Andrea Pubusa
Altri con conoscenza e sapienza storica e flosofica hanno
ricordato il centenario del Partito comunista italiano. In questo blog[1] lo ha fatto, con
passione e desiderio di verità, Gianni Fresu, autorevole studioso
di Antonio Gramsci, tornato fortunatamente nel nostro Ateneo, dopo
avere per anni insegnto in Brasile. Io voglio solo dare una modesta
testimonianza dell’opera svolta dal Partito comunista per
trasformare in cittadini attivi masse di ex contadini, spesso
analfabeti, indotti dallo sfruttamento e dalle prevaricazioni più
al ribellismo che all’azione politica organizzata sulla base di un
progetto politico.
Il mio è un ricordo e un’impressione provata da bambino negli ‘50
del 900 a Carbonia. Per me che venivo dalla campagna il PCI era una
forza poco affidabile perché si proponeva di rivoluzionare la
società, i costumi, il rapporto fra uomo e donna, la famiglia. Ma a
Carbonia, volente o nolente, il PCI lo incontravi dappertutto, fra
i tuoi vicini di casa, minatori, fra i loro figli, amichetti tuoi,
ed anche nei quartieri dove c’erano, molto attive, le sezioni. Ed è
proprio in una di queste che, al seguito di un mio compagnetto, che
aveva i genitori comunisti, ebbi modo di vedere cosa si faceva lì
dentro. Nefandezze? Addestramento all’uso delle armi? Preparazione
ad atti di violenza? Niente di niente. Ricordo che, con stupore, la
prima volta vidi un giovane uomo (uno studente, un maestro, un
prof.?) che leggeva e commentava il Manifesto del Partito comunista
di Marx ed Engels. Insegnava all’uditorio la società capitalistica
nella quale vivevano, le ragioni dello sfruttamento, la necessità
dell’unione e dell’azione organizzata per trasformare questa
società in un mondo di liberi e uguali. Si tenevano delle riunioni
settimanali e ricordo che in altre si parlava della storia d’Italia
e della Resistenza. In altre ancora della Costituzione, del suo
contenuto, dei diritti, della prospettiva egualitaria ch’essa
contiene e propugna.
La mia sorpresa fu ancor più grande quando un giorno la “lezione”
fu tenuta da una giovane donna che illustrava ad una platea in
prevalenza di donne, la parità di genere e l’eguaglianza senza
distinzione di sesso.
Benché bambino percepii che li dentro si svolgeva un’azione
importante di acculturamento di uomini e di donne che a mala pena
sapevano leggere e apporre la loro firma. Mi colpì ancora il fatto
che lì, nella sezione, non c’era un deposito di armi, ma una
piccola biblioteca con tanti volumetti che poi ho scoperto essere
le edizioni Rinascita. A casa del mio amichetto, che viveva
nell’albergo operaio vicino a casa mia, c’era poi un piccolo
scaffale con tanti libri ben ordinati, quasi un oggetto di culto.
Tutto questo mi sembrava positivo, per cui mi parve una grossa
contraddizione vedere campeggiare in quella stanza, accanto ad
altri (Marx? Gramsci?, Togliatti?, Lenin?) un ritratto di Stalin,
che era appena morto e si diceva non in odore di santità.
I genitori del mio amichetto erano poveri, lei casalinga, lui
spazzino, ma erano molto combattivi e attivi. Come tanti minatori
che vivevamo vicino a casa mia, erano sempre in prima fila nelle
manifestazioni e quando mi vedevano, bonariamante, mi esortavano
sempre a studiare: “studia, se non vuoi essere come me,
maltrattato e ignorante“. Sembrerà strano, ma i miei primi
maestri son stati proprio questi modesti minatori, che nel PCI, nel
PSI e nel sindacato da plebe si erano trasformati in compagni e
cittadini. Quella loro esortazione, allo studio e all’impegno, mi
ha accompgnato tutta la vita e mi risuona ancora nelle orecchie
come un imperativo categorico. Questo è stato il Partito comunista,
una grande forza morale e politica di trasformazione della
societa’.
References
- ^In questo blog (www.democraziaoggi.it)
- SARDA NEWS -
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