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L’art. 11 consente solo la difesa della patria, gli interventi esterni possono avvenire unicamente in seno a organizzazioni internazionali di pace
29 Marzo 2022
Nessun commento[2]
Andrea Pubusa
Chi cerchi nell’art. 11 della nostra bella Costituzione un
appiglio per andare oltre la guerra difensiva, come espressione del
sacro dovere di difesa della patria, sancito dall’art. 52, rimane
senza seri ancoraggi normativi. Deve ricorrere solo a forzature
a giustificazione di un proprio pensiero sul merito del
singolo intervento.
Lo hanno detto tanti commentatori, il verbo “ripudia” è ben di più
di un rifiuto della guerra perché unisce a questo un giudizio
morale prevalente e indiscutibile: la guerra è di per sé il massimo
dei mali verso il quale il rigetto è totale anche sul piano etico.
Questa formulazione non lascia spazi per alcuna attività
dell’Italia anche indiretta di partecipazione ad attività belliche
che non siano per la nostra stretta difesa perché sarebbe in ogni
caso una modalità di risoluzione delle controversie internazionali
con mezzi militari, anch’essa vietata dall’art. 11.
Allora dobbiamo negare che l’Italia, come singola, non possa mai
intervenire in conflitti anche quelli che appaiano come azioni in
difesa della democrazia? La Carta dice proprio questo, quando
ammette le limitazioni della sovranità necessarie ad un ordinamento
che assicuri la pace la giustizia fra le Nazioni e consente,
anzi auspica, il concorso alle organizzazioni internazionali
rivolte a tale scopo. Solo in seno alle organizzazioni
internazionali di pace il nostro paese può dispiegare un impegno
militare, ma non può farlo isolatamente. Se non si difende
direttamente il suolo italiano, il carattere difensivo della
pace del nostro impegno è garantito dal fatto ch’esso è deliberato
e si svolge in seno a organizzazioni internazionali di pace, l’ONU
innanzitutto.
L’invio di armi deciso dall’Italia in Ucraina è dunque contrastante
con la Carta, perché l’intervento è volto a concorrere a risolvere
una controversia internazionale con le armi, mentre non lo sarebbe
se avvenisse in applicazione di una decisione dell’ONU. Questa
sarebbe volta a ristabilire la pace e non - come il nostro invio -
ad alimentare la guerra. Ed infatti non sono mai state contestate
sul piano della legittimità costituzionale le missioni italiane di
pace in seno alle Nazioni unite.
Ora, badando alla vicenda Ucraina, suscita certo sconcerto e ferma
condanna l’attacco della Russia all’Ucraina e sorge istintivo un
moto di solidarietà con le popolazioni che è giusto esprimere con
l’accoglienza e l’invio di soccorsi umanitari d’ogni genere.
L’invio di armi è però altra cosa, la Carta - si ribadisce - lo ha
sottratto alla isolata valutazione del Parlamento italiano per
demandarlo a organizzazioni internazionali preposte alla soluzione
delle controversie internazionali. Solo in applicazione delle
risoluzioni di queste organizzazioni il nostro Parlamento può
deliberare l’invio di armi e di uomini fuori dal territorio
patrio.
A ben vedere, la disciplina costituzionale ha una sua intima
saggezza e una incontestabile razionalità. La valutazione
sull’invio di armi ove avvenga isolatamente è la risultante di un
giudizio politico di opportunità espresso dalla contingente
maggioranza interna del momento, con tutte le controindicazioni e
le parzialità del caso. Laddove invece questa decisione promani da
organizzazioni internazionali preposte alla soluzione pacifica
delle controversie internazionali, le ragioni di opportunità
acquisiscono una maggiore oggettività, conferita proprio dal
carattere concertato fra Stati in una sede internazionale a ciò
preposta. Insomma, l’invio di armi in conflitti in cui non è
direttamente in gioco la difesa del territorio italiano è sottratto
alla maggioranza di turno ed è rimessa ad una più ponderata e
rassicurante risoluzione internazionale.
Alcuni connettono l’ammissibilità dell’invio alla natura difensiva
delle armi. Ora, dove trovi appiglio questa distinzione nell’art.
11 non si sa proprio individuare, tuttavia oggi anche le armi meno
voluminose possono avere un carattere altamente offensivo, a
partire dai droni di ultima generazione, per cui questa apertura
porta certo lontano dal ripudio della guerra e dal divieto di
soluzione per via militare delle controversie internazionali. A ben
vedere apre le porte all’elusione, cioé alla violazione dell’art.
11 e 52 Cost.. Una china da scongiurare, anzi da ripudiare!
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