Andrea Pubusa
Negli ultimi giorni si è accentuato l’uso di argomenti politici
per giustificare l’una o l’altra scelta referendaria, mettendo in
ombra gli aspetti strettamente costituzionali. C’è chi paventa la
caduta del governo Conte2 se prevale il NO, chi un rafforzamento in
caso di vittoria del Si, c’è chi elenca le cattive compagnie di chi
vota NO, chi quelle di chi vota SI’. Confesso che questi argomenti
paiono ininfluenti o quasi in un voto che ha ad oggetto la Carta
findamentale. In questa materia le considerazioni di contorno
devono cedere alla convinzioni sulla revisione e basta.
Se Di Maio cade perchè ha pensato di chiamare in ballo la
Carta e il corpo elettorale risponde picche, poco importa.
Ognuno è responsabile di ciò che fa e per questo viene giudicato.
D’altronde la modifica del Parlamento non è un aspetto secondario
in una repubblica parlamentare e, quindi, è giusto che i governanti
traggano liberamente le conseguenze dal risultato referendario.
Certo è che in queste consultazioni il voto è così trasversale che
trarne indirizzi per il governo sembra eccessivo, tuttavia ciò che
deve interessare è altro.
A mio avviso c’è anzitutto in gioco l’idea di Costituzione, la sua
natura, il come viene percepita dalla gente. La nostra Carta - come
si sa - è rigida, ossia non è soggetta a modifiche col procedimento
legislativo ordinario, occorrono procedure aggravate, ma la
rigidità è ancor prima riposta nella convinzione generale e
anzitutto in quella che le forze politiche accreditano con i loro
comportamenti costituzionali. Se tutte le forze prestano rigoroso e
direi quasi religioso ossequio alla legge fondamentale, la rigidità
è massima perché già ipotizzare una revisione è arduo, se invece
ogni forza di maggiorzna o di opposizione, di fronte alle
difficoltà, invoca una revisione della Carta, questa vede
attenuarsi l’idea della sua rigidezza. Il patriotismo
costituzionale la rafforza, la sua assenza la indebolisce. Negli
States, ad esempio, c’è un diffuso patriottismo
costituzionale, per cui, pur di fronte a gravi lacerazioni, la
Costituzione viene esaltata da tutti, le modifiche sono avvenute
sporadicamente e a mezzo di amendamenti, 25, per cui la Carta
americana è ancora quella della fondazione dello Stato indipendente
alla fine del 1700. In Italia ogni maggioranza enuncia la sua
revisione, quasi che i nostri mali non sorgessero da una cattiva
politica, ma da vizi del nostro impianto basico. Si capovolge così
la verità storica, perché l’impetuosa crescita democratica,
culturale ed economica del Paese ha invece avuto nella
Costituzione, nata dalla Resistenza, la sua leva principale. Ecco
perché i 5 Stelle, che pure hanno votato NO alla schiforma Renzi,
hanno sbagliato a proporre una revisione del parlamento, ed ecco
una ragione di fondo anzitutto per votare NO, perché occorre
rafforzare la convinzione di intangibilità della Carta e
scoraggiare l’idea che ognuno ne possa chiedere la modifica e,
ancora, che essa sia la causa delle difficoltà del Paese.
C’è poi un’altra ragione altrettanto importante per votare NO.
Tutte le revisioni del passato hanno peggiorato il testo del 1948,
nella forma e nella sostanza. Pensate al Titolo V, che il centro
sinistra revisionò nel 2001 e che ha squilibrato, anziché
migliorare, le relazioni centro/periferia.
La Carta va attuata, e deve essere reso diritto vivente il
messaggio di civiltà e di eguaglianza ch’essa contiene. Altro che
perdere tempo, dividere le forze democratiche in referendum, che
qualunque sia l’esito producono solo effetti negativi.
- SARDA NEWS -
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