Andrea Pubusa
I movimenti anche condivisibili nei loro contenuti ed obiettivi,
possono non esserlo nel modo in cui sono indirizzati o gestiti. Di
solito poi bisogna sempre distinguere tra programma massimo e
programma minimo, ossia fra l’obiettivo generale e le tappe di
avvicinamento. Un esempio storico viene dai socialisti dei primi
del Novecento: c’erano i massimalisti e riformisti. I primi
volevano prima la rivoluzione sociale e solo dopo avrebbero
realizzato i loro obiettivi, gli altri pensavano di realizzare le
riforme parziali e così di realizzare gradualmente il
socialismo.
I nostri insulari dove stanno? Fra i massimalisti o fra i
riformisti? Ma sono massimalisti: o l’inserimento dell’insularità
nella Costituzione o niente. Solo la revisione della
Costituzione può - secondo loro - consentire di modificare la
situazione deteriore dei sardi. Gli imprenditori e i cittadini
sardi solo allora potrebbero realizzare le loro giuste pretese di
eguaglianza.
Ora, come tutti sanno, modificare la Carta non è semplice. Ci vuole
una vasta maggioranza, e formarla su questioni che interessano solo
una parte della popolazione non è facile. Ci vuole tempo, pazienza
e l’esito è incerto. Certo andare dal Presidente della
Repubblica è un bel risultato. Ed è bello. Io - scusate la
l’autocitazione - ci sono andato quando ero presidente della prima
commissione. Ci sono andato in missione segreta, con
Emanuele Sanna, allora presidente del Consiglio, e col capo
dell’opposizione democristiana, Pinuccio Serra. Nell’interesse
generale si lavorava insieme. Dovevamo trattare una certa
questione istituzionale in difesa delle prerogative regionali e
volevamo l’aiuto di Cossiga. Fu bello perché fummo convocati al
mattino molto presto e abbiamo fatto colazione col Presidente
in un gran salone, con specchi e affreschi, in un gran tavolo
tondo. Non vi dico! Un cameriere alto come i corazzieri in guanti
bianchi ci squadernava torte e dolci meravigliosi, cappuccini
ineguagliabili. Ogni ben di dio! E poi i
corazzieri quando passavi scattavano sull’attenti con un
fragore di tacchi! Che bello, veramante indimenticabile! Ti sentivi
importante, il rappresentante del popolo sardo. Da raccontare ai
nipoti nelle lunghe sere d’inverno davanti al caminetto!.
Posso assicurare che sarà una bella gita. per i nostri prodi
insulari. Rischiano, però, di spendere molte energie e di
rimanere con un pugno di mosche. Un modo per deprimere il
movimento, per farlo rientrare in se stesso. E allora, non è meglio
seguire la via opposta, praticare l’obiettivo? Cioè fare tutto ciò
che sembra utile a Costituzione invariata, pur senza abbandonare
l’obiettivo di fondo.
Ci sono nella Carta principi che riassumono quello che viene
espresso con la parola”insularità”? Certamente, l’ugualianza, i
diritti fondamentali, le libertà fra le quali c’è anche quella di
circolazione, rientrano fra questi. In Sardegna, sempre di rango
costituzionale, c’è anche il mezzo per fare tutti questo: l’art.
13. Prevede che si chiuda la forbice della diseguaglianza per la
Sardegna con un piano organico fatto dallo Stato col concorso della
Regione. Insomma, nella nostra disciplina di rango costituzionale
ci sono principi e strumentazione per forzare la situazione, per
lottare per dare ai sardi eguglianza di diritti, pari opportunità.
Perché allora non iniziare da qui, mentre si mantiene vivo
l’obiettivo dell’nsularità in Costituzione? Perché non declinare
proposte e mettere sù movimenti con obiettivi praticabili da
subito? Vorrei fare molti giri di parole, vorrei essere tenero con
gliamici insulari, ma sarei insincero. La ragione è semplice,
ma svela una dura e triste verità. Per avanzare rivendicazioni
immediate ci vogliono idee, programmi, proposte, non semplici
slogans. E qui casca l’asino. Non me ne vogliano gli
insulari. Questi contenuti non si vedono. Si vede solo un motore
che fa molto runore, ma rimane immobile, fermo, aspettando la
revisione costituzionale, che non si sa se e quando arriverà? Bene
ora andate in gita (come scolaretti) al Quirinale. E poi?
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