista e pacifico, con tanto cartelli, striscioni, slogams e cori, infondati i timori, inutile e ingiustificato l’imponente schieramento di forze dell’ordine. “Non vogliamo che sul suolo sardo vengano prodotti micidiali ordigni che vengono poi usati per massacrare le popolazioni civili qua e là nel mondo. Accogliamo i profughi e le profughe che vengono dall’Ucraina come fratelli e sorelle e allo stesso modo accogliamo chi fugge da ogni guerra, senza distinzioni. Esprimiamo solidarietà e aiuto a chi in Russia e in Ucraina lotta per la pace e si rifiuta di partecipare a questo massacro e per questo subisce la repressione dei rispettivi regimi. Come loro anche noi rifiutiamo qualunque arruolamento e partecipazione alla guerra”.
“La guerra parte da qui”, gridano i manifestanti di fronte all’aeroporto militare di Decimomannu, ex base Nato, che il coordinamento provinciale di Cagliari Prepariamo la Pace A Foras-Contra a s’ocupatzione militare de sa Sardigna ha scelto come destinazione finale di una marcia partita dalla stazione ferroviaria, con gente arrivata da diversi paesi e molti giovani. Nessuno meglio dei sardi capisce gli orrori delle guerre, sempre subite e mai promosse dagli abitanti dell’isola.

 

La manifestazione (L'Unione Sarda - Tellini)

 

 

 

 

References

  1. ^UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni? (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni?

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By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

← Amica Ucraina, sed magis amica veritas[1]

UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni?

9 Aprile 2022
Nessun commento[2]


Andrea Pubusa

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Chi non sente un impulso istintivo a far qualcosa di fronte agli esiti tragici della guerra in Ucraina? Chi non s’indigna di fronte ai massacri quotidiani? Certo la Von der Leyen e’ stata mossa da questi sentimenti quando ha deciso di recarsi a Kiev, ma questo schierarsi della UE con l’Ucraina aiuta la pace? Chi lavora a una vittoria di Zelensky su Putin lo pensa e plaude. E tuttavia si puo’ pensare che se la Von der Leyen fosse andata anche  Mosca a proporsi come mediatrice fra le parti, avrebbe aiutato di piu’, anzitutto l’Ucraina e la pace?
E’ tutta la politica della UE ad essere debole sia nei rapporti con gli Usa sia in quelli con la Russia e l’Ucraina. Non riesce a convincere quest’ultima a entrare nella UE e non nella Nato, e non riesce a convincerre Zelensky che per il Donbass e dintorni ci vuole uno statuto speciale di autonomia garantito da un trsttsto internazionale.
Accantonata quests prospettiva, tutto precipita ed oggi addirittura si parla con disinvoltura di una possibilita’ di guerra atomica, della quale fino a poco tempo fa era vietato persino il pensiero. Una deriva folle, come dice Francesco.
L’Italia in questo contesto e’ una misera comparsa. Si accoda al diktat dell’invio di armi, anziche’ buttare sul tavolo la linea della trattativa. Trattativa con al primo posto il ritiro della Russia dall’Ucraina, dando a quell’area un assetto stabile e condiviso, garantito dalle organizzazioni internazionali.
Questa e’ una resa o una ragionevole difesa del popolo ucraino oggi sotto tiro?
Finora la linea muscolare ha prodotto morti e stragi e ne procurera’ altre anche peggiori; perche’ non provare la linea del confronto? L’UE perche’ non lancia l’idea di una grande  conferenza di pace? E lavora con tenacia per farla? Perché invece impegna le sue energie per elaborare sanzioni complicate che, in fondo, puniscono noi stessi e affamano le nostre fasce sociali più deboli? Che senso ha privarsi del gas russo che arricchisce anche noi e la stessa Ucraina? Messe in ginocchio le imprese e ridotte alla fame le masse popolari che sorte avrà il nostro Paese e come finiranno i governi europei? Si vedono crescere, perfino in Francia, pericolosi umori elettorali di destra. Baiden rilancia l’invio massiccio di armi. Aiuta la pace? Vogliamo seguire questa linea? Con quale utilità?

References

  1. ^Amica Ucraina, sed magis amica veritas (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Ripudio della guerra e Costituzione. Dibattito con Umberto Allegretti

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By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

← MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 - Decimomannu[1]

7 Aprile 2022
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Ripudio della guerra e Costituzione
Caffè politico, venerdì 8 aprile ore 18.00, via Piceno 5 , Cagliari
con il costituzionalista Umberto Allegretti.
Condurrà la discussione Rosamaria Maggio, docente di discipline giuridiche.
Si può partecipare in presenza oppure online sulla piattaforma zoom

L’evento sarà trasmesso in diretta e in differita sul canale Youtube della Scuola.
Per partecipare occorre inviare una mail a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.[3]

Quali sono i limiti imposti dalla nostra Costituzione all’uso della forza nei rapporti con gli altri Paesi?
Il ripudio della guerra e il significato che i Costituenti hanno voluto dare a questo termine è argomento che ci coinvolge e ci spinge ad analizzare e discutere.
Ci chiediamo come e quanto l’Italia, in virtù della sua partecipazione a istituzioni internazionali, possa essere coinvolta in conflitti bellici e in quali casi.
Ne parleremo con il costituzionalista Umberto Allegretti.
Condurrà la discussione Rosamaria Maggio, docente di discipline giuridiche

Puoi condividere con i tuoi gruppi, i tuoi amici, …..
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SCUOLA DI CULTURA POLITICA FRANCESCO COCCO Cagliari
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References

  1. ^MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 - Decimomannu (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)
  3. ^Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Amica Ucraina, sed magis amica veritas

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By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

Mario Dogliani

 

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Daniel Chester French, La Verità, gesso, h. 148.6 cm, 1900, particolare. Art Institute of Chicago.

 

 

Sta girando molto in rete questo contributo dall’amico Mario Dogliani, autorevole costituzionalista torinese, per molti anni docente nella Facoltà di Giurisprudenza di Cagliari. Lo riproduciamo anche noi perché induce ad una riflessione più profonda su quanto sta accadendo e sulle possibili conseguenze.

 

Articolo pubblicato su “Costituzionalismo.it[1]” il 17.03.2022.

Data la situazione tragica che spegne o violenta migliaia di vite in Ucraina, e che invade le nostre coscienze, sembrerebbe – di fronte alle sofferenze e alle morti – che non si debba far altro che contemplare la tragedia stessa, in un moto di empatia. Ma non è così. Sarebbe un tradimento perché è più che mai urgente cercare di chiarire quali comportamenti politici potrebbero al più presto arrestarla. Occorre cercare di mantenere la mente lucida per contribuire alla ricerca di soluzioni.

Mantenere la mente lucida è però difficile. Per due motivi. Il primo è che la montagna di immagini e il coacervo di commenti d’ogni genere – militari, geopolitici, storici, morali, religiosi, economici – che ogni giorno viene prodotta non aiuta affatto questa ricerca. Bene ha scritto Nadia Urbinati: i media spettacolarizzano facili dualismi e poco informano: «L’approccio monotematico tende ad estremizzare. Crea un ambiente retorico che non lascia (non deve lasciare) spazio al dubbio; che non favorisce un’analisi degli eventi, ma solo reazioni emotive a quegli eventi che trangugiamo come fossero vino buono; che scoraggia la formazione di opinioni interlocutorie e capaci di presentarsi per quel che sono, ovvero punti di vista aperti alla contestazione e alla revisione. Le opinioni che sono confezionate dal rullo compressore del paradigma binario si impongono a noi come fatti granitici e oggettivi, impermeabili al giudizio critico. In questo clima si promuove non la conoscenza degli eventi, ma una religiosa adesione. Non si facilita la simpatetica disposizione verso le sofferenze umane, ma si alimenta l’emozione unidirezionale pro/contro, come se fossimo tutti noi sul campo di battaglia».

Il secondo motivo che rende difficile questa ricerca è che il paradigma binario è costruito su un aut-aut morale inappellabile, in forza del quale il nemico che ha stracciato i principi costitutivi del diritto internazionale, che ha fatto ricorso ad una guerra offensiva con ambizioni di potenza, non viene giudicato come «un nemico che va combattuto con mezzi militari, economici e politici, ma piuttosto come un semplice criminale/pazzo che è sprovvisto di ogni valenza etico-politica». La Russia va combattuta per aver violato la sovranità dell’Ucraina e per aver sconvolto l’equilibrio geopolitico che essa stessa aveva pur contribuito a edificare. Altro è però combatterla per questi atti criminosi in vista della instaurazione di un equilibrio più solido, altro è «gonfiare di un supplemento etico ulteriore il conflitto contemplando una sorta di jihad democratica globale» (Prospero).

Il presupposto per poter concludere il conflitto con una pace duratura sta nel decidere chiaramente sotto quale principio collocarsi. «La Stampa» del 7 marzo riporta un articolo a tutta pagina dal titolo «L’Europa deve temere Putin più di una guerra nucleare». È vero che si tratta di una intervista, ma il direttore del giornale sa benissimo quale effetto esercita un titolo del genere. Il paradigma binario non è affatto duale. È “bino” solo nel senso che è oppositivo. Radicalmente oppositivo, così da consentire – come questo titolo dimostra – una manipolazione subdola che rovescia quello che era sostanzialmente un tabù (faticosissimamente costruito), mettendo la sordina alla questione nucleare, che dovrebbe invece essere la questione delle questioni. La diffusione di questa manipolazione prova che il principio ultimo che guida l’opinione pubblica e quella dei governi non è più – come era al tempo dell’“equilibrio del terrore” – salus mundi suprema lex esto. Il suicidio dell’umanità attraverso la guerra termonucleare è un rischio che oggi viene accettato. Rimosso il sacrosanto timore si può presentare come un’opzione accettabile quella di proseguire, oggi, nella guerra convenzionale fino alla sconfitta dell’avversario geopolitico e ideologico, anche a costo che la guerra convenzionale deragli nella guerra atomica. Questo è il punto. La questione, dunque, non è (come vorrebbe Caracciolo) «se la Nato possa battere la Russia senza farle la guerra» e non è vero che «la risposta a questa domanda decide del conflitto in corso». La questione vera e ultima, infatti, è se se la Nato possa battere la Russia (o se la Russia possa battere la Nato) senza arrivare alla guerra nucleare. Nessuno può rispondere. La risposta è estremamente incerta; e proprio per questo la domanda è vanificata a priori: perché riguarda un “rischio”. Rischio che c’è, eccome; e che viene accettato. Questo è il succo di tutto: la accettazione di questo rischio. L’alternativa che abbiamo davanti è netta e non aggirabile: o la guerra nucleare (il suicidio dell’umanità) o la pace. Tertium non datur. Per quanto sia vero che oggi tra la Nato e la Russia sembra essersi stabilita una convenzione tacita a non ricorrere all’arsenale atomico, la guerra in corso non potrà durare né concludersi come “guerra convenzionale”. Se le parti, o una di esse, in primo luogo quella soccombente nel conflitto convenzionale, non si dichiareranno disposte al “cessate il fuoco” e a intraprendere la via negoziale sui nodi geopolitici, le parti stesse alzeranno continuamente la posta, fino alla guerra nucleare.

Se questo è vero, gli appelli alla resistenza – dell’esercito e dei civili – e l’invio di armi per sostenerla servono solo a guadagnare qualche giorno: ma in attesa di che cosa? Non certo di una vittoria sul campo, assolutamente impossibile dal momento che la sproporzione tra le forze è incommensurabile (a meno che la Nato non intervenga direttamente; ma se intervenisse si ricadrebbe nell’ipotesi del conflitto nucleare). E allora? In attesa del trasformarsi della guerra – dopo la sconfitta sul campo – in guerriglia endemica? O non piuttosto – sospetto terribile – dell’attesa di una sconfitta sul campo che “legittimi” la guerra aperta dello sconfitto e dei suoi alleati contro la Russia? Ma in questo caso come potrà una tale guerra non trasformarsi in una guerra nucleare? Se si trattasse dell’attesa del momento propizio per la guerra diretta vorrebbe dire che ammettiamo di aver mandato gli ucraini allo sbaraglio, salvando il nostro orgoglio (il non aver voluto, noi, porre con forza la necessità della trattativa, per non apparire deboli: cosa assolutamente non vera) al prezzo dei loro corpi. L’attuale retorica della resistenza e dell’aiuto armato è dunque una retorica cinica, che serve solo a massacrare ulteriormente il popolo ucraino, senza speranze e con la sola prospettiva della catastrofe. Solo una decisa richiesta, da parte occidentale, di aprire una conferenza di pace che riguardi i punti di conflitto profondi, le paure radicali, le inquietudini che la fine dell’Urss non ha dileguato potrebbe indicare una speranza. E non sarebbe affatto una dichiarazione di debolezza, una resa alle ragioni del prepotente, ma, al contrario, un gesto di forza, di autorevolezza, di lungimiranza, di “egemonia” che disvelerebbe ulteriormente le ragioni violente della controparte, se questa si sottraesse alla proposta.

Ma per far ciò è urgente uscire dal “fondamentalismo democratico” che trasforma i problemi strategici in problemi morali, che trasforma il nemico nel “male assoluto”, che esaspera la politica come lotta tra amico e nemico fino ad accettare il rischio della distruzione del pianeta. Ci eravamo illusi che le ideologie (che dichiarano irriducibile il contrasto tra visioni del mondo diverse) potessero essere sostituite da una sorta di “pace filosofica” che, in nome della verità da tutte ricercata e diversamente interpretata, rendesse possibile la loro esistenza. Eravamo arrivati al punto – nel giugno del 1986, quando intervenne una pronuncia della Corte internazionale di giustizia (Tribunale internazionale dell’Aja), nel caso sulle attività militari e paramilitari in Nicaragua e contro il Nicaragua (Nicaragua v. U.S, Military. and Paramilitary Activities in and Against Nicaragua) – di ritenere che il divieto della guerra (e dell’uso della forza) fosse sancito, a livello internazionale, non più solo da trattati – con il che il divieto, per quanto diffuso, come nel caso della Carta dell’ONU, rimaneva legato al complesso degli Stati contraenti – ma da una consuetudine internazionale generalmente riconosciuta, e quindi valida universalmente per tutti gli Stati del pianeta: ius cogens, diritto imperativo. Non dobbiamo ripudiare quelle illusioni. Dobbiamo ripudiare il fanatismo e il fondamentalismo. Quello degli aggressori, innanzi tutto, ma anche – nel nostro campo – quello di coloro che confondono il piano del dover essere con quello dell’essere, pensando che il primo (divieto della guerra, irreversibile cooperazione internazionale…) si sia totalmente inverato nel secondo, e che quindi le sue violazioni siano un qualcosa di inconcepibile: fenomeni innaturali, peccati mortali che vanno solo cancellati, e che non possono neanche comparire nel mondo dei giudizi morali e della considerazione politica (ovviamente quando le violazioni le commettono gli altri, non quando siamo “noi” ad attaccare).

Va ribadito, in conclusione, che la saggezza realistica non è un cedimento morale. Che il principio audiatur et altera pars – come principio che ispira la coscienza morale – non va mai abbandonato. Che la condanna morale più intransigente non è per nulla contraddetta dalla ricerca del “che fare?”. E che invece è l’abdicazione a questa ricerca (il fiat iustitia, pereat mundus) in nome della violazione da parte del nemico di principi ritenuti irrinunciabili, che crea il paradosso di una morale che impedisce di curare il male che essa stessa condanna (e che potrebbe scatenare l’apocalisse).

Qui un contributo correlato di Francesco Pallante “Se si rompe il tabù nucleare[2]”.

Data la situazione tragica che spegne o violenta migliaia di vite in Ucraina, e che invade le nostre coscienze, sembrerebbe – di fronte alle sofferenze e alle morti – che non si debba far altro che contemplare la tragedia stessa, in un moto di empatia. Ma non è così. Sarebbe un tradimento perché è più che mai urgente cercare di chiarire quali comportamenti politici potrebbero al più presto arrestarla. Occorre cercare di mantenere la mente lucida per contribuire alla ricerca di soluzioni.

Mantenere la mente lucida è però difficile. Per due motivi. Il primo è che la montagna di immagini e il coacervo di commenti d’ogni genere – militari, geopolitici, storici, morali, religiosi, economici – che ogni giorno viene prodotta non aiuta affatto questa ricerca. Bene ha scritto Nadia Urbinati: i media spettacolarizzano facili dualismi e poco informano: «L’approccio monotematico tende ad estremizzare. Crea un ambiente retorico che non lascia (non deve lasciare) spazio al dubbio; che non favorisce un’analisi degli eventi, ma solo reazioni emotive a quegli eventi che trangugiamo come fossero vino buono; che scoraggia la formazione di opinioni interlocutorie e capaci di presentarsi per quel che sono, ovvero punti di vista aperti alla contestazione e alla revisione.

Le opinioni che sono confezionate dal rullo compressore del paradigma binario si impongono a noi come fatti granitici e oggettivi, impermeabili al giudizio critico. In questo clima si promuove non la conoscenza degli eventi, ma una religiosa adesione. Non si facilita la simpatetica disposizione verso le sofferenze umane, ma si alimenta l’emozione unidirezionale pro/contro, come se fossimo tutti noi sul campo di battaglia».

Il secondo motivo che rende difficile questa ricerca è che il paradigma binario è costruito su un aut-aut morale inappellabile, in forza del quale il nemico che ha stracciato i principi costitutivi del diritto internazionale, che ha fatto ricorso ad una guerra offensiva con ambizioni di potenza, non viene giudicato come «un nemico che va combattuto con mezzi militari, economici e politici, ma piuttosto come un semplice criminale/pazzo che è sprovvisto di ogni valenza etico-politica». La Russia va combattuta per aver violato la sovranità dell’Ucraina e per aver sconvolto l’equilibrio geopolitico che essa stessa aveva pur contribuito a edificare. Altro è però combatterla per questi atti criminosi in vista della instaurazione di un equilibrio più solido, altro è «gonfiare di un supplemento etico ulteriore il conflitto contemplando una sorta di jihad democratica globale» (Prospero).

Il presupposto per poter concludere il conflitto con una pace duratura sta nel decidere chiaramente sotto quale principio collocarsi. «La Stampa» del 7 marzo riporta un articolo a tutta pagina dal titolo «L’Europa deve temere Putin più di una guerra nucleare». È vero che si tratta di una intervista, ma il direttore del giornale sa benissimo quale effetto esercita un titolo del genere. Il paradigma binario non è affatto duale. È “bino” solo nel senso che è oppositivo. Radicalmente oppositivo, così da consentire – come questo titolo dimostra – una manipolazione subdola che rovescia quello che era sostanzialmente un tabù (faticosissimamente costruito), mettendo la sordina alla questione nucleare, che dovrebbe invece essere la questione delle questioni. La diffusione di questa manipolazione prova che il principio ultimo che guida l’opinione pubblica e quella dei governi non è più – come era al tempo dell’“equilibrio del terrore” – salus mundi suprema lex esto. Il suicidio dell’umanità attraverso la guerra termonucleare è un rischio che oggi viene accettato. Rimosso il sacrosanto timore si può presentare come un’opzione accettabile quella di proseguire, oggi, nella guerra convenzionale fino alla sconfitta dell’avversario geopolitico e ideologico, anche a costo che la guerra convenzionale deragli nella guerra atomica. Questo è il punto. La questione, dunque, non è (come vorrebbe Caracciolo) «se la Nato possa battere la Russia senza farle la guerra» e non è vero che «la risposta a questa domanda decide del conflitto in corso». La questione vera e ultima, infatti, è se se la Nato possa battere la Russia (o se la Russia possa battere la Nato) senza arrivare alla guerra nucleare. Nessuno può rispondere. La risposta è estremamente incerta; e proprio per questo la domanda è vanificata a priori: perché riguarda un “rischio”. Rischio che c’è, eccome; e che viene accettato. Questo è il succo di tutto: la accettazione di questo rischio. L’alternativa che abbiamo davanti è netta e non aggirabile: o la guerra nucleare (il suicidio dell’umanità) o la pace. Tertium non datur. Per quanto sia vero che oggi tra la Nato e la Russia sembra essersi stabilita una convenzione tacita a non ricorrere all’arsenale atomico, la guerra in corso non potrà durare né concludersi come “guerra convenzionale”. Se le parti, o una di esse, in primo luogo quella soccombente nel conflitto convenzionale, non si dichiareranno disposte al “cessate il fuoco” e a intraprendere la via negoziale sui nodi geopolitici, le parti stesse alzeranno continuamente la posta, fino alla guerra nucleare.

Se questo è vero, gli appelli alla resistenza – dell’esercito e dei civili – e l’invio di armi per sostenerla servono solo a guadagnare qualche giorno: ma in attesa di che cosa? Non certo di una vittoria sul campo, assolutamente impossibile dal momento che la sproporzione tra le forze è incommensurabile (a meno che la Nato non intervenga direttamente; ma se intervenisse si ricadrebbe nell’ipotesi del conflitto nucleare). E allora? In attesa del trasformarsi della guerra – dopo la sconfitta sul campo – in guerriglia endemica? O non piuttosto – sospetto terribile – dell’attesa di una sconfitta sul campo che “legittimi” la guerra aperta dello sconfitto e dei suoi alleati contro la Russia? Ma in questo caso come potrà una tale guerra non trasformarsi in una guerra nucleare? Se si trattasse dell’attesa del momento propizio per la guerra diretta vorrebbe dire che ammettiamo di aver mandato gli ucraini allo sbaraglio, salvando il nostro orgoglio (il non aver voluto, noi, porre con forza la necessità della trattativa, per non apparire deboli: cosa assolutamente non vera) al prezzo dei loro corpi. L’attuale retorica della resistenza e dell’aiuto armato è dunque una retorica cinica, che serve solo a massacrare ulteriormente il popolo ucraino, senza speranze e con la sola prospettiva della catastrofe. Solo una decisa richiesta, da parte occidentale, di aprire una conferenza di pace che riguardi i punti di conflitto profondi, le paure radicali, le inquietudini che la fine dell’Urss non ha dileguato potrebbe indicare una speranza. E non sarebbe affatto una dichiarazione di debolezza, una resa alle ragioni del prepotente, ma, al contrario, un gesto di forza, di autorevolezza, di lungimiranza, di “egemonia” che disvelerebbe ulteriormente le ragioni violente della controparte, se questa si sottraesse alla proposta.

Ma per far ciò è urgente uscire dal “fondamentalismo democratico” che trasforma i problemi strategici in problemi morali, che trasforma il nemico nel “male assoluto”, che esaspera la politica come lotta tra amico e nemico fino ad accettare il rischio della distruzione del pianeta. Ci eravamo illusi che le ideologie (che dichiarano irriducibile il contrasto tra visioni del mondo diverse) potessero essere sostituite da una sorta di “pace filosofica” che, in nome della verità da tutte ricercata e diversamente interpretata, rendesse possibile la loro esistenza. Eravamo arrivati al punto – nel giugno del 1986, quando intervenne una pronuncia della Corte internazionale di giustizia (Tribunale internazionale dell’Aja), nel caso sulle attività militari e paramilitari in Nicaragua e contro il Nicaragua (Nicaragua v. U.S, Military. and Paramilitary Activities in and Against Nicaragua) – di ritenere che il divieto della guerra (e dell’uso della forza) fosse sancito, a livello internazionale, non più solo da trattati – con il che il divieto, per quanto diffuso, come nel caso della Carta dell’ONU, rimaneva legato al complesso degli Stati contraenti – ma da una consuetudine internazionale generalmente riconosciuta, e quindi valida universalmente per tutti gli Stati del pianeta: ius cogens, diritto imperativo. Non dobbiamo ripudiare quelle illusioni. Dobbiamo ripudiare il fanatismo e il fondamentalismo. Quello degli aggressori, innanzi tutto, ma anche – nel nostro campo – quello di coloro che confondono il piano del dover essere con quello dell’essere, pensando che il primo (divieto della guerra, irreversibile cooperazione internazionale…) si sia totalmente inverato nel secondo, e che quindi le sue violazioni siano un qualcosa di inconcepibile: fenomeni innaturali, peccati mortali che vanno solo cancellati, e che non possono neanche comparire nel mondo dei giudizi morali e della considerazione politica (ovviamente quando le violazioni le commettono gli altri, non quando siamo “noi” ad attaccare).

Va ribadito, in conclusione, che la saggezza realistica non è un cedimento morale. Che il principio audiatur et altera pars – come principio che ispira la coscienza morale – non va mai abbandonato. Che la condanna morale più intransigente non è per nulla contraddetta dalla ricerca del “che fare?”. E che invece è l’abdicazione a questa ricerca (il fiat iustitia, pereat mundus) in nome della violazione da parte del nemico di principi ritenuti irrinunciabili, che crea il paradosso di una morale che impedisce di curare il male che essa stessa condanna (e che potrebbe scatenare l’apocalisse).


Articolo pubblicato su “Costituzionalismo.it[3]” il 17.03.2022.


References

  1. ^Costituzionalismo.it (www.costituzionalismo.it)
  2. ^Se si rompe il tabù nucleare (centroriformastato.it)
  3. ^Costituzionalismo.it (www.costituzionalismo.it)

Fonte: Democrazia Oggi

MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 - Decimomannu

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By Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

← Fermare la guerra per riprenderci il futuro[1]

7 Aprile 2022
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MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO
9 APRILE ORE 15

ITINERARIO: STAZIONE DI DECIMOMANNU-PARCHEGGIO AEROPORTO MILITARE

Di fronte all’orrore della guerra in Ucraina, sanguinosa e spietata come tutte le guerre, siamo chiamati a mobilitarci per il raggiungimento della pace tra i popoli. Sappiamo che questa guerra, scatenata materialmente da Putin, è il risultato di decenni di riarmo e di tensioni tra NATO E Russia e delle mire economiche e di predominio politico degli Stati Uniti e della Russia.
Come nonviolenti ribadiamo la nostra neutralità attiva e il nostro rifiuto di ogni guerra.
Chiediamo solidarietà e aiuto per le vittime civili dei bombardamenti, ma anche per i pacifisti russi ingiustamente arrestati e per gli obiettori di coscienza ucraini perseguiti dal potere militare.
Diciamo No all’invio di armamenti all’Ucraina, perché aggravano la situazione sul campo e rendono più sanguinoso lo scontro, in una escalation sempre più pericolosa.
Diciamo No a sanzioni indiscriminate alla Russia, perché ricadendo sull’intera popolazione colpiscono le fasce più deboli e fragili, senza però disturbare i ricchi oligarchi.
Partendo dal nostro disarmo interiore, ci poniamo l’obiettivo di un reale disarmo mondiale, cominciando dalla distruzione dei missili a testata atomica (con l’adesione al Trattato ONU per la proibizione delle armi nucleari), per destinare le risorse sperperate in armamenti alla cura delle persone e dell’ambiente, all’educazione e alla cultura, alla creazione di relazioni di pace e di collaborazione fra i popoli. Per questo dobbiamo spezzare la catena che lega il profitto alle armi e le armi alla guerra. A cominciare dal suolo sardo, oggi palestra di preparazione delle guerre, che vogliamo libero dal terribile peso delle servitù militari e dalla fabbrica di ordigni di morte RWM.
I conflitti vanno affrontati con il confronto costruttivo, con la mediazione sincera, non certo con la falsa cultura del nemico e con l’aumento della spesa militare! Se vogliamo che ci sia ancora un futuro per le nuove generazioni e per il nostro martoriato pianeta:
BASTA GUERRE! BASTA ARMI! BASTA ALLA PREDAZIONE DELLA TERRA!

References

  1. ^Fermare la guerra per riprenderci il futuro (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

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La Costituzione e l’invio di armi
← Il giorno della vergogna[1] 11 Aprile 2022 Nessun commento[2] Andrea Pubusa C’è un’istintiva propensione ad aiutare anche con le armi chi è aggredito. Risponde ad un pensiero elementare socorrere...
Il giorno della vergogna
← Carbonia. Dopo il fermo di Velio Spano, il questore vieta i comizi in piazza. “Carbonia, da città caserma a roccaforte del proletariato isolano e della democrazia”: l’estate del ‘48 stretta fra lic...
Carbonia. Dopo il fermo di Velio Spano, il questore vieta i comizi in piazza. “Carbonia, da...
Gianna Lai  Oggi domenica un altro pezzo della storia di Carbonia dal 1° settembre 2019[1]. Riunione dei rappresentanti comunisti, socialisti, del Partito Sardo d’azione Socialista, dell’UDI, ...
Decimomannu migliaia in marcia per la pace in Ucraina
← UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni?[1] 9 Aprile 2022 Nessun commento[2] Red   ...
UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri...
← Amica Ucraina, sed magis amica veritas[1] UE sempre piu’ schierata nel conflitto russo/ucraino. Favorisce una giusta soluzione diplomatica? Salva l’Ucraina dai massacri e dalle devastazioni? 9 Apri...
Amica Ucraina, sed magis amica veritas
Mario Dogliani   Daniel Chester French, La Verità, gesso, h. 148.6 cm, 1900, particolare. Art Institute of Chicago.     Sta girando molto in rete questo contributo dall’amico Mario Do...
Ripudio della guerra e Costituzione. Dibattito con Umberto Allegretti
← MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 - Decimomannu[1] 7 Aprile 2022 Nessun commento[2] Ripudio della guerra e Costituzione Caffè politico, venerdì 8 aprile ore 18.00, via Piceno 5 , Ca...
MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 - Decimomannu
← Fermare la guerra per riprenderci il futuro[1] 7 Aprile 2022 Nessun commento[2] MARCIA PER LA PACE E IL DISARMO 9 APRILE ORE 15 ITINERARIO: STAZIONE DI DECIMOMANNU-PARCHEGGIO AEROPORTO MILITARE D...

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