Tonino Dessì
Premetto che fin da piccolo, anche poi al liceo classico, sono
sempre stato incuriosito dalle scienze naturali.
Per questo ho sempre ritenuto che una familiarità culturale con le
materie scientifiche non dovrebbe mancare a chiunque svolga
attività nei campi e nelle professioni umanistiche, sociologiche,
economiche.
L’ignoranza dei fondamenti delle scienze della natura da parte
della maggioranza degli intellettuali e dei politici che ho
conosciuto mi ha sempre impressionato negativamente.
Oggi provo molto fastidio verso chi approccia le questioni poste
dall’emergenza epidemica inseguendo sciocchezze esoteriche o
sposando mistificazioni.
Prendiamo la questione dell’immunità di gregge.
Se si lasciasse correre un agente infettivo secondo il suo ciclo
spontaneo, nessuno è in grado di prevedere quante vittime potrebbe
fare prima che i superstiti suscettibili di contagio abbiano
sviluppato spontaneamente le specifiche difese immunitarie.
La peste nella Grecia classica prima dell’era romana e nell’Europa
del XVI e XVII secolo arrivò a mettere in pericolo l’esistenza
stessa di città, nazioni, dell’intera popolazione continentale. Le
malattie infettive portate o scientemente diffuse dai colonizzatori
(pensiamo al vaiolo) distrussero i nativi nelle due Americhe.
L’influenza spagnola del 1919 sterminò un numero che ancora oggi
non si sa valutare nel range fra i cinquanta e i cento milioni di
individui.
Ecco perché c’è poco da scherzare col Covid-19.
All’inizio dell’epidemia si riteneva sulla base di dati
esperienziali che avendo già avuto il nostro organismo contatti con
dei coronavirus, almeno in parte il sistema immunitario avrebbe
dovuto riconoscere il nuovo virus e almeno in parte reagire
attenuandone gli effetti. Oggi non solo sappiamo che non è così, ma
non siamo nemmeno certi che chi guarisca dall’infezione non possa
nuovamente ricaderci.
Sui virus, in particolare, anche la divulgazione scientifica, nel
tentativo di spiegarne le dinamiche, talvolta induce a “umanizzare”
il meccanismo di diffusione di questo organismo-non organismo. Si
legge spesso, infatti, che, quasi come fosse controllato dalla
consapevolezza parassitaria che per poter sopravvivere non dovrebbe
sterminare la totalità dei potenziali ospiti, dopo un determinato
periodo il virus assumerebbe una forma attenuata compatibile con la
sopravvivenza di quantità residue delle specie infettate.
Non è esattamente vero. È vero piuttosto che nell’infinita
replicazione mutagena capita che la virulenza dei ceppi si
annacqui, questo si. Se però nelle specie infettate non si
sviluppassero difese in tutto o almeno in parte efficaci, il virus
proseguirebbe ciecamente a riprodursi, a infettare e ad
ammazzare.
Ecco perché ci troviamo oggi nella necessità di rallentare al
massimo, con misure generalizzate di limitazione dei contatti fra
persone, il ciclo epidemico, riducendone la capacità e la velocità
di diffusione, in attesa del vaccino. Speriamo che arrivi presto,
il vaccino, ma prestissimo non sarà.
Altre due lezioni si ricavano indirettamente da questa vicenda,
l’una non meno importante dell’altra.
Tutti i naturalisti ci dicono che i virus nuovi provengono da un
salto intraspecifico dovuto alla violazione, da parte umana, dei
confini e dell’integrità della natura selvatica. Ecco: forse sarà
ora che la smettiamo di violare le restanti aree naturali del
pianeta. Cosa possa scatenarsi da certi scrigni incontaminati non
lo sa nessuno, ma ormai sappiamo che potrebbe essere micidiale.
L’altra lezione è il vistoso crollo delle emissioni inquinanti in
aria e in acqua dovuto al rallentamento di attività produttive e di
trasporti, prevalentemente alimentate da combustibili fossili.
Addirittura canali lagunari veneziani e fiumi come l’Arno sarebbero
tornati puliti e trasparenti, così come i cieli padani sarebbero
stati ampiamente rischiarati.
Il virus sta dando un segnale di funzione ecologica specifica per
l’uomo, in qualche modo agendo per correggere le condizioni
ambientali a noi nocive che noi stessi abbiamo creato.
Ora, non voglio certo auspicare che il virus (non lo farebbe
coscientemente o per finalità filantropiche, del resto) porti a
termine una radicale attività di bonifica: fermiamolo prima, ma al
resto per il futuro pensiamoci meglio noi.
- SARDA NEWS -
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