Tonino Dessì
Mi sembra utile riordinare le idee su alcune delle questioni più
rilevanti emerse in questi giorni.
- La prima è che è meglio avere amici, a livello internazionale,
che nemici o che rapporti di indifferenza. Questo è sempre stato
vero, sul piano delle relazioni internazionali. Oggi abbiamo la
prova che un inizio di legislatura nazionale che stava vedendo
l’Italia dichiarare guerre ideologiche, finanziarie, economiche e
perfino etniche a mezzo mondo ha rischiato di creare casini che
oggi sconteremmo pesantemente.
- La seconda è che l’Europa, se sta difettando di qualcosa, è di un
coordinamento politico della gestione sanitaria e più latamente
sociale. Le misure finanziarie adottate vanno bene, ma sembrano
senz’anima, prive di adeguata comunicatività verso la pubblica
opinione continentale. Peraltro il fermo progressivo in corso
dell’economia di alcuni Paesi UE (l’Italia in primis) non sarà
senza conseguenze su tutti gli altri. Mantenere la coesione
economica richiederà sforzi coordinati e comuni per ridistribuire
funzioni, specializzazioni, sostegni territoriali e settoriali
articolati. C’è l’esigenza, l’opportunità, la possibilità di
ridisegnare su basi più cooperative l’integrazione
economico-sociale sull’intera scala continentale.
- La terza questione attiene alla sicurezza e ai diritti.
Personalmente non trovo che il cosiddetto “modello sudcoreano” sia
una “terza via”. Sul tampone all’intera popolazione, la valutazione
dell’OMS non è negativa, ma si tratta di una misura che
evidentemente si è potuta prendere grazie a una maggior capacità
produttiva e tecnologica del ricco Paese asiatico. L’individuazione
e il tracciamento digitale di tutte le persone pone tuttavia una
questione di prospettiva che va affrontata adesso, anche da noi,
perché non è che ci siamo troppo lontani, benché tuttora in forme
iniziali. Quei dati debbono essere protetti e dev’essere assicurato
che non ne venga fatto nè un abuso illiberale da parte pubblica nè
un uso commerciale da parte privata.
- La quarta, ma non in ordine gerarchico, è la questione
democratica. In Italia non penso si possa continuare come stiamo
andando. L’emergenza non è più un fatto straordinario, ma sarà una
lunga ordinarietà. Non è più sostenibile introdurre per via
amministrativa, all’insegna del giorno per giorno, misure che
stanno limitando le libertà fondamentali e persino avviando una
ristrutturazione economica con inevitabili ripercussioni sociali.
Anche per il caso di guerra vera e propria, la Costituzione impone
che il quadro istituzionale, dei poteri e dei limiti a quei poteri,
delle compatibilità, degli obiettivi e delle misure venga stabilito
dal Parlamento. Se il Governo deve prendere provvedimenti
indifferibili e urgenti, lo strumento è il decreto legge, non
l’ordinanza tramite DPCM o tramite DM. Se il Governo italiano non
corregge la rotta, rischia la delegittimazione e non per opera
delle minoranze. È peraltro auspicabile che queste ultime abbiano
capito che reclamare il ripristino del confronto parlamentare non
può servire semplicemente per fare propaganda.
- L’intervento anche ordinamentale del Parlamento serve inoltre per
fare il punto del rapporto fra Stato e Regioni su alcune questioni
più specifiche. La struttura autonomistica della Repubblica non
prevede affatto una “dittatura” degli Esecutivi esercitata di fatto
tramite il rapporto Governo-Presidenti delle Regioni. In secondo
luogo, se si vuol evitare per il futuro una messa in discussione
della competenza regionale in materia di gestione della sanità,
determinate disomogeneità non sarebbero più tollerabili. Non
troverei sostenibile nè giustificabile razionalmente, in
particolare, che una Regione possa fare i tamponi a tappeto alla
popolazione del suo territorio e altre no. L’aspetto utile
dell’articolazione regionale sta anche nella varietà delle risorse,
delle specializzazioni, delle capacità umane e professionali, però
va assicurata l’integrazione dell’intero sistema, specie nella
prospettiva che non basterà che ogni Regione assicuri la gestione
della propria popolazione di utenti, ma che ogni sistema regionale
sarà (come in parte già inizia ad essere) chiamato a soccorrere
altre Regioni. Anche su questo, verosimilmente, a Titolo V
invariato, spetta al Parlamento fare il punto e definire la cornice
più corretta.
- Molte delle questioni che ho indicato hanno ricadute anche sulla
situazione sarda, in particolare sul piano istituzionale e delle
relazioni politiche interne: le dò per intuibili e intuite, ma mi
riprometto di tornarci.
- SARDA NEWS -
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