Andrea Pubusa
Un decreto annunciato, quello del Presidente del Tar Sardegna,
dati i precedenti, tutti favorevoli al governo. Scontata anche la
tesi di fondo: la competenza è statale, la Regione in autonomia non
può restringere la libertà di circolazione e soggiorno neppure per
motivi di sanità e sicurezza. La base di tutto - vedi il post
precedente - è l’art. 16, che demanda al legislatore statale la
discplina ordinaria e i provvedimenti attuativi, La via da seguire
sarebbe dunque quella di un’intesa Regione Sarda/Governo da far
rifluire in atti dello Stato.
Scontate, dunque, anche le argomentazioni del presidente del Tar
Sardegna, che, al pari degli altri Tar regionali, hanno seguito la
via dell’allineamento alll’indirizzo governativo.
Cosa dice il decreto del Presidente del Tar?
Il ricorso del governo proposto presenti ragionevoli probabilità di
esito favorevole per le seguenti ragioni:
- le disposizioni dettate per la gestione dell’emergenza nazionale
(e
sovranazionale) da Covid-19 e per l’emanazione dei necessari
interventi di
tutela della salute, attribuiscono al decreto del Presidente del
Consiglio dei
ministri (D.P.C.M.) la competenza primaria all’adozione delle
misure di
contenimento dell’emergenza epidemiologica in atto, all’esito
del
procedimento dettato dall’art. 2, comma 1 del decreto legge 25
marzo
2020, n. 19, recante «Misure urgenti per fronteggiare
l’emergenza
epidemiologica da COVID-19», convertito, con modificazioni, dalla
legge
22 maggio 2020, n. 35 (successivamente in parte modificato con
decretolegge 30 luglio 2020, n. 83);
- ai sensi del successivo art. 3, comma 1, dello stesso d.l. n. 19
del 2020, le
Regioni “in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di
aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio
o in una
parte di esso”, “possono introdurre misure ulteriormente
restrittive” ma
solo “nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del
Consiglio dei
ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata
fino a tale
momento”, nei limiti delle attività di loro competenza e senza
incisione
delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per
l’economia
nazionale;
- tale distribuzione di funzioni, tenuto conto del carattere
nazionale (e
sovranazionale) della emergenza da Covid 19, risulta coerente con
le
disposizioni di rango costituzionale che regolano la distribuzione
delle
competenze fra gli organi dello Stato e le Regioni ed è ispirato ai
principi
di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nonché del
principio pure
costituzionale di leale collaborazione;
- le regioni possono quindi adottare eventuali misure interinali e
di
ulteriore profilassi, giustificate da «specifiche situazioni
sopravvenute di
aggravamento del rischio sanitario» per il territorio regionale,
da
esercitare per ragioni di urgenza e nelle more dell’adozione di un
nuovo
D.P.C.M.;
- la specifica questione degli spostamenti fra regioni è peraltro
disciplinata
espressamente dal decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito
con
modificazioni dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, che, all’art. 1,
comma 3,
stabilisce che «a decorrere dal 3 giugno 2020, gli spostamenti
interregionali possono essere limitati solo con provvedimenti
adottati ai
sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, in
relazione a
specifiche aree del territorio nazionale, secondo principi di
adeguatezza e
proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente
in dette
aree»; il successivo comma 4 dell’art. 1 detta analoga disposizione
per gli
spostamenti da e per l’estero che possono essere limitati secondo
principi
di adeguatezza e proporzionalità al rischio epidemiologico e nel
rispetto
dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea e degli
obblighi
internazionali;
- tali disposizioni riservano, dunque, allo strumento del D.P.C.M.,
previsto
dall’art. 2 del Decreto legge n. 19 del 2020, eventuali interventi
limitativi
della circolazione delle persone sia tra le varie regioni italiane
che da e
verso l’estero;
- nella fattispecie, l’ordinanza impugnata, adottata l’11 settembre
2020,
nella parte in cui, agli articoli 10, 11 e 12, detta, con
decorrenza dal 14
settembre 2020, regole riguardanti coloro che intendono fare
ingresso nel
territorio regionale, non risulta emanata nel rigoroso rispetto
delle citate
disposizioni e comunque in presenza di situazioni sopravvenute
(dopo
l’emanazione dell’ultimo D.P.C.M, in data 7 settembre 2020) di
tale
urgenza da dover giustificare un intervento che risulta limitativo
della
circolazione delle persone fra le regioni nonché da e verso
l’estero;
- le disposizioni impugnate devono ritenersi effettivamente
limitative della
circolazione delle persone tenuto conto che, oltre a prevedere per
tutti
coloro che, anche in assenza di sintomi della malattia, intendono
fare
ingresso nel territorio regionale (con esclusione dei soggetti
indicati
all’articolo 12), la presentazione, all’atto dell’imbarco,
dell’esito di un test
(sierologico o molecolare o antigenico rapido), effettuato nelle 48
ore
precedenti, costringono coloro che non avessero effettuato
preventivamente il test ad effettuarlo, a mezzo di tampone, entro
48 ore
dall’ingresso nel territorio regionale, in strutture pubbliche o
private
accreditate presenti nella regione, prevedendo per gli stessi
“l’isolamento
domiciliare”, fino all’esito negativo degli stessi esami e salvo
ulteriori
diverse disposizioni dell’Azienda sanitaria competente;
- non risulta pertanto condivisibile la tesi, sostenuta negli
scritti difensivi
della Regione, secondo cui le misure in contestazione non
inciderebbero
sulla libera circolazione delle persone prevedendo solo un sistema
di
verifica e controllo degli ingressi volto ad accertare la presenza
del virus
per evitarne la diffusione;
- le disposizioni limitative della libera circolazione delle
persone,
incidendo su un diritto costituzionalmente garantito (art. 16
della
Costituzione) e su una delle libertà fondamentali garantite
dall’ordinamento giuridico dell’Unione Europea, possono essere
adottate
con D.P.C.M. solo in presenza di ragioni di straordinaria necessità
ed
urgenza e, come si è detto, nel rispetto dei principi di
adeguatezza e
proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente
in
determinate aree.
Fin qui l’argomentazione strettamente giuridica,
difficilmente contestabile.
Non sono condivisibili le argomentazioni di merito. Dice
il decreto: “”l’aggravamento del rischio sanitario, determinato
dall’incremento dei
contagi accertati nella regione, che ha determinato l’adozione
delle misure
in contestazione non sembra comunque di tale rilevanza da
giustificare
l’adozione di una misura, che incide sulla libera circolazione
delle persone”.
Non pare condivisibile neanche l’uòteriore
affermazione: “l’indicato rilevante incremento dei contagi
nella Sardegna si è verificato
in relazione al forte afflusso turistico del mese di agosto in
condizioni che
non sono peraltro destinate a ripetersi con l’imminente termine
della
stagione estiva”. Idem per la successiva: “non risulta
dimostrata una insostenibile pressione sul sistema sanitario
regionale, tale da imporre limitazioni alla libera circolazione
delle persone,
anche perché l’incremento del numero dei contagiati nella regione è
stato
in buona parte determinato dall’incremento del numero dei test e
della
rilevazione del virus in numerosi soggetti asintomatici; la
misura contestata non appare - dice il presidente del Tar -
pertanto adottata nel rispetto delle
indicate disposizioni normative e nel rispetto dei principi di
adeguatezza e
proporzionalità al rischio epidemiologico effettivamente presente
nella
regione nonché in presenza di ragioni di necessità ed urgenza tali
da
giustificare l’adozione, con ordinanza regionale (e non con un
D.P.C.M), di
una misura limitativa della libera circolazione delle persone fra
le regioni e fra le nazioni.
Sulle considerazioni di fatto, non si può concordare.
In effetti sono espressione di un atteggiamento dei non sardi (dei
“continentali”), che vedono la Sardegna più come espressione
geografica che come comunità di cittadini. Per noi indigeni la
percezione è diversa, ossia che la Sardegna era sostanzialmente
libera dal virus e che la pretesa centralistica di adottare una
disciplina non articolata per aree regionali, non disponendo
controlli per i turisti in entrata, abbia portato alla diffusione
dei contagi in tutta l’Isola. Nell’insieme i provvedimenti adottati
nei mesi scorsi e anche oggi, lasciano noi abitanti dell’isola alla
mercé di irresponsabili portatori di contagio che vengono
d’oltremare. C’è qualcuno che può provare il
contrario?
- SARDA NEWS -
LEGGI TUTTE LE NOTIZIE DI OGGI
Sarda News non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità nei suoi contenuti originali. La responsabilità del contenuto degli articoli importati dai feed rss è totalmente a carico della reale fonte dell'informazione indicata al termine di ogni notizia.
Sardanews.it - portale web informativo, non gode di finanziamenti pubblici, non chiede registrazioni personali agli utenti, totalmente gratuito, autofinanziato e sostenuto dai banner pubblicitari che compaiono tra le notizie. Se vuoi sostenerci ti ringraziamo per la fiducia e ti invitiamo a disabilitare eventuali adblock attivi sul tuo browser. Per info e segnalazioni scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.