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24 Dicembre 2021
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Marco Billeci
Il Tavolo contro l’Autonomia differenziata, insieme
a partiti, movimenti, sindacati e associazioni si preparano a
scendere in piazza per protestare contro le mosse del governo
Draghi per rimettere in moto il processo di cessione delle
competenze dello Stato ad alcune regioni, dal Veneto alla
Lombardia.
Il governo si starebbe preparando a introdurre forme di autonomia
differenziata lontano dai riflettori, usando la manovra come
“cavallo di Troia”. È l’allarme lanciato dal ”Tavolo contro
l’Autonomia Differenziata” che raggruppa partiti e movimenti
politici, associazioni, sindacati e personalità, contrarie alla
cessione di ulteriori competenze dallo Stato alle Regioni.
L’attenzione si concentra in particolare su alcuni articoli
della legge di bilancio e su un testo collegato che dovrebbe
disciplinare la materia i cui contenuti – denunciano i promotori
del Tavolo – sono ancora oggi oscuri. “Tutto viene fatto dal
governo, senza possibilità di modifica. come se il parlamento non
esistesse più, questo è eversivo”, attacca il senatore del gruppo
Misto Gregorio De Falco, durante una conferenza stampa in
Senato. L’evento è stato organizzato per lanciare la mobilitazione
in piazza Santi Apostoli a Roma il prossimo 21 dicembre, quando le
sigle raggruppate nel Tavolo manifesteranno sotto lo slogan:
“L’Autonomia differenziata fa male al Paese”.
Il tema è entrato nel dibattito pubblico nel 2017, quando con un
referendum consultivo Veneto e Lombardia hanno chiesto
allo Stato la competenza esclusiva su ventitre materie, dal fisco
alla scuola, dall’ambiente ai beni culturali. Da allora si è aperta
una trattativa tra l’esecutivo e le due regioni, a cui nel
frattempo si è unita anche l’Emilia Romagna. La questione ha
attraversato i diversi governi, senza ancora trovare un punto di
caduta finale. Il timore di chi protesta è che ora il governo
Draghi voglia arrivare a definire quali competenze trasferire alle
regioni attraverso delle scorciatoie, senza passare dal confronto
pubblico in parlamento. Tra i punti contestati, ci sono gli
articoli della manovra che stabiliscono i Livelli Essenziali
delle Prestazioni (Lep) per asili nido e altri settori. La
definizione dei Lep è considerata un presupposto per portare a
termine il processo di Autonomia Differenziata. Questi infatti
dovrebbero rappresentare il livello garantito di servizi, che lo
Stato assicura su tutto il territorio nazionale, in modo da non
provocare eccessivi squilibri tra le Regioni, anche dopo la
cessione delle competenze. “La questione dei Lep non può essere
affrontata in modo frazionato e frammentato, buttando lì tre o
quattro articoli in legge di bilancio. I Lep non possono essere la
foglia di fico dietro quale far avanzare l’autonomia”, protesta la
costituzionalista Marina Calamo Specchia, intervenendo nel
corso della conferenza stampa. Secondo la docente, di fronte
all’impossibilità di garantire le risorse necessarie per rendere
concreti i Lep, il rischio è che si arrivi a una vasta
privatizzazione dei servizi pubblici.
Più in generale, viene criticata l’idea stessa di concedere
maggiore autonomia a determinati territori perché, spiega
l’insegnante e coordinatrice del Tavolo Marina
Boscaino ”si passerà dal famoso ‘Prima gli Italiani’ della
Lega a ‘Prima i Veneti’ o ‘Prima i Lombardi”. Prendendo l’esempio
della scuola Boscaino prefigura uno scenario per cui per esempio
“il Veneto chiede tutte le competenze, dal reclutamento ai
programmi. Se le ottenesse, i professori costretti
all’obbedienza dovranno insegnare secondo le indicazioni dei
vertici della Regione”. Gli organizzatori della protesta respingono
la narrazione per cui le differenze tra Nord e Sud sarebbero dovute
soprattutto all’incapacità del Meridione di impiegare bene le
risorse a disposizione. “In base alla spesa pro capite per asili
nido, un bambino meridionale vale un quarto di un bambino del Nord
Ovest e un quinto di un bambino del Nord Est”, dice
Andrea Del Monaco, esperto di fondi europei. E prosegue: “Se
viene approvata l’autonomia differenziata, la situazione
peggiorerà”. Secondo il costituzionalista Massimo Villone: “Il
Pnrr doveva essere un’occasione per riequilibrare i rapporti tra
Nord e Sud e invece rischia di essere un’occasione persa, forse
l’ultima”. Conclude Villone: “Dire che ‘le cose nostre ce le
vediamo noi’ è uno slogan che si vende bene. Non tutti capiscono
però che questo significa spesso gestire i servizi in modo
inaccettabile”.
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