Andrea Pubusa
Parlare di Lussu giurista sembra una forzatura. Certo si laureò
in leggi, certo fu iscritto all’albo ed esercitò per breve tempo
l’avvocatura, ma sul capitano dei Rossomori l’ultima pensata è
quella di considerarlo giurista, almeno nell’accezione usuale. E
Italo Birocchi lo conferma nel suo bel libro da poco in
libreria: studi stentati, studente mediocre, tesi, a dire dello
stesso Lussu, veloce e scopiazzata. Anche come studioso di diritto
non eccelse, lo dimostra la sua biblioteca, formata in funzione
della professione più che per l’approfondimento teorico. Come
avvocato fu eccellente, le cause - ci prova Birocchi - le vinceva,
ma non fece in tempo a diventare principe del Foro, perché urgevano
altri impegni. Ecco questo è il punto. I tempi non erano tali da
lasciare che un temperamento forte come quello dell’uomo
dell’Altopiano potesse dimostrare il suo valore se non nell’azione,
se non nell’irrompere con determinazione nelle vicende drammatiche
della polis. Non erano le aule di giustizia i suoi campi di
battaglia.
Poco utile allora il libro dell’amico Italo? Al contrario,
utilissimo! Del resto un saggio di uno storico dello spessore di
Birocchi è sempre prezioso, la sua lettura, anche quando la
trattazione tocca temi ben noti, è quantomai stimolante perché la
sensibilit storica dell’autore e la sua cultura giuridica colorano
in modo nuovo vicende già da altri narrate. Ne volete una conferma?
Leggete le pagine sul processo per l’ammazzamento del fascista
Porrà o la vicenda dell’espulsione di Lussu dall’Ordine degli
avvocati per indegnità morale. Nel primo l’avv. Lussu mostra tutta
la sua intelligenza e il suo felice intuito nell’impostare la
difesa, poi risultata vincente. Nella radiazione dall’Ordine
professionale la sua autodifesa bolla d’infamia in eterno i suoi ex
colleghi ed ex amici ed ex compagni di militanza, che lo
sanzionarono. Mostra la loro perenne indegnità nell’adottare un
provvedimento, da cui emerge la disonestà intellettuale e
l’asservimento al regime di componenti di un Ordine nato per la
tutela della libertà nell’esercizio di una professione
liberale.
Il libro, col suo originale punto di osservazione, la cultura
giuridica di Lussu, evidenzia. a leggere anche fra le righe, un
altro elemento di questa gigantresca personalità. Lussu è giurista
più di tanti giuristi - secondo i comuni parametri (la cattedra, il
successo nel Foro) - comunemente considerati più illustri di lui.
Lo è perchè i diritti e le libertà, che ha studiato nei manuali li
ha tanto ben compresi che sono diventati in lui tutt’uno con la sua
azione civile e politica, decisa e senza quartiere. Lussu difende i
diritti e le libertà non solo, finché può, nella aule di giustizia,
li difende in trincea, li difende quando organizza i comitati di
difesa dalle violenze fasciste a Cagliari. Mi raccontava Nino
Bruno, vecchio operaio comunista e antifascista cagliaritano:
“eravamo tutti lussiani, anche se non c’era un ordine del
partito comunista di aderire ai suoi comitati, perché lì si teneva
testa ai fascisti e Lussu col suo coraggio, ci induceva a tenere la
piazza”; tradotto in termini giuridici a difendere i nostri
diritti e le nostre libertà sul campo, senza indietreggiare. Nino
Bruno era presente anche all’assalto della sua abitazione.
“Avvertimmo Lussu che una marea di gente si accingeva a salire
sulla via Manno per farlo fuori. Lussu cenava in un ristorante
sotto casa”. Con calma disse ai quei sui giovani seguaci,
stupendoli: “adesso finisco di cenare, poi salgo a casa.
Avvertite gli assalitori che sono coraggiosi solo perché sono in
tanti, che il primo che si presenta, o nella porta o nel balcone,
sarà solo e se la vedrà con me, che sono armato“. E così fu.
Porrà rimase a terra, gli altri se la diedero a gambe. Tra
parentesi, Nino mi raccontò anche che in seguito quando facevano la
distribuzione dei fondi raccolti dal “Soccorso rosso” per
sostenere le famiglie degli antifascisti colpiti dalla repressione,
davano una parte anche alla famiglia di Porrà, popolani indigenti
di Castello.
Non teorico dunque, nè avvocato di grido perché il suo tempo era
dedicato a difendere diritti e libertà degli umili e del popolo
sardo. Nessuno più di Lussu dà all’osservatore la sensazione di
riassumere nella sua persona le aspirazioni di un popolo intero.Il
federalismo in lui non nasce dai manuali, non è frutto di
consapevoli reminiscenze storiche, è un fatto sentimentale,
cresciuto e alimentato fin da bambino a sentire le storie dei
re-pastori, delle cacce al cinghiale, dei sacrifici dei pastori
nelle immense solitudini sarde, delle bardane, delle sopraffazioni
straniere, frutto della disunione dei sardi. Ed è questa che lui
voleva vincere, partendo dalla tragica vita in trincea, dove i
sardi avevamo iniziato ad acquistare, unendosi, coscienza di
popolo, e lui ne era il mitico capitano. Non è un caso che nella
celebre polemica con Laconi, Lussu vede l’ingresso del popolo sardo
nella storia col movimento sardista e socialista. E mentre Laconi
lo invitava a vedere la storia sarda che, come un fiume carsico, da
Angioy e ben prima dava segni di soggettività liberatrice e,
nonostante l’interramento, dopo la sconfitta di Giommaria,
riemergeva continuamente nell’Ottocento, in moti popolari e
pensatori (Tuveri, Asproni e altri), lui, l’Uomo di Armungia, ne
era già consapevole per via sentimentale. E lui a quell’impresa
storica si sentiva votato. E dunque a questo si preparava negli
anni degli studi universitari, di questo diede prova superba ancora
giovane nell’Altopiano, questa è la cifra caratterizzante la sua
vita, travagliata, ma meravigliosa.
Il libro di Italo Birocchi ha il pregio di delineare questa
grandezza dell’Uomo di Armungia, anche in un campo in cui in
apparenza non eccelse, il mondo giuridico. Al contraio, Italo fa
emergere la figura di un giurista vero, inteso come persona che
lotta per il diritto dei ceti subalterni, come singoli e come
classe, e di un intero popolo oppresso.
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