Gianna Lai
Nuovo post domenicale sulla storia di Carvonia, dal 1° settembre 2019[1].
Ma non c’è un minuto da perdere a Carbonia, neppure sul fronte centrale della difesa delle miniere, i minatori stretti tra repressione e licenziamenti, perché si fanno sempre più numerosi, in quelle settimane, i cumuli di carbone che giace invenduto sui piazzali dei cantieri e del porto di Sant’Antioco. Né si comprende a cosa possano servire i macchinari del piano Erp, in arrivo dagli USA per Carbonia, come avrebbe sottolineato L’Unità del 26 agosto, se il programma resta quello dello smantellamento, se quei macchinari non sono adatti alle miniere sulcitane, dalle volte così basse in galleria.
E prova a fare ordine, nel caos della politica governativa e
nella inefficienza e cattiva amministrazione della SMCS, il
Convegno dell’8-10 agosto 1948, organizzato in città dalla
Federazione dei minatori, gli iscritti complessivi in Sardegna
giunti ormai a 25.000 unità 1). “Convegno per l’esame della
situazione del Sulcis”, l’annuncio ne L’Unità del 28 luglio 1948,
viene indetto da minatori e tecnici del “Comitato per la difesa
delle miniere” e preceduto da numerose assemblee, presso la Camera
del lavoro e i dopolavoro cittadini. Inviti estesi ai consultori,
ai dirigenti SMCS, agli esponenti di organizzazioni politiche e
sindacali. Renzo Laconi e Velio Spano a sollecitare la
partecipazione di deputati e senatori sardi, dai comunisti ai
democristiani, al Psd’Az e al nuovo partito di Emilio Lussu, per
sviluppare un intervento di natura politica, oltre che sindacale, e
coinvolgere nuovi interlocutori e preparare nuove alleanze. Verso
la costruzione di un fronte compatto contro il precipitare della
crisi, nella sala consiliare del Municipio, la relazione di Martino
Giovannetti, della Federazione Regionale Minatori, alla presenza
degli onorevoli Cocco Ortu per i liberali, Lussu per il Partito
sardo d’azione socialista e A. F. Branca, Segretario regionale
dello stesso, Melis per il Psd’Az, Spano e Laconi parlamentari
comunisti. E i consultori regionali Dessanay e Borghero per il PCI,
e ancora Contu, Melis e Soggiu per il Psd’az, Asproni dell’U. R.,
Tocco del PSLI, Fois e Pala del Psi. Tra gli interventori Branca e
Borghero, assenti invece la Democrazia Cristiana e i dirigenti
della SMCS i quali, dice L’Unità del 10 agosto, così commentano
l’organizzazione del Convegno sul “foglio dell’azione cattolica:
una riunione che altro non è se non una delle solite costituenti
socialcomuniste”. Giovannetti chiede subito al governo di imporre a
tutte le industrie un consumo del 10% di Sulcis, articolando il suo
discorso nello sviluppo di due argomenti principali: il primo,
prospettive dell’industria, con particolare riguardo ai suoi
aspetti commerciale e finanziario; il secondo, quali le misure da
adottare per gli enti locali, quali per gli organi centrali.
Problema commerciale: aumenta vertiginosamente il carbone invenduto
tra S. Antioco, porti continentali, piazzali di miniera, per un
totale di 190 mila tonnellate di cui 100 mila costituite da minuto,
il più difficile da vendere. Collocato solo il 50% della produzione
di giugno, che si aggira intorno alle 80-82mila tonnellate, mentre
il piano di ripartizione del carbone estero, per luglio, ammonta a
719 mila tonnellate, di cui 11.681 destinate direttamente persino
alla Sardegna. Una spiccata ingerenza politica ha sempre prevalso
sulla tecnica commerciale e rispetto allo studio dei problemi
tecnici, dice ancora il relatore, i prezzi politici e il blocco
delle vendite seguiti nel passato, hanno concesso a terzi, vedi
imprese che commerciano il combustibile, esosi benefici, limitando
l’azienda per ogni futura possibilità di sviluppo della miniera.
Eliminati i prezzi politici, son subentrate le concessioni di
ingenti scorte di carboni esteri a imprese industriali, clienti
esclusivamente di carbone Sulcis. “Questi i prezzi del carbone
estero, americano lire 10.500, per officine e gas lire 8.550, il
Sulcis a Sant’ Antioco lire 7.500, a Milano dalle 11 alle 12.500
lire”. La crisi commerciale provoca una situazione insostenibile
per il bilancio dell’azienda, a breve si prevede un contributo
statale di 600 milioni, mentre “pare sia allo studio degli organi
governativi un nuovo piano di risanamento”.Attualmente, prosegue
Giovannetti, il 50% dei 16.000 lavoratori del Sulcis risultano
impiegati nel lavoro esterno, il rendimento in miniera fra i 380 e
i 450 kg. giornalieri: contro la crisi bisogna istituire scuole
professionali per la formazione di manodopera qualificata,
assicurare una vera assistenza sanitaria e prevenzione delle
malattie professionali e istituire colonie agricole, nell’adiacenza
della miniera, dove trasferire i minatori invalidi, alleggerendo
così l’onere che ne deriva all’azienda. E, per quanto riguarda le
altre forme di economia, la costruzione di una centrale
termoelettrica, cui si leghi l’apertura di nuove industrie di
lavorazione del Sulcis, e la revisione degli impianti, con la
relativa immissione di nuovi attrezzi e macchinari da lavoro,
adatti alla configurazione della miniera stessa. Seguono, riportati
da L’Unità del 10 agosto 1948, gli interventi del segretario della
Camera del lavoro Antonio Selliti e del dirigente delle leghe
minatori Pietro Cocco, indignati per l’uso indiscriminato della
forza pubblica, lanciata con violenza a reprimere le agitazioni
operaie. E, sui problemi della città, il sindaco Renato Mistroni,
il comunista Roberto Orani, l’assessore delegato Tullio Mascia, già
segretario del Psi cittadino, che rivendicano un nuovo ruolo per
l’amministrazione stessa, reclamando la liquidazione dell’ACaI e la
gestione della città direttamente nelle mani del Comune. ACaI,
“doppione speculativo delle funzioni”, enorme l’apparato
burocratico che controlla gli alloggi: per un miliardo di lire
l’anno, l’onere che grava sulla produzione di carbone, mille lire,
cioè, a tonnellata. E poi Renzo Laconi e poi Sebastiano Dessanay. E
poi Velio Spano, come leggiamo su Antonello Mattone, che parla del
disinteresse della Consulta sarda per il Sulcis, pur traendo vita
un quinto dell’isola da questo bacino minerario: sterile lo
sviluppo degli impianti di Cortoghiana, Nuraxi Figus e Seruci e,
tuttavia, gravanti sul prezzo del carbone, mentre continua a
mancarl’intervento del ministro, dopo lo stanziamento dei 18
miliardi di lire, definito nel novembre del 1947 e poi revocato nei
mesi immediatamente successivi. Da qui la necessità di denunciare
l’incuria del governo nel collocamento stesso del Sulcis, cui si
chiede anche di fermare l’afflusso di carbone estero. Ma il tema
centrale del Convegno resta la riorganizzazione tecnica della
condotta del lavoro, ancora ferma ai tempi dell’autarchia, mancando
da sempre, l’ACaI, di un vero e proprio Ufficio Tecnico. Per le
miniere di tutto il mondo vero cuore pulsante, vero centro della
direzione aziendale, ancor più indispensabile qui, l’Ufficio
tecnico, unico soggetto in grado di analizzare “la natura del
giacimento e delle coltivazioni, nel Sulcis particolarmente
tormentata, da rendere difficile la sistemazione dei vari livelli.
Il primo compito dell’Ufficio tecnico, affrontare uno studio
regolare dei piani delle lavorazioni per combattere, innanzitutto,
gli alti costi di produzione e garantire il più possibile in
sicurezza il lavoro dei minatori”. Così leggiamo nella “Relazione
generale del Convegno per l’esame della situazione del Sulcis,
Carbonia 8 agosto 1948”, questione davvero spinosa, il problema dei
tecnici, in un Paese come l’Italia, di così scarsa tradizione
mineraria carbonifera. E si tratta di denuncia antica, che viene da
parte del sindacato e dei dirigenti della sinistra a disvelare il
vero volto di una miniera precaria, provvisoria, insicura e senza
futuro. Già chiaro, perciò, fin durante il Convegno agli stessi
partecipanti, quanto difficile sarebbe stato, con l’arrivo
massiccio del carbone americano, il compito di imporre i necessari
investimenti all’azienda. Quelli che, dal dopoguerra, con la
riapertura della miniera, essendo così alta la domanda di carbone
Sulcis, ne avrebbero sicuramente garantito la sopravvivenza. .Dopo
la mozione finale unitaria, sottoscritta da tutte le forze
presenti, a mettere in evidenza gli aspetti tecnici, economici e
sociali della crisi, una rappresentanza di sindacalisti e dirigenti
della Camera del lavoro, presieduta da Antonio Selliti e Martino
Giovannetti, viene inviata a Roma, presso il ministero
dell’Industria. Già definita la data.
Mentre proseguono le agitazioni operaie, contro i licenziamenti e
contro la repressione, riprese con lo sciopero del 24 luglio presso
la stazione ferroviaria di Carbonia; un’altra manifestazione di
protesta, nello stesso giorno, presso il Porto di Sant’Antioco, i
luoghi dove è ben visibile l’accumulo del Sulcis e avanza il
processo di autocombustione dato dal lungo abbandono del carbone
nei piazzali della miniera e del porto.
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