Alfiero Grandi
Il taglio dei parlamentari è stato deciso senza una discussione
corrispondente all’importanza della modifica di questo aspetto
fondamentale della Costituzione, il referendum è necessario e
occorre lavorare per fare prevalere il No per bloccare una deriva
demagogica e populista.
La Costituzione della nostra Repubblica (art.1) afferma che “la
sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei
limiti della Costituzione”. Per questo sono elettrici ed elettori
tutti i cittadini che hanno diritto ed esercitare il diritto di
voto che è “un dovere civico” (art.48). L’esercizio di questo
dovere porta all’elezione dei rappresentanti degli elettori:
deputati e senatori, in sostanza il parlamento. Cambiare il numero
dei parlamentari incide direttamente sul ruolo del parlamento, un
pilastro della nostra democrazia.
Il referendum popolare serve a decidere se è giusto tagliare del
37% il numero dei deputati e dei senatori.
L’argomento di fondo è il risparmio dei costi, in realtà questa è
una sforbiciata irrilevante (per Cottarelli 0,007 % del bilancio
dello stato) mentre altera la capacità del parlamento di
rappresentare gli elettori, perchè alza di molto la soglia per
eleggere deputati e senatori. In altre parole per eleggere un
deputato alla Camera ci vorrà almeno il 5 % dei voti e al Senato il
10%, in tanti casi molto di più.
Di Maio dopo l’ultimo voto alla Camera ha organizzato una
sceneggiata con forbici, poltrone tagliate e cifre gonfiate sui
risparmi, mettendo in ridicolo il ruolo del parlamento. Fa il paio
con Casaleggio che ha previsto che entro qualche decennio il
parlamento non sarà più necessario, dimenticando che senza il
parlamento sarebbe la democrazia che conosciamo a non esserci
più.
Il parlamento non può essere giudicato con questi criteri. C’è una
crisi di fiducia tra istituzioni e cittadini ma concentrare le
responsabilità sul parlamento è un errore, uno scaricabarile,
mentre dovrebbe essere un dovere individuare i modi per ridare
credibilità al ruolo del parlamento.
Se il parlamento oggi gode di scarsa considerazione è
responsabilità anzitutto dei governi che impongono i loro
provvedimenti con ogni mezzo: decreti legge approvati senza
urgenza, voti di fiducia a raffica per imporre le decisioni,
ricatto sui tempi di approvazione delle leggi come avviene da
alcuni anni con le leggi di bilancio, a cui vanno aggiunti i
meccanismi di elezione dei parlamentari che hanno come obiettivo
garantire la fedeltà degli eletti ai capi, che di fatto li nominano
e i più fedeli ai capi non sono sempre i parlamentari migliori, al
contrario.
La crisi dei partiti che in passato hanno svolto la selezione dei
parlamentari ha lasciato il campo a partiti personali, i cui capi
non cercano i migliori ma gli yes man, disponibili ad obbedire.
Come se questo non bastasse c’è chi propone l’introduzione del
vincolo di mandato per gli eletti, che renderebbe definitiva la
soggezione ai capi. Per fortuna finora la Costituzione (art.67) ha
garantito che i parlamentari non hanno vincoli di mandato.
Il ruolo del parlamento oggi è svilito, subalterno, lontano
dall’affermazione che “ogni parlamentare rappresenta la nazione”
(art 67). Berlusconi anni fa aveva proposto che votassero solo i
capigruppo, in modo da avere garanzia di obbedienza totale del
parlamento, malgrado avesse votato che Ruby era la nipote di
Mubarak.
Da due decenni i cittadini non decidono i parlamentari che a loro
dovrebbero rispondere delle scelte.
La fiducia dei cittadini nei loro rappresentanti si può recuperare
solo con una svolta che affidi agli elettori la scelta di chi
eleggere, invece le leggi elettorali da due decenni prevedono che
l’elettore voti la lista, ma i candidati da eleggere sono decisi
dai capi partito, in totale solitudine.
Da diverse parti ora si riconosce che la scelta di tagliare i
parlamentari è avvenuta senza un dibattito sul ruolo del
parlamento, ma spesso si aggiunge che i sondaggi dicono che i
cittadini sono favorevoli al taglio, quindi il No non ha futuro, in
pratica un referendum inutile.
Premesso che il voto degli elettori è sovrano e il referendum
popolare deciderà per tutti, già nel 2016 si diceva che il No era
al 20% e avrebbe perso mentre ha vinto.
E’ vero che ogni referendum fa storia a sé e sul taglio dei
parlamentari la situazione è più complicata che nel 2016, ma è
fondamentale che possano essere espresse in una campagna elettorale
le ragioni contrarie ad una scelta populista e demagogica che ha
individuato con questo taglio dei parlamentari la soluzione
peggiore, peggiorando la situazione attuale. Per di più il
confronto con altri paesi europei non segnala differenze
sostanziali per i deputati, mentre è impossibile un confronto
europeo per il senato, basta leggersi lo studio della Camera.
In passato altri hanno proposto di ridurre il numero dei
parlamentari. Rodotà, un riferimento per tanti di noi, propose di
mantenere la sola Camera dei deputati, ma rafforzando il ruolo del
parlamento e prevedendone l’elezione con legge proporzionale, altri
hanno proposto un senato delle regioni, nulla a che spartire con la
proposta del 2016, ma queste proposte puntavano a rafforzarne la
funzione, non a ridurla.
Questo taglio dei parlamentari ha avuto un percorso tortuoso, la
maggioranza giallo verde lo ha votato per tre volte, mentre la
“sinistra”, che è nell’attuale maggioranza, aveva votato contro e
poi - con una giravolta - ha votato a favore nell’ultima votazione
della Camera. In realtà questa modifica costituzionale è un prezzo
pagato per la formazione del 2° governo Conte, ma cambiare la
Costituzione in cambio di interessi politici contingenti è una
scelta inaccettabile.
Rendendosi conto della contraddizione si era deciso di
riequilibrarne gli effetti con altre modifiche della Costituzione e
una nuova legge elettorale, ma in particolare la nuova legge
elettorale non c’è e da quel che si sa i parlamentari continueranno
ad essere nominati dall’alto e non scelti dagli elettori e spazzerà
via i partiti minori.
Cambiare la Costituzione per fini politici immediati con il taglio
dei parlamentari è una scelta simile a quella che fece Renzi nel
2016.
E’ giunto il momento di arginare la demagogia anti istituzionale,
il populismo facilone, contrapponendo una battaglia di verità,
anche da posizioni minoritarie. Quale occasione migliore che
riaffermare ruolo e centralità del parlamento, che risale alla
rivoluzione francese ?
Opporsi al populismo, alla facile demagogia che strumentalizza il
disagio dei cittadini, al tentativo di destabilizzare le
istituzioni previste dalla nostra Costituzione - oggi con il taglio
dei parlamentari – è importante perchè in pentola bolle qualcosa di
più importante come lo sconvolgimento dell’attuale assetto
istituzionale.
La destra ambisce da tempo a stravolgere le istituzioni della
Repubblica e vuole il presidenzialismo, Salvini ne ha parlato
apertamente, arrivando a fissare l’elezione diretta del capo dello
stato per il 2029 e non è l’unico aspetto. La Lega infatti spinge
per una maggiore autonomia di regioni come Lombardia e Veneto, che
porterebbe ad una quesi secessione, all’abbandono di una parte
delle regioni più deboli al loro destino. E’ una contraddizione tra
la nuova Lega, che ha ambizioni nazionali, e la vecchia Lega
secessionista che si pensa di superare con il presidenzialismo e un
accentramento dei poteri, non a caso Salvini ha chiesto pieni
poteri.
Lo schieramento democratico e di sinistra non riesce a contrastare
con la forza necessaria questa pericolo e se subisce questo taglio
si arriverà a rendere definitivamente subalterno il ruolo del
parlamento.
La questione al centro del prossimo referendum è il taglio dei
parlamentari, a cui occorre rispondere no, ma è anche l’occasione
per porre con forza la richiesta che i rappresentanti siano scelti
direttamente dagli elettori, per ridare credibilità e forza alla
democrazia parlamentare prevista dalla nostra Costituzione.
I poteri forti della e nella globalizzazione puntano a ridurre i
parlamenti, quindi la sovranità politica, ad un ruolo
subalterno.
Bisogna decidersi a contrastare nel merito una deriva populista e
demagogica che finora ha finito con l’aprire la strada alla destra
peggiore.
La Costituzione non può essere a disposizione delle convenienze
contingenti, meglio votare no.
- SARDA NEWS -
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