Tonino Dessì, Andrea Pubusa
Considero puntuale e appropriata la riflessione di Andrea Pubusa
sulle decisioni annunciate ieri dal Presidente del Consiglio dei
Ministri Giuseppe Conte e sul tema da me introdotto circa la
necessità di correggere certe abitudini se non si vuole che il
virus finisca per levarci le libertà anche senza attendere
provvedimenti delle autorità.
Andrea mi obietta, a ragione, che anche le abitudini sono modalità
di esercizio delle libertà e che quelle collettive di tipo sociale
hanno non irrilevanti ricadute sulle libertà economiche.
L’appello conclusivo all’autodisciplina, sul modello della
disciplina ideale della classe operaia di una volta è tanto più
condivisibile sulla base della considerazione empirica che in
generale italiani e sardi, al netto della quota di riottosi e a
prescindere dai tentativi di strumentalizzazioni politiche, sta
reagendo con paziente consapevolezza.
Non voglio esprimere un giudizio compiuto sul tenore delle misure
annunciate dal Governo, però non mi sembrano misure organiche e
mirate ai nodi essenziali.
Mi pare che tireremo avanti per un mese in attesa di schiarite, con
un lockdown generalizzato che nessuno vuol rivivere, ma che
continua ad aleggiare nella prospettiva peggiore.
Non sono poi minimamente d’accordo sul discorso fatto ieri da Conte
per motivare il mancato ricorso al MES.
Se c’è un’urgenza “più urgente”, quella sta nel potenziamento e
nella riqualificazione della sanità pubblica.
Gli investimenti in sanità rappresentano una voce della dotazione
di capitale fisso permanente, materiale, immateriale, umano, di un
Paese e così come i benefici sono destinati a durare e a produrre
risultati nel tempo, a vantaggio delle generazioni future non meno
che di quelle presenti, da che mondo è mondo si ricorre anche al
debito e alle imposizioni tributarie per finanziarli.
Se ci sono finanziamenti disponibili a un costo più basso di quello
corrente nei mercati, la convenienza c’è, eccome.
Detto questo, sì, disciplina e autodisciplina anche per non
vanificare ingiustamente i sacrifici imposti ad alcune categorie
economiche e nel contempo per autotutelarci e tutelare il
prossimo.
Caro Tonino,
come sempre il tuo contributo alla riflessione è importante,
perché non ha condizionamenti di piccola banda o gruppo, e perché
punta a cogliere i chiaro-scuri delle proposte e delle
situazioni; così fai anche in questa tua prima valutazione
delle mosse di Conte. Una impostazione ineccepibile con qualche
attesa prudente e giustificata sul giudizio complessivo.
Condivido, e tuttavia una cosa mi ha colpito e mi preme, perché
giudico di primaria importanza. La Repubblica - come ben sai - non
è solo lo Stato, è Stato-Regioni-Province e Comuni e tanto altro
ancora. Se viene meno uno di questi assi portanti, la Repubblica,
ossia l’Italia, viene azzoppata e andare avanti è problematico. Ora
i comuni, a partire dal presidente dell’ANCI Decaro, sono sulla
linea dello scaricabarile statale sulle loro spalle. Il governo
avrebbe messo sulle loro deboli strutture misure pesanti e
impopolari. Certo richiedere, in questa fase difficilissima, un
quadro normativo chiaro e un concorso di forze locali della
Repubblica, prefetture anzitutto, è ragionevole e doveroso; sarebbe
superficiale ed errato fare il contrario. Per affrontare le grandi
sfide ci vogliono forze adeguate e unità dì intenti, anzitutto sul
piano istituzionale. Ma non vedere quanto in questa decisione del
Governo c’è di valorizzazione del ruolo dei Comuni e dei Sindaci è
veramente deprimente e disperante. I Sindaci si sentono chiamati a
svolgere la funzione di controllori, a me pare invece che sono
coinvolti nella funzione loro propria, di essere i decisori attenti
e intelligenti del modo in cui un indirizzo generale si traduce e
si applica a una realtà quantomai articolata e complessa come
quella italiana. E’ bene chiudere tutte le piazze ad una certa ora
o dare ai sindaci la possibilità d’intervenire in modo mirato solo
nella zone limitate dove ciò è necessario? Chiudi barbieri e
parrucchieri o bar in modo generalizzato dapperttutto o dai la
possibilità di attagliare i provvedimenti alle diverse situazioni,
anche all’interno dello stesso Comune o dello stesso comparto
economico? In questa decisione del Governo di articolare le misure
ai territori e alle diverse realtà, mi pare di vedere una voglia di
tenere aperto dove possibile, più che di bloccare le attività in
modo generalizzato e immancabilmente ingiusto e irragionevole.
Qui mi pare si stia giocando una partita non secondaria della lotta
al covid19 e per la nostra democrazia. La cultura democratica e di
sinistra, fin dagli albori, ha sempre considerato le autonomie
locali un elemento essenziale della democrazia. I socialisti e i
popolari da lì son partiti anche in Italia, creando, già a fine
Ottocento, quella rete di amministrazioni locali, che ci hanno dato
magnifiche anticipazione dello Stato sociale e di forme
partecipative. Molti non sanno che Welfare nazionale e conquiste
democratiche a livello istituzionale sono nate lì. Ora si tratta di
vedere se questa grande cultura esiste ancora e sa misurarsi in una
prova capitale come quella in corso contro il Covid oppure se cede
alle deleterie lusinghe della propaganda e all’opportunismo delle
misere manovre si schieramento. Il Covid ci costringe a cambiare
passo.
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