Red
Appello di costituzionalisti per il no al taglio dei parlamentari
Pubblichiamo una sintesi ldell’appello di un folto
gruppo di di costituzionalisti del No al taglio dei parlamentari.
In prevalenza le firme sono di professori giovani, associati e
ricercatori, ma non mancano docenti autorevoli e di esperienza.
Alcuni avevano sostenuto nel 2016 la riforma costituzionale
Renzi-Boschi, in qualche caso anche firmando appelli di segno
opposto, dunque per il sì. Come Pasquale Costanzo, emerito a
Genova, Antonio Ruggeri, emerito a Messina, Marco Plutino,
associato a Cassino. Tra le firme anche quella di Massimo Villone,
emerito a Napoli e oggi presidente del Comitato nazionale per il
No, ruolo che aveva già ricoperto contro la riforma del 2016. Tra
le firme in calce al nuovo appello, nato in partenza per rispondere
a un asserito «silenzio dei costituzionalisti» (sul manifesto[1]
lo ha già fatto l’11 agosto Gaetano Azzariti) quelle di Carlo
Amirante, Roberto Borrello, Omar Chessa, Angela Di Gregorio,
Michele Della Morte, Silvio Gambino, Enrico Grosso, Laura Lorello,
Alberto Lucarelli, Alessandro Morelli, Laura Ronchetti, Laura
Trucco, Luigi Ventura. Non ci sono, a parte Villone, le firme che
nel 2015 lanciarono, proprio sul manifesto[2], la campagna per il no
al referendum Renzi (Carlassare, Azzariti, Ferrara e ovviamente
Rodotà che è venuto a mancare nel 2017).
L’appello mette in testa alle sue critiche gli aspetti economici
tanto propagandati dai 5 Stelle – e invece «l’entità dei tagli è
irrisoria», «gli strumenti democratici basilari non possono essere
sacrificati o depotenziati in base a mere esigenze di risparmio» –
e si concentra sulle questioni funzionali – «la riforma riduce in
misura sproporzionata e irragionevole la rappresentanza di interi
territori», «finirebbe con l’aggravare anziché ridurre i problemi
del bicameralismo perfetto» -, ma non trascura che «la riforma
appare ispirata da una logica “punitiva” nei confronti dei
parlamentari, confondendo la qualità dei rappresentanti con il
ruolo stesso dell’istituzione rappresentativa».
Intanto ieri L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha
giudicato «ancora insufficiente» lo spazio complessivamente
dedicato dall’informazione al referendum. Di conseguenza ha emanato
un «ordine» a tutti i fornitori di media audiovisivi, affinché
assicurino «un’informazione completa che illustri il merito del
quesito referendario e garantisca il bilanciamento delle posizioni
favorevoli e contrarie. E ciò sia nei notiziari sia nei programmi
di approfondimento». Il consiglio dell’Agcom ha approvato il
provvedimento con il voto contrario del consigliere Morcellini e
con una settima di anticipo rispetto alla disponibilità dei dati
sul periodo 16-22 agosto – e «pur apprezzando il leggero aumento
del tempo dedicato al referendum costituzionale» – proprio per
l’importanza che nei prossimi giorni sia assicurata la giusta
informazione.
Il capo politico reggente dei 5 Stelle Vito Crimi ha voluto fare il
suo appello al sì, iniziandolo con l’argomento che il taglio dei
parlamentari «È un’occasione straordinaria per ridurre i costi
della politica e per rendere più efficiente il nostro parlamento».
Malgrado tutte le smentite e i calcoli corretti che sono stati nel
frattempo pubblicati, Crimi ha riproposto il conteggio dei risparmi
fatto dai 5 Stelle un anno fa, secondo il quale «il taglio ci
consentirà di risparmiare 100 milioni di euro l’anno fino ad 1
miliardo in 10 anni, e di poterli restituire ai cittadini
investendo in nuovi servizi e attività essenziali». La cifra vera
si avvicina alla metà e rappresenta comunque lo 0,007% della spesa
pubblica annuale.
Ma soprattutto Crimi ha detto che «il referendum è quel
meraviglioso momento di partecipazione, democrazia diretta e libera
scelta che può dare ancora più valore e pregio a questo importante
cambiamento». Peccato che a gennaio il Movimento abbia attaccato
duramente i senatori che si sono fatti promotori del referendum
costituzionale. Definendo la loro iniziativa non «un meraviglioso
momento di partecipazione» ma «un’ignobile questione di poltrone».
Intanto Andrea Colletti non è più l’unico deputato 5S ad essersi
espresso apertamente per il no. Anche Elisa Siragusa, eletta
all’estero, ha fatto lo stesso.
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