Tonino Dessì
Per giorni l’emissione di un’immensa fumata nera è stata scorta,
nella zona industriale di Cagliari, sopra gli impianti della SARAS.
Le immagini hanno girato viralmente sui social, a testimonianza di
un allarme diffuso.
Infine si è appreso che la nube non era emessa dalla raffineria, ma
dalla centrale elettrica Sarlux.
Non so se tutti sappiano di cosa si tratti.
È una delle più grandi centrali di produzione di energia elettrica
sarde (sono tre: due private, Sarlux qui e Fiume Santo a Porto
Torres; una Enel, la “Grazia Deledda”, a Portoscuso).
Sarlux afferma di essere addirittura la più grande del
Mediterraneo, come del resto è la raffineria anch’essa di proprietà
della famiglia Moratti (Milano).
Ha una potenza di 570 MW e produce annualmente 4 miliardi di KWH,
una quantità pari al 42 per cento dell’energia elettrica consumata
in Sardegna.
Buona parte tuttavia entra nella rete elettrica nazionale e nella
relativa distribuzione.
La caratteristica principale di Sarlux è che si tratta di una
centrale IGCC (Integrated Gasification Combined Cycle), un processo
di produzione di energia elettrica tramite gassificazione degli
idrocarburi derivanti dalla raffinazione del petrolio.
Per la precisione Sarlux gassifica i residui ad alto contenuto di
zolfo (TAR) e altri residui pesanti della raffinazione (peci
clorurate, fanghi petroliferi etc.).
È strettamente funzionale allo smaltimento di quei residui, sia
perché altrimenti Saras dovrebbe sostenere costi elevatissimi per
il loro trattamento e confinamento sia perché da circa un ventennio
nemmeno gli oli pesanti (ATZ), che potevano contenere alte
percentuali di quei residui, hanno più un mercato: non li
acquistano nemmeno nei Paesi più arretrati e in Europa ne è vietato
l’uso.
La centrale ha goduto per la sua realizzazione e gode per la sua
gestione produttiva di agevolazioni pubbliche, il Cip-6, il cui
costo è spalmato sulla bolletta elettrica di tutti gli utenti
italiani.
Un “aiuto” pubblico per alleggerire da un gravame la Saras, col
corrispettivo di un processo di produzione energetica relativamente
più “pulito”, quanto a emissioni e a scarti finali, di quello delle
normali centrali a olio combustibile.
Ora, senza addentrarci in ulteriori particolari, proviamo a
immaginare il contenuto e la composizione della nube che
ininterrottamente è stata sparsa in atmosfera per giorni nell’area
cagliaritana in conseguenza del “fermo impianti” causato
dall’incidente tecnico infine dichiarato dalla Saras.
Non mi parrebbe affatto un’illazione ritenere che il processo di
gassificazione si sia inceppato e che le emissioni in atmosfera
derivino, anche solo per fini di “spurgo”, dalla combustione pura e
semplice delle materie prime (o meglio, dei residui pesanti di
raffineria) aventi la composizione che sommariamente abbiamo
descritto.
Il fatto che il sistema di rilevazione delle emissioni non registri
valori particolarmente alti (questo dice Saras: però si tratta di
autocertificazione, essendo lo stesso sistema sotto il suo
controllo) è, se vogliamo, anche più inquietante, perché rivela la
dubbia affidabilità del complesso dei controlli e degli
autocontrolli.
Infatti l’alto camino e la dinamica dei venti del Golfo
cagliaritano hanno consentito da sempre alla centrale di disperdere
su un amplissimo raggio le emissioni (vantaggio di collocazione che
ha sempre caratterizzato non solo Sarlux, ma l’intera adiacente
raffineria e altri impianti industriali, nonchè l’inceneritore di
rifiuti Tecnocasic).
Le centraline di rilevamento invece sono collocate su un raggio
(gli impianti, l’abitato di Sarroch) molto più piccolo.
Rileverebbero alti valori, in pratica, solo se un incidente
circoscritto causasse emissioni non smaltibili dai camini.
E infatti non rilevano quasi mai, nella gestione ordinaria,
alcunchè di allarmante.
Ma come è ovvio (e come sa, anche solo olfattivanente, chiunque
abiti o attraversi il territorio immediatamente prossimo agli
impianti), non si tratta di un complesso industriale-energetico di
produzione di ossigeno puro.
Spero di aver chiarito le questioni che in questi giorni si sono
rivelate in tutta la loro gravità.
In altri luoghi, in circostanze analoghe, sarebbero scattati
immediatamente controlli amministrativi e persino indagini di
autorità inquirenti.
Qui non se ne ha ancora notizia alcuna.
Penso che se perdurasse l’assenza di notizie su iniziative di
procedimenti d’ufficio, la prima cosa da fare da parte dei
cittadini dovrebbe essere un esposto-denuncia formale alla Procura
della Repubblica.
Sono davvero stanco delle modalità tutte politico-mediatiche con
cui anche noi, come opinione pubblica, affrontiamo occasionalmente
questa scandalosa situazione.
Io lo sono più di altri: e veniamo qui alla parte
amministrativa.
Nel 2005, a seguito di iniziativa legislativa della Giunta su mia
proposta congiunta con l’Assessore di allora della sanità, il
Consiglio regionale ha istituito l’ARPAS, l’agenzia regionale per
la protezione dell’ambiente.
Allora eravamo l’unica Regione a non averla ancora istituita.
Ebbene, a distanza di quindici anni, mi chiedo cosa stia facendo,
l’ARPAS? Chi la dirige, chi la gestisce, come funziona? E
funziona?
Ecco, io porrei intanto da subito, nelle sedi istituzionali
competenti, questa questione.
A monte naturalmente resta la questione della sostenibilità di
quegli impianti.
Certo, sappiamo che rappresentano il 90 per cento del potenziale
produttivo e delle esportazioni di beni dell’intera Sardegna.
Ma non è una buona ragione per garantire loro l’impunità.
- SARDA NEWS -
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