Gianna Lai
Col post di oggi festeggiamo un anno di
pubblicazioni domenicali sulla storia di Carbonia, iniziate il
1°
settembre[1] dello scorso anno. Un
lavoro prezioso e costante in vista della raccolta in un
volume.
‘Una spinta forte a sostegno dell’attività sindacale della CGIL,
in tutta la provincia, viene dagli operai del Sulcis che, in tutto
il bacino carbonifero innestano un processo di
politicizzazione del movimento di lotta, che inizia coniugando la
battaglia antifascista (per la persistenza nella politica
locale di esponenti notoriamente fascisti), con le
rivendicazioni di natura alimentare ed in un
clima di crescente scontro con la Carbosarda’. Così la storica
Giannarita Mele al capitolo ‘Scioperi e lotte sociali negli anni
dell’Unità nazionale’, del citato volume sulla Storia della Camera
del lavoro di Cagliari 1). E si riferisce la studiosa alla
ripresa in città delle agitazioni e degli scioperi nei primi
mesi del 1945, volte ad ottenere aumenti salariali, migliori
condizioni di lavoro e rispetto dei diritti sindacali. Il momento è
particolarmente delicato in quanto, volendo dare una prospettiva
più ampia al movimento e alle lotte stesse del nuovo anno, si
trattava di saldare le rivendicazioni sulla garanzia degli
approvvigionamenti e sui servizi sociali a quella sui salari,
contro lo sfruttamento in miniera e per il riconoscimento
delle Commissioni interne. Dopo che i licenziamenti di quei mesi,
di natura squisitamente politica, data l’urgenza di nuova
manodopera che l’azienda sempre andava sostenendo,
rischiavano di mettere seriamente a repentaglio l’intero
gruppo dirigente del sindacato, appena composto.
Dall’11 al 17 gennaio del 1945 gli operai si astengono dal lavoro
per ottenere il miglioramento delle razioni alimentari, la
diminuzione dei fitti delle case e degli alloggi destinati agli
operai senza famiglia e, in miniera, l’adeguamento salariale di
alcune categorie e il pagamento delle provvidenze rispetto alle
ferie maturate nel corso del 1944. E poi per protestare
contro ‘il sistema autoritario e provocatorio’ della direzione
Sanna nei confronti del sindacato, tutti gli iscritti esposti a
continue pressioni, secondo Il lavoratore del 20 febbraio
1945.
Ben presto le agitazioni si allargarono, con le stesse motivazioni,
all’intero bacino, più di 6 mila astensioni quotidiane dal
lavoro, organizzate per cantieri e per singoli settori, compresi i
dipendenti delle Ferrovie Meridionali Sarde, ancora inquadrate
nell’ ACaI. I quali avevano da poco esautorato le loro Commissioni
Interne, per la palese corruzione dei rappresentanti, attuata
dall’Azienda in quegli stessi giorni. Nonostante la massiccia
adesione allo sciopero, la Carbosarda continuava a rifiutare ogni
trattative con le rappresentanze operaie, accusate anzi
di voler sabotare la produzione, nel momento più delicato per
l’economia della Sardegna e dell’Italia. E promettendo, il
Commissario Sanna, in un modo che i sindacati definivano
ricattatorio, l’apertura del dialogo solo quando in miniera si
fossero raggiunte le 75 mila tonnellate di produzione di
combustibile mensile, così come richiedevano gli alleati, contro le
55mila di quei mesi. Mentre al momento, continuava a dire, niente
poteva essere concesso dall’azienda, fortemente impegnata a
risollevarsi dalla crisi. E poiché dopo 7 giorni di sciopero
nessuna delle richieste contenute nella piattaforma operaia era
stata minimamente presa in considerazione dalla SMCS, il sindacato
decise ancora di mantenere lo stato di agitazione, suscitando
questa volta forti polemiche tra i partiti cittadini, pur
inizialmente tutti favorevoli ad un intervento sui salari. Così
come lo stesso Comitato di Concentrazione, anch’esso d’accordo
sulla censura nei confronti del Commissario Sanna, responsabile dei
licenziamenti contro gli operai più politicizzati. Ma avrebbero poi
dato, i partiti, ciascuno interpretazioni diverse della vicenda. Il
PCI e il PSI, dopo aver dichiarato sacrosante le richieste
operaie, con l’allontanamento del Commissario Sanna, sostenendo che
la protesta aveva avuto carattere economico e non politico: ’si è
voluto far ricadere la responsabilità dello sciopero sui
comunisti…., ma i partiti sono intervenuti quando lo sciopero era
già iniziato, allo scopo di comporlo nel più breve tempo possibile,
ed è stata totale la ‘astensione dal lavoro, accolte le eque
richieste’, come si legge sull’Unione Sarda del 24 gennaio 1945. Su
una linea opposta la DC e il Psd’Az, convinti che i responsabili
del movimento, Commissioni interne e leghe, si comportassero alla
stregua di ‘pericolosi sobillatori da smascherare al più presto,…
che hanno solo interesse personale a mettere le maestranze in
contrasto coi dirigenti’. In realtà si legge su ‘Democristiani,
sardisti e Società Carbonifera sarda’, L’Unione Sarda 14 gennaio
1945, che i rappresentanti della Democrazia cristiana nel Comitato
di Liberazione non votarono l’ordine del giorno, presentato
dal PCI per chiedeva l’allontanamento di Sanna, pur riconoscendo
come, ‘nel presente vi sia nei suoi riguardi qualche non grave
accusa rispondente a verità’. Così interveniva Guido
Pelessoni, segretario del Comitato di Concentrazione, in ‘I
comunisti e la Carbosarda’, L’Unione Sarda 27 gennaio 1945,
‘L’ordine del giorno che incriminava l’operato del
Commissario della Carbosarda è stato compilato invece in
cooperazione dai rappresentanti dei quattro partiti locali. Nelle
riunioni successive i rappresenatnti DC cambiarono idea e
solo tempo dopo la cambiarono anche i sardisti’. Ed era
infine il Commissario Sanna a sostenere come fossero estranei
alla miniera gli organizzatori della protesta e gravi i danni
causati all’Azienda e ‘allo sforzo bellico’, se gli stessi alleati,
‘indignati per lo sciopero’, rifiutavano di ‘assicurare
miglioramemti delle forniture alimentari, pur avendo
già pronto un piano di intervento in città’. E in ‘Dopo lo
sciopero di Carbonia’, L’Unione Sarda del 28 gennaio 1945,
ancora a sua firma, ‘L’inizio dello sciopero risale all’11 gennaio,
imposto da elementi non ancora individuati. Ho ricevuto le
Commissioni interne, queste le loro richieste: pagamento delle
provvidenze pubblicate dalla stampa in data 24 dicembre 1944,
riduzione dei fitti delle case e degli alberghi, situazione
alimentare, adeguamento salariale di alcune categorie. Il 13 ho
partecipato alla riunione indetta dai partiti, prospettai i
danni di quello sciopero per l’azienda e per l’economia, uno
sciopero provocato da persone estranee all’azienda. Poi mi
incontrai col prefetto e con il Comitato di Liberazione, esprimendo
contrarietà rispetto ad alcune richieste, incompatibili con le
esigenze dell’azienda’. E ancora a sua firma, su L’Unione Sarda del
30 gennaio 1945, ‘Inqualificabile quello sciopero, un danno grave
allo sforzo bellico. Gli alleati il giorno 12 a Carbonia per
esaminare e concretare miglioramenti all’alimentazione degli
operai, se ne andarono indignati per lo sciopero, senza assicurare
miglioramenti’. Ed a conclusione, spostando sempre più in alto
l’asticella dei ritmi produttivi, ‘non appena avremo raggiunto le
75mila tonnellate di produzione mensile di carbone, primo traguardo
produttivo richiesto dagli alleati, e fermi restando i prezzi
del nostro carbone, si potranno accordare miglioramenti delle
mercedi .
Nelle settimane successive le Commissioni Interne e il sindacato
delle leghe proclamarono ancora lo stato di agitazione, non avendo
la Carbosarda mantenuto neppure l’impegno, preso a conclusione
dello sciopero, sul pagamento delle sei giornate di ferie che i
minatori avevano lavorato nell’anno precedente. Nè avendo
assicurato aumenti agli operai dell’interno, nonostante
l’innalzamento dei livelli produttivi, proprio in seguito
all’introduzione del cottimo, appunto il 1 febbraio di
quell’anno, se la produzione potè allora toccare le 55mila
tonnellate mensili di carbone estratto.
Dalla sua sede di Cortoghiana, ‘il feudo di Sanna’, come lo
chiamava Il Lavoratore del 20 marzo 1945, la direzione
dell’azienda, rifiutando alcun contatto con le Commissioni
interne e con le leghe, annunciava subito dopo di essere
intenzionata a togliere i supplementi di pane e pasta agli operai
che non avessero consecutivamente lavorato per l’intera settimana.
Mentre, ad acuire i contrasti, ’strane manovre’ sembravano
annunciarsi sulle trattenute di parte dell’ammontare delle tessere
annonarie e della quota del dopolavoro, che ormai da tempo
l’azienda non versava alla Cooperativa, insieme alle quote di sua
competenza, risultanti ugualmente non versate. Così ancora Il
Lavoratore del 27 febbraio 1945.
Grande la diffidenza, insanabile il disaccordo tra direzione e
minatori, secondo i quali ormai il gruppo dirigente ACaI avrebbe
dovuto essere completamente sostituito. E mentre si susseguono le
riunioni quotidiane indette dalla lega dei minatori e, all’inizio
di ogni turno, dalla Commissione interna nei piazzali della
miniera, i delegati e i rappresentanti che si presentano in
direzione per chiedere la riapertura delle trattative sul grave
problema delle razioni alimentari e per chiedere con urgenza
un supplemento viveri, si vedono invece ’scherniti
dall’ingegner Busonera portavoce del Sanna’, come denuncia Il
Lavoratore del 6 marzo 1945: ‘Busonera dichiarava con tono di
scherno che se gli operai avessero scioperato egli ne avrebbe
tratto profitto, compiendo delle lunghe passeggiate’.
Ma non c’era proprio niente da ridere. Al 2 marzo 1945, queste le
razioni degli operai di Carbonia, secondo L’Unione Sarda, in
quella stessa data: 200 grammi di pane al giorno, 550 grammi di
pasta alla settimana; razioni speciali giornaliere, 40 grammi di
minestra, 50 grammi di verdura essicata, 60 di carne e di verdura
in scatola, 200 grammi di granoturco, 250 grammi di formaggio. E
una stanza in appartamento costava lire 12, da lire 10 a lire
30 in albergo, compreso il vitto, mentre un pasto in mensa costava
12 lire. 1000 lire costavano un paio di scarpe italiane, 150
quelle americane. Di qui il clima di particolare tensione nei
cantieri e anche in città, dove le divisioni tra le forze
politiche si mantenevano ancora più nette sulla richiesta di
allontanamento del Commissario governativo Sanna che,
espressa inizialmente all’unanimità in un documento del
Comitato comunale di liberazione, fu poi revocata, come abbiamo
visto da DC e Psd’az ‘per non aver voluto dare il voto di
sfiducia all’ingegner Sanna, a seguito della campagna
denigratoria promossa dalle sinistre contro la direzione SMCS’.
Questa la dichiarazione finale del responsabile cittadino
della Democrazia Cristiana.
Era ormai tempo che del problema si facessero carico il
Comando alleato e le autorità regionali. In quei giorni il
maggiore Elley W. Stone, nella già citata Lettera al capo del
governo Ivanoe Bonomi, riferiva come ‘il malcontento
serpeggiante tra i lavoratori’, mettesse a rischio il
raggiungimento degli obiettivi di crescita della produzione,
già definiti dalla Commissione alleata nel corso di quegli ultimi
mesi. E, subito dopo, l’Alto Commissario generale Pinna in persona,
sollecitava l’intervento della Presidenza del Consiglio dei
ministri per la risoluzione del grave contrasto fra
direzione e maestranze. Nella sua Nota, delle agitazioni
operaie egli dava il seguente giudizio: ’sotto l’apparenza di
rivendicazioni salariali ed economiche, esse nascondono un
innegabile movente politico’. Ma poichè bisognava tenere
presente innanzitutto la volontà degli Alleati per un immediato
aumento della produttività nelle miniere del Sulcis, non riuscire a
trovare una soluzione allo scontro avrebbe potuto
seriamente compromettere il lavoro delle autorità
locali. Le quali erano, come sempre, impegnate nel
reclutamento di nuova manodopera, che sulle pagine dell’Unione
Sarda lo stesso Alto Commissario aveva auspicato massiccio e
immediato. Perciò così concludeva la Nota: ‘pur apprezzando l’opera
lodevole del Commissario governativo, sarebbe opportuno sollevarlo
dall’incarico’, per affidare la direzione dell’ACaI ‘ad una
personalità che goda di sufficiente prestigio’. E il generale
Pietro Pinna intendeva riferisi esplicitamente all’onorevole Angelo
Corsi che, secondo lui, aveva sempre esercitato ‘un grande
ascendente sulla massa dei lavoratori’.
References
- ^ 1° settembre (www.democraziaoggi.it)
- SARDA NEWS -
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