Fernando Codonesu
La Scuola di cultura politica “Francesco Cocco” di
Cagliari ha in programma il lancio di una “Manfesto per lo Sviluppo
della Sardegna”, da costruire con contributi, seminari e dibattiti.
Fra gli altri, verranno trattati la questione energetica e la
mobilità, protese verso il tema unificante del lavoro.
Un’attenzione particolare verrà riservata ai contenuti da dare al
principio di insularità, e dunque ad un utilizzo creativo ed
attuale dell’art. 13 dello Statuto sardo, che è norma vigente,
riutilizzabile per dare gambe legislative e amministrative ad un
progetto organico di sviluppo, da formulare anche con interventi
distinti ma coordinati, con la codivisione dello Stato.
Un impegno ambizioso di alto profilo cuturale e scientifico da
offrire al dibattito pubblico e alle istituzioi regionali.
La Scuola avvia inizia questo percorso con un contributo di
Fernando Codonesu, che, oltre ad essere Presidente della Scuola, è
un riconosciuto esperto della materia.
Per chi volesse approfondire ecco il link dell’articolo completo:
https://www.scuoladiculturapoliticafrancescococco.it/per-la-deffossilizzazione-dei-processi-produttivi-e-dei-consumi-nel-pianeta/ [1]
No alla proposta di inserire nucleare e gas nella tassonomia verde dell’Europa
La sostenibilità, la transizione ecologia ed energetica si
realizzano con un modello energetico costituito solo dalle
rinnovabili, sia per l’Italia sia, e a maggior ragione, per la
Sardegna che oggi è tenuta all’amo della canna del gas.
C’ è bisogno di una transizione ecologia ed energetica in una
prospettiva di sostenibilità per il pianeta, sostenibilità fisica
innanzitutto, economica e sociale, come condizione necessaria per
la continuazione della specie homo sapiens sulla terra.
E’ per questo motivo che dobbiamo essere sempre più convinti della
necessità di questa transizione ecologica ed energetica per
la sostenibilità di tutti i processi produttivi e di consumo sulla
terra.
E’ a partire da questa considerazione che bisogna escludere dalla
nuova tassonomia energetica suggerita dalla Commissione europea il
capitolo del nucleare e quello del gas che sono e restano
componenti del mondo fossile, indipendentemente dalle nuove
riclassificazioni.
Il nucleare di “nuova generazione” di cui si parla, infatti,
continua ad essere il nucleare da fissione di Chernobyl e
Fukuschima Dai-ihi, quanto al gas è sempre un combustibile fossile
e come tale è inquinante, compromette l’atmosfera ed è a
termine.
Sui prezzi dell’energia e del gas
L’aumento vertiginoso del prezzo dell’energia elettrica e del
gas dipende dalla congiuntura geopolitica che stiamo attraversando,
a sua volta amplificata in parte strumentalmente dalla persistenza
e diffusione in ogni parte del mondo della pandemia da
Covid-19 con le sue varianti, ma l’andamento di questi prezzi
non ha alcun rapporto né con l’energia nucleare (infatti la
importiamo dalla Francia e i prezzi dell’energia non diminuiscono)
né con l’aiuto delle navi gasiere statunitensi che hanno dato
un minimo di respiro all’Europa sulla vicenda dei prezzi energetici
in questi ultimi due mesi.
Per quanto riguarda il nostro paese l’aumento così significativo
del prezzo dell’energia dipende anche dalle scelte fatte nei
decenni precedenti che non hanno visto un adeguato sviluppo delle
fonti rinnovabili pur essendo nelle condizioni di sviluppare
un’industria del vento e del solare.
Ma non tutto è perduto, i giochi sono ancora aperti e vi può essere
un nuovo e più decisivo protagonismo da parte delle comunità
locali, cittadini e imprese, a tutte le latitudini dell’Italia.
Investire sulle rinnovabili in Italia
L’unica scelta saggia che può condurre in un orizzonte temporale
di due-tre decenni all’indipendenza energetica del nostro Paese,
che dipende quasi interamente dall’estero, così come per l’intera
Europa, è quella di investire massicciamente nello sviluppo delle
rinnovabili.
Bioenergie, idroelettrico, vento e solare: sono queste le quattro
filiere da sviluppare convintamente a livello nazionale e
regionale.
Se si analizzano i dati di produzione e di consumo, è
immediatamente quantificabile il ruolo rilevante delle importazioni
dall’estero per soddisfare la domanda.
I due miliardi all’anno stimati come necessari da dedicare al gas,
secondo il ministro Cingolani, andrebbero più utilmente dedicati
alla realizzazione di impianti da energia rinnovabile in
grado di colmare il deficit italiano con l’estero nei prossimi
cinque anni.
Un modello energetico sostenibile
In Sardegna ci sono ancora le condizioni per realizzare un
sistema energetico sostenibile, costituito da impianti di
produzione da fonte totalmente rinnovabile che rendano sostenibili
anche tutti i consumi a valle.
La regione Sardegna è nelle condizioni ideali per diventare una
unica comunità energetica regionale: ci sono le condizioni
strutturali,normative e tecniche che permettono di realizzarla.
Lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili e dei cittadini
possono costituire una valido percorso partecipativo della
cittadinanza sarda per arrivare in breve tempo ad un modello
interamente basato sulle rinnovabili.
Queste realtà economiche, culturali e sociali, dal nostro punto di
vista, vanno prese come esempio e possono essere replicate su
scala più ampia fino ad arrivare ad un processo politico economico
in grado di coinvolgere tutti i Comuni della Sardegna: è questa la
sfida che dovrebbe essere raccolta coralmente da tutte le forze
politiche sarde e dalla società civile.
Un progetto politico, culturale, economico, sociale e tecnologico
di questa portata richiede uno sguardo lungo, non di parte,
soprattutto una responsabilità politica bipartisan giacché in
Sardegna quasi tutto ruota intorno alla politica, se si vuole
riempire di contenuti ogni discorso sulla sostenibilità, sui
programmi e progetti del PNRR e sulla necessità di intervenire
significativamente contro il caro energia.
Sardegna totalmente rinnovabile
L’andamento dei consumi energetici ci permette di osservare che
in Sardegna si è avuta una crescita lineare caratterizzata da un
pendenza positiva costante dal 1983 al 2000, ancora sostenuta fino
a metà degli anni 2000, per poi presentare una diminuzione continua
fino al 2016.
Il picco complessivo dei consumi può essere riconosciuto intorno al
2010.
Il declino dei consumi industriali va di pari passo con la chiusura
e dismissione delle industrie dei poli industriali isolani un tempo
di proprietà della partecipazioni statali e poi in parte vendute ad
alcune multinazionali.
Il gas che arriva con 50 anni di ritardo, sicuramente accettabile
con l’avvio dei poli industriali nel secolo scorso, risulta
obsoleto come proposta energetica e antistorico da un punto di
vista politico, culturale e sociale.
Per questi motivi bisogna cambiare rotta e dire no ad ogni ipotesi
di riproposizione di combustibili fossili per la produzione di
energia elettrica, per l’uso termico e per la mobilità.
Secondo uno studio commissionato dal WWF e realizzato
dall’Università di Padova e dal Politecnico di Milano, entro il
2050 la Sardegna può ambire a diventare un’isola a energia
totalmente rinnovabile, abbandonando il carbone e creando dai 4mila
ai 9mila posti di lavoro. Lo studio “Una valutazione
socio-economica dello scenario rinnovabili per la Sardegna”
ipotizza lo scenario di chiusura degli impianti di produzione di
energia elettrica alimentati a carbone entro il 2025, e la
decarbonizzazione dell’intero sistema energetico al 2050, evitando
nuovi investimenti in combustibili fossili.
Anche l’Enel si è proposta di decarbonizzare l’isola con un
orizzonte della potenziale neutralità climatica anticipato al
2030.
Rispetto ai bisogni energetici della Sardegna, la produzione da
fonte rinnovabile è già oggi al 40%, ben al di sopra degli
obiettivi stabiliti dall’Europa e dal piano nazionale.
L’analisi dei dati, degli impianti da fonte rinnovabile già
presenti, le loro potenzialità di sviluppo, una diversa
programmazione delle produzioni e dei consumi in uno scenario
ecosistemico integrato, permettono di affermare che l’obiettivo
della neutralità climatica potrebbe essere raggiunto in un periodo
di 15-20 anni, pur di volerlo fare veramente.
Le risorse presenti nell’isola consentono peraltro di traguardare
anche la possibilità di generare ulteriore energia fino alla
produzione attuale che viene esportata, pur di programmare bene gli
interventi e facendo in modo che ci sia un effettivo protagonismo e
condivisione da parte delle comunità locali, delle imprese sarde e
delle istituzioni pubbliche.
Le possibilità ci sono tutte, basta mettersi in cammino e provarci
coralmente.
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