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23 Febbraio 2021
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Alfiero Grandi
Più semplice è giudicare gli impegni presi da Draghi in
parlamento durante la fiducia. Ma in questa occasione mi interessa
mettere l’accento sui silenzi, che possono avere diverse
motivazioni, come concentrare l’attenzione su alcuni punti oppure
allontanare problemi complicati che potrebbero aprire ferite nella
compagine che lo sostiene.
In attesa di chiarimenti vale la pena di sottolineare alcuni
silenzi perché si tratta di argomenti di grande rilievo che prima o
poi busseranno alla porta.
Anzitutto la legge elettorale.
Il governo Conte 2 si è occupato della legge elettorale nella fase
finale della sua vita, quando il Presidente del Consiglio affermò
in parlamento che il governo sceglieva il proporzionale. Troppo
tardi perché ormai il destino del governo era imminente. La
maggioranza parlamentare si era fatta bloccare dall’interdizione di
Italia Viva che ha sabotato (anticipo di un sabotaggio ben più
grave come la caduta del governo Conte) la possibilità di prendere
decisioni in materia di nuova legge elettorale e di modifiche
costituzionali ritenute importanti per recuperare alcuni dei
difetti più gravi del taglio del parlamento. Perfino l’abbassamento
dell’età per votare per il Senato è stato bloccato da Italia Viva.
La maggioranza non ha saputo fare altro che subire lo stop in
attesa di tempi migliori.
Così si è arrivati all’assurdo che il governo Conte all’inizio del
gennaio 2021 ha approvato il decreto che ridisegna i collegi
elettorali e le circoscrizioni previste dal rosatellum sulla base
della legge fatta approvare nel maggio 2019 dalla maggioranza Lega
– Movimento 5 Stelle che anticipava il taglio dei parlamentari.
Andare al voto anticipato quindi voleva dire farlo con il
rosatellum reso ancora più maggioritario e incostituzionale. Una
legge che consegna a tavolino un vantaggio al centro destra, messa
in funzione dalla maggioranza Pd/Leu/M5Stelle solo perché
l’insipienza ha lasciato trascorrere il tempo. Quindi in caso di
elezioni anticipate il sistema di voto sarebbe stato il peggiore
possibile.
Draghi non ha chiarito cosa intende fare e se l’impegno per
approvare una nuova legge elettorale preso dal precedente governo
andrà avanti.
È vero che la legge elettorale è un tipico compito del parlamento.
Anche se la Costituzione non detta regole precise su come deve
essere costruita la legge elettorale sono previste regole per la
sua approvazione e alcuni principi da rispettare. Tuttavia è
normale che il parlamento approvi una nuova legge elettorale alla
presenza del governo che dovrebbe evitare di invadere poteri
altrui. In passato Renzi da presidente del Consiglio lo ha fatto
per l’Italicum, usando più volte il voto di fiducia su un testo
approvato dal governo. Per fortuna la vittoria del No al referendum
ha sterilizzato anche la legge elettorale, l’Italicum.
Naturalmente sarebbe un errore chiedere al governo Draghi di
imitare il governo Renzi, tuttavia il governo può e deve avere una
sua opinione sull’argomento e può aiutare il parlamento.
Il nodo di fondo è comprendere che va chiusa l’epoca delle
manomissioni della Costituzione, il cui ruolo è fondamentale nella
nostra democrazia parlamentare. Per questo la legge elettorale
dovrebbe aiutare a impostare la prossima legislatura come
un’autentica svolta politica nella capacità di essere
effettivamente rappresentativa dei cittadini e composta da
parlamentari scelti da loro direttamente e non dai vertici dei
partiti. Una sorta di nuova fase politica, quasi una
costituente, della capacità di rappresentare i cittadini.
Altrimenti sarà la nostra democrazia parlamentare a correre seri
rischi, aprendo la strada al presidenzialismo, all’accentramento
delle decisioni e dei poteri, all’uomo/donna forte. Per questo la
legge elettorale deve cambiare, il rosatellum va buttato nel
cestino della storia, con una scelta di fondo verso il
proporzionale, la possibilità di scegliere i propri rappresentanti,
il superamento della subalternità del parlamento al governo. In
altre parole va rilanciata la nostra democrazia parlamentare. Di
questo il governo Draghi deve occuparsi e deve scegliere.
Il secondo silenzio riguarda il rischio che corre l’unità
nazionale. Non basta citare Cavour come ha fatto Draghi.
L’autonomia regionale differenziata su cui insistono alcune
regioni, purtroppo anche di centro sinistra, potrebbe essere il
grimaldello per mettere in discussione l’unità nazionale, la
solidarietà, i diritti che la Costituzione garantisce a tutti i
cittadini.
Anche su questo importante punto silenzio. Eppure la pandemia ha
dimostrato che la non chiarezza nella divisione dei poteri tra
regioni e stato, disegnata dal titolo V modificato nel 2001, spinge
alla confusione che spesso ha prevalso durante questo anno segnato
dal Covid 19 e questo ha indebolito la risposta e creato confusione
e incertezza tra i cittadini. In realtà è la riforma del 1978 che
ha creato il SSN che pian piano è stata modificata dalle singole
regioni, che nel caso della Lombardia ha portato alla crisi del
sistema sanitario territoriale e ha creato una pressione
ingestibile sugli ospedali. In questo modo i diritti dei cittadini
non sono stati garantiti allo stesso modo in tutta l’Italia, non
solo nelle regioni più deboli ma anche nelle regioni considerate
forti come la Lombardia. La differenziazione ha creato problemi a
tutti i cittadini.
La sanità è solo l’antipasto. Se dovesse andare avanti l’autonomia
differenziata ci troveremmo in settori fondamentali come sanità,
scuola, investimenti, ambiente, lavoro di fronte al concreto
rischio di non essere più in grado di garantire gli stessi diritti
esigibili a tutti i cittadini in ogni parte del nostro paese.
Andrebbe rivisto il titolo V della Costituzione riscritto nel 2001,
ma in questa complicata e difficile situazione politica e sociale è
difficile immaginare che questo parlamento possa compiere questo
miracolo, forse conviene concentrarsi su un punto centrale:
rafforzare l’attuale articolo 120 prevedendo in sostanza una norma
sulla prevalenza dell’interesse nazionale e l’obbligo per il
governo di farlo rispettare alle regioni. In altre parole: no
all’autonomia regionale differenziata, si al rispetto dei diritti
per tutti i cittadini previsto dalla Costituzione.
Ci sono ragioni di preoccupazione per alcuni Ministri del governo,
per il ruolo della Lega nella maggioranza anomala che sostiene il
governo Draghi. Per questo la questione dell’autonomia regionale
differenziata non deve essere lasciata a sé stessa, anche perché
entrerà direttamente nelle scelte sul rapporto Nord/Sud.
Non è un caso che la neo assessore Moratti abbia cercato di gettare
sulla bilancia delle vaccinazioni la spada di Brenno, proponendo di
tenere conto del Pil nella suddivisione dei vaccini tra le
regioni.
La questione Nord/Sud sarà centrale nelle prossime scelte nel PNRR
che non solo deve essere indirizzato alla transizione ambientale ma
essere caratterizzata da una priorità trasversale in tutte le
materie di intervento, a partire dalla mobilità, per affermare che
il motore della ripresa sarà la capacità di fare del rilancio del
Mezzogiorno una chiave interpretativa fondamentale.
In altre parole ciò di cui Draghi non ha parlato lascia
preoccupazioni ed interrogativi a cui occorre dare risposte e
anzitutto deve darle il governo.
References
- ^Draghi: una modifica dell’asse politico determinato dall’intervento mediatico (all’opera, a favore della destra, l’egemonia in senso grmasciano) (www.democraziaoggi.it)
- ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)
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