Gianna Lai
(Carbonia, comizio di Togliatti in Piazza Roma)
Ogni domenica dal 1° settembre del 2019[1] pubblichiamo un psot sulla storia di Carbonia. Eccolo!
‘Carbonia era un’isola nell’isola’, dice Nadia Gallico
Spano durante l’intervista rilasciata all’autrice, nel maggio del
1988: lo stesso esito elettorale ne denunciava infatti la
separatezza, così forte l’affermazione delle sinistre, rispetto al
contesto regionale e nazionale, dove netta era stata l’affermazione
della DC e delle destre. A dire la verità il ‘Progetto di
risoluzione elaborato per la Sardegna dai compagni sardi’,
contenente ‘un appunto di Togliatti’ sull’argomento, 16 agosto
1946, sostiene che anche “nel bacino minerario erano
mancati il consolidamento dell’organizzazione e lo sviluppo dei
quadri”, così come nel resto della Sardegna. Dove il PCI,
“attaccato dalla DC, sostenuta dalla Chiesa, dai partiti
minori di destra e dai qualunquisti”, non era riuscito ad
esprimere “una politica socialmente onnicomprensiva”.
Perciò le ragioni della sconfitta elettorale erano da
ricercarsi nell’incapacità dell’azione politica a tener conto della
“struttura sociale e dell’orientamento assunto dagli strati medi”
in ogni singola provincia. E se, “sul piano delle alleanze, il
partito non era riuscito a promuovere un movimento unitario”, il
tutto risultava aggravato da schematismi e “atteggiamenti settari”,
essendo la vita politica in Sardegna particolarmente “segnata dal
distacco esistente tra le masse e l’élite”. Una Democrazia
Cristiana votata dai grandi proprietari terrieri assenteisti, dai
ceti medi rurali e urbani e dalle donne, rispetto alle quali “poche
le proposte che ne avrebbero potuto attirare l’interesse, come
quelle concernenti l’assistenza alla famiglia e
all’infanzia”. Lo mette bene in luce la lettura che del
documento fa, nel suo recente ‘Renzo Laconi’, la
professoressa Maria Luisa Di Felice, riferendo come il Psd’az si
muovesse tra le sue clientele degli armentari, per riscuotere
tuttavia consensi anche tra i piccoli e medi contadini
e pastori progressisti, commercianti, intellettuali, impiegati e
operai. E poi i socialisti, votati dagli artigiani e dai piccoli
commercianti, impiegati, operai, piccoli contadini, intorno a
un nucleo dirigente di intellettuali professionisti. Mentre
l’elettorato del PCI risultava formato da operai e
contadini poveri e da qualche gruppo di intellettuali
d’avanguardia: da qui le difficoltà delle sezioni comuniste,
nei paesi dell’interno, “prive di base e completamente
isolate”.
Ma c’era un programma da portare avanti e, se all’offensiva
clericale aveva addebitato Velio Spano la ragione degli insuccessi
ed alla mancata penetrazione dei partiti tra le masse, sardisti e
socialisti incapaci di unire nella lotta operai, contadini e
pastori, proprio da qui doveva nascere “la necessità, per il PCI,
di porsi come partito di tutto il popolo sardo, così da strappare
ai sardisti la bandiera delle rivendicazioni sarde”. Mentre Laconi,
denunciando l’indebolimento dei comunisti, cui corrispondeva il
rafforzamento del PSI, l’affermazione enorme della DC, la
rinascita del fascismo, metteva piuttosto in luce
quanto il Psd’az fosse in grado di mobilitare la borghesia su un
programma antifascista, repubblicano e autonomistico.
E, in vista del programma comunista, come invece si dovesse
articolare il discorso nel “sentiero tracciato da Gramsci, un piano
d’azione che fondasse su vincoli profondi ed organici l’alleanza
tra contadini, pastori poveri e classe operaia, e costituire una
larga solida base popolare in Sardegna, che si unisse alla
politica nazionale della classe operaia italiana”. Sotto la
bandiera dell’autonomismo antifascista, classe operaia e contadini
poveri uniti nel PCI alla piccola borghesia sardista: tutte le
forze progressive sarde contro il fascismo, la monarchia e il
capitale monopolistico, mobilitate sullo stesso fronte di lotta
della classe operaia italiana.
Invece era stata attuata “una politica meramente propagandistica,
di concorrenza nei confronti del Psd’az, che non aveva unito le
masse, nè le aveva orientate verso la classe operaia”,
inducendo i ceti medi urbani a ripiegare su posizioni più
conservatrici verso la DC, mentre il clero riannodava i legami tra
borghesia agraria e contadini poveri. Secondo Laconi, per
affrontare la crisi, massima attenzione alle strutture sindacali,
verso un movimento organizzato che rendesse ‘complementari’
gli interessi di contadini e pastori, e poi nuove
forme associative, come le cooperative. Così da popolarizzare
i quadri di partito come guida delle masse, impegnati nella
elaborazione e nell’attuazione di “piani concreti di lavoro”.
Ma bisognava superare l’arretratezza della Sardegna e “attuare le
riforme utili a svincolare l’isola dalla soggezione al
capitale monopolistico forestiero, nazionalizzare le
industrie elettriche, minerarie, dei trasporti, attraverso
una gestione regionale, rivendicando l’impegno di capitali
pubblici… per opere di miglioramento fondiario e per la
riforma agraria”.
Renzo Laconi, già sostenuto su questo terreno da Palmiro Togliatti,
insisteva inoltre sull’importanza di un grande movimento
organizzato di contadini, “leghe di contadini e cooperative di
produzione e distribuzione, da attuare tra i contadini stessi, e le
masse più povere”. E a chi sosteneva non facilmente collegabile “la
richiesta di pane, di lavoro, di più alte retribuzioni
all’ordinamento autonomistico”, così rispondeva
Palmiro Togliatti, “il movimento sardo di sinistra oggi dobbiamo
essere noi” e, durante il II° Consiglio Nazionale, “i nostri
compagni sardi non devono avere nessuna paura di essere loro gli
autonomisti, poichè l’autonomia è una rivendicazione
democratica, rispondente agli interessi del popolo sardo”.
“Problema politico, stato d’animo popolare, questione sociale si
intrecciano come in tutto il Mezzogiorno. Togliatti avanza subito
decisamente la prospettiva autonomistica per la Sicilia come per la
Sardegna”, si legge nell’ultimo volume della Storia del Partito
Comunista di Paolo Spriano. La rivendicazione autonomistica era
stata posta dalla direzione del PCI, anche per la Sardegna, con la
risoluzione del 4 febbraio 1945: “Al II Consiglio Nazionale del
PCI, dove Renzo Laconi solleva il problema del rapporto con i
contadini, Togliatti conviene che l’esigenza da cui muove
Laconi è giusta: bisogna creare un grande movimento di contadini.
Togliatti esorta i compagni sardi a vincere ogni riluttanza
manifestata nel porsi alla testa di rivendicazioni di
autonomia”
References
- ^1° settembre del 2019 (www.democraziaoggi.it)
- SARDA NEWS -
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