Rosamaria Maggio
PREMESSA
L’assalto continuo alla scuola e in particolare a tutto quanto
può condurre verso la costruzione del cittadino consapevole e
responsabile, lascia senza fiato.
Abbiamo, noi insegnanti, lavorato per decenni avendo a cuore la
formazione del cittadino, sia che si insegnassero discipline
umanistiche che scientifiche. E noi del CIDI in particolare lo
abbiamo fatto nel segno del principio dell’art. 3 della
Costituzione, con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno,
consapevoli che attraverso le discipline si impara a comprendere il
mondo, il ruolo dell’uomo, della donna, del bambino o bambina, nel
rispetto dell’altro, della natura, dell’ambiente, di sé stessi.
Lo abbiamo fatto in silenzio, gratificati dai risultati che
ciascuno di noi riusciva ad ottenere seguendo anche dopo la scuola
molti studenti che non ci hanno dimenticato e che con i loro
racconti e le loro testimonianze, spesso a distanza di molti anni,
ci hanno rimandato il senso efficace del nostro lavoro. Non sempre
infatti, indagini e statistiche riescono a percepire e documentare
il lavoro immane che si fa a scuola ogni giorno e soprattutto la
modificazione dalle posizioni di partenza ( quello che con un
termine economicistico non sempre gradito a noi insegnanti si
chiamerebbe “valore aggiunto”) che si riesce a creare, le
modificazioni degli apprendimenti dai livelli di partenza agli
obiettivi, talvolta nei valori assoluti non particolarmente
gratificanti, ma in termini relativi di grande significato.
In questo contesto spesso faticoso, nel 2008 ci siamo dovuti
confrontare con la riforma Gelmini che, inserendo “Cittadinanza e
Costituzione” nei curricoli, tentava di introdurre una nuova
disciplina affidandone l’insegnamento ai docenti dell’area storico
geografica.
Il dibattito che ne seguì consentì di raggiungere un compromesso
sulla trasversalità dell’insegnamento e soprattutto sulla
inopportunità di una valutazione formalizzata su un registro. Fino
a che lo studio non diventa disciplinare e quindi nella secondaria
di secondo grado, è meglio attenersi ad un lavoro sui principi e
sulle buone pratiche all’interno della comunità scolastica, al fine
di imparare a praticare i principi costituzionali.
IL CONTESTO SCOLASTICO DI QUESTO DECENNIO
In verità ci son giunte notizie di applicazioni pratiche,
soprattutto nella secondaria di primo grado, spesso con il
beneplacito di molti docenti, dell’inserimento di “Cittadinanza e
Costituzione” come materia aggiuntiva, spesso inserita con la
famosa ora di approfondimento nella cattedra di lettere e con
l’adozione di un registro per le valutazioni. Abbiamo potuto
verificare con rammarico la sperimentazione di pratiche dogmatiche,
l’accompagnamento degli studenti verso apprendimenti mnemonici
della carta costituzionale, quasi verso l’adozione di un catechismo
laico.
Ma crediamo davvero che la conoscenza mnemonica della nostra
costituzione possa trasformare questo paese e possa aumentare il
senso civico e l’osservanza delle regole?
Il nostro problema non è la violazione di norme contro la persona,
eccezion fatta per la violenza sulle donne, che non diminuisce e
che è un reato che non conosce confini né specificità culturali,
economiche e sociali.
Gli altri reati nel nostro paese diminuiscono o sono di lieve
entità. Ciò che invece grave è la violazione di norme contro il
patrimonio, l’ambiente, la pubblica amministrazione, contro
l’altro, il diverso, contro il fisco, violazioni commesse senza la
consapevolezza di essere colpevoli.
Si diffonde nel paese un’idea demagogica secondo la quale per
risolvere i problemi giovanili (bullismo, disturbi specifici,
devianze) bisogna insegnare educazione civica in modo dogmatico e
con voti.
Forse il lavoro da fare è un altro.
Quale?
LE NOVITA’ NEL 2019
Con fatica in questi oltre 10 anni si è cercato di mantenere la
barra dritta, ma col ministro Bossetti si è tornati sul tema con un
cambio anche lessicale, “educazione civica” reintrodotta con
la L. 92 del 2019, quindi alle educazioni come se il percorso
formativo di uno studente dovesse essere segmentato ancor più che
con le discipline, riproponendo una materia e una valutazione che
non si capisce perché debba essere espunta dalle specificità
disciplinari, addirittura nella secondaria superiore ed ancor più
laddove esiste un curricolo di diritto costituzionale.
La legge 92 anche col cambio di Governo rimane in vigore con una
evidente trasversalità, questa sì, tra le varie forze
politiche.
Occorre quindi partire dalle norme e dalle linee guida come
premessa al ragionamento che seguirà.
La legge 92 del 2019, all’articolo 4, intitolato Costituzione e
Cittadinanza, stabilisce che gli studenti di ogni ordine e grado
debbano essere introdotti alla conoscenza della costituzione e
all’articolo 6 si introduce l’insegnamento trasversale
dell’educazione alla cittadinanza digitale.
Nelle linee guida poi, si invitano le istituzioni scolastiche a
rivedere il piano triennale della loro offerta formativa,
rileggendola e ricalibrandola, quando necessario, al fine di
perseguire gli obiettivi delle linee guida e inserendo nel
curricolo le seguenti tematiche, tenendo conto di età degli alunni
e dei diversi gradi di istruzione:
1. Costituzione, istituzioni dello stato italiano, dell’unione
europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e
dell’inno nazionale;
2. Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’assemblea
generale delle nazioni unite il 25 settembre 2015;
3. Educazione alla cittadinanza
4. Elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo al
diritto del lavoro;
5. Educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del
patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle
eccellenze territoriali e agroalimentari;
6. Educazione alla legalità e al contrasto delle mafie;
7. Educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio
culturale e dei beni pubblici comuni;
8. Formazione di base in materia di protezione civile.
A questa impostazione non posso non opporre alcune
osservazioni.
Intanto per ciò che riguarda il primo ed il secondo ciclo di primo
grado l’introduzione delle educazioni non fa che spezzettare il
curricolo, modificando sostanzialmente l’impostazione didattica e
pedagogica della scuola primaria ed aggravando il già eccessivo
frazionamento della secondaria di secondo grado. Non può inoltre
tacersi l’eccesso di contenuti, inadeguati all’età degli
studenti.
L’unico modo per avvicinare i giovani studenti a tematiche come
“istituzioni, sviluppo sostenibile, ambiente, rispetto del
patrimonio”, non e’ certo quella di farne una materia con voto, ma
quello, già sperimentato nelle nostre scuole, di lavorare
attraverso le discipline specifiche con una vera trasversalità di
percorsi curricolari all’interno dei consigli di classe, ragionando
per contrario e sollecitando l’attenzione degli studenti,
attraverso percorsi storici, scientifici e letterari, a riflettere
sulle conseguenze di una mancata attenzione per l’ambiente, il
prossimo, la comunità in generale.
È evidente, da tutta l’impostazione normativa, che ci sia la
convinzione che le modalità di insegnamento attuali siano ancora
fondate sulla lezione frontale, in particolare in questo ambito
disciplinare.
In effetti quando mi è capitato di assistere a lezioni di
accademici invitati dalle scuole, la metodologia usata è stata
spesso quella.
Ma la politica e l’accademia che stanno dietro questo nuovo impatto
devastante, a lungo tentato ed ora portato a compimento, nulla sa
di come si insegna ora e come si insegnano queste discipline.
Per quanto riguarda invece le scuole superiori, è di tutta evidenza
che la Costituzione, il Diritto Comunitario, le Istituzioni
Internazionali, dovrebbero far parte anche del curricolo liceale ed
una nuova materia di un’ora settimanale non può essere sufficiente
a formare dei cittadini consapevoli. Se lo saranno dipenderà dal
lavoro più capillare degli altri insegnanti curricolari.
Quanto agli istituti tecnici e professionali, appare effettivamente
molto grave lo svilimento disciplinare, ancorche’ le 33 ore fossero
attribuite a docenti di discipline giuridiche.
Sembra quasi una mancanza di fiducia nel curricolo disciplinare,
una forma di messa sotto tutela dei docenti che da anni insegnano
questa disciplina.
La terminologia
Mi vorrei soffermare sull’uso abbondante del termine
cittadinanza.
Ho seguito diversi interventi in rete, ho letto diverse
interpretazioni. In tanti si ritengono in grado di parlarne.
Francamente fra gli accademici, al di là degli interventi del prof.
Zagrebelsky, non ho imparato niente da nessuno, anzi ho sentito
cose che non avrei giustificato neanche in studenti delle
superiori.
Il concetto di cittadinanza nasce lontano nel tempo.
I romani si posero il problema di come le persone dei territori
conquistati potessero essere considerate nell’impero e
disciplinarono una serie di istituti che regolavano l’acquisto
della cittadinanza. Teniamo conto del fatto che si trattava di un
ordinamento giuridico ove coesisteva la condizione di liberi e di
schiavi.
A distanza di migliaia di anni, il concetto di cittadinanza ha
subito una grande evoluzione, ma sicuramente rimane intatto il
principio che la cittadinanza attribuisce diritti e doveri a colui
che la possiede, da esercitare nell’ambito di una istituzione
statuale o extrastauale.
Che cosa va cambiando nel tempo in conseguenza della sempre
maggiore permeabilità delle frontiere, della globalizzazione del
mercato internazionale? Anche la sfera dei diritti e dei
doveri si amplia ed è sempre meno legata alla nazionalità intesa
come complesso di elementi che accomunano persone con la stessa
cultura, storia, tradizione e lingua.
Già dai romani il concetto di cittadinanza si è via via dilatato e
se pensiamo alla storia europea post bellica, la ripartizione dei
vari territori fra i vari Stati, ha ignorato di volta in volta la
nazionalità delle persone nel bene ( TrentinoAlto Adige) e
nel male (Kurdistan, Palestina).
Il concetto di cittadinanza oggi si è ampliato nell’immaginario
collettivo. Pensiamo alla cittadinanza europea, che prescinde
dalla lingua e che è legata al fatto di essere cittadino di un
paese che faccia parte della unione europea.
Pensiamo alla possibilità di acquistare la cittadinanza in vari
paesi del mondo per il fatto di vivere e lavorare in quel
determinato paese per un certo numero di anni.
In certi paesi inoltre si acquista per nascita (ius soli), in altri
(Italia) per discendenza da un cittadino portando al paradosso che
nel mondo ci sono circa 60 milioni di italiani in parte figli,
nipoti di italiani che non conoscono l’Italia né parlano
l’italiano.
Questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che non possiamo
limitarci oggi ad affrontare tematiche così complesse con
formulette trasmesse e richieste in percorsi di un’ora alla
settimana che conducano a valutazioni finali.
Mi chiedo anche se un bambino o un adolescente esprimesse posizioni
razziste e comunque non in linea con la nostra costituzione
democratica, cosa non fantascientifica visto quello che gira in
rete, dovremmo mettergli una insufficienza sul registro?
Oppure saranno messi alla gogna gli insegnanti?
Altro tema di attualità e quello della identita’
A mio avviso tema complesso e divisivo se si considera anche la
posizione e la politica educativa dell’Unione Europea tutta tesa a
costruire l’identità europea.
Solo attraverso l’idea di una identità inclusiva che partendo dal
passato sia in grado di cogliere le sfide della contemporaneità,
tornando alla Costituzione, si possono condurre gli studenti verso
la costruzione di un sé identitario, che non sia in
contrapposizione con le identità altrui, ancorché’ nella comune
cittadinanza.
Infine non può tacersi del concetto di sovranità che oggi,
interpretato in modo riduttivo, dà origine ai vari sovranismi.
Anche da questo punto di vista la Costituzione esplicita agli artt.
10 e 11 i casi in cui la sovranità nazionale può incontrare limiti,
allo scopo di assicurare pace e giustizia fra le nazioni ed in
condizioni di reciprocità. Questo percorso di conoscenza fa parte
della responsabilità educativa e didattica del docente, che non può
essere censurata dal potere in nessun caso ed in nessun modo.
Educazione civica, trasversalità’ ed educazioni
Nel documento dei saggi sui saperi essenziali, nel lontano 2001,
per trasversalità delle discipline si intendeva la presenza nei
curricoli delle diverse discipline di obiettivi e principi
metodologici comuni, tali da assicurare un rinforzo reciproco
tra i diversi apprendimenti e da garantire uno sviluppo
complessivo dell’intelligenza ed intelligenze allo scopo di
superare lo sviluppo separato degli insegnamenti
disciplinari, che comporta spesso duplicazioni e sprechi di lavoro
didattico, e non permette spesso al discente di cogliere gli
elementi comuni e di trasformare i saperi in cultura.
Questo naturalmente può essere valido fino alla secondaria di primo
grado, ma per le scuole superiori il discorso è molto diverso. Con
questo non si vuole svalutare l’importanza di un insegnamento
trasversale allo scopo di favorire un sapere unitario, ma ciò non
può annullare l’importanza di uno studio della disciplina secondo
il suo statuto e la sua epistemologia.
Nella nostra esperienza di insegnanti la trasversalità attiene alle
discipline, quindi non può avere un tempo curricolare di 1 ora
settimanale, né tanto meno una valutazione del singolo docente: si
tratta di una contraddizione in termini.
Che cosa è trasversale nell’insegnamento e a che cosa?
È la disciplina che è trasversale al sapere o sono singoli temi che
sono trasversali alle discipline?
Già in precedenza si è sottolineato che cosa si intende per
trasversalità secondo il pensiero espresso dalle associazioni
disciplinari nel loro forum nel 1999 alla vigilia del documento dei
saggi sui saperi disciplinari che uscì nel 2000 e che fece proprio
il concetto espresso dalle associazioni.
Sono quindi le discipline che devono farsi trasversali e non le
educazioni; temi estrapolati dalle discipline che vengono cosi
svuotate del loro valore epistemologico.
In fondo sembrerebbe solo un aspetto lessicale ma il punto non è
questo. Possono le educazioni consentire l’acquisizione di
competenze culturali forti necessarie a fare di questi nostri
bambini e ragazzi i cittadini consapevoli e partecipi di
domani?
A noi sembra di no. Infatti se la trasversalità è funzionale al
superamento della frantumazione del sapere, accusa che viene mossa
ai disciplinaristi puri, così le educazioni frantumano quella
unitarietà della conoscenza che si vuole costruire con la
trasversalità.
- SARDA NEWS -
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