Fernando Codonesu
Il coronavirus è un problema serissimo e non ci possono essere
atteggiamenti e comportamenti superficiali al riguardo, tanto più
ora che l’Italia intera è zona protetta, cioè zona rossa di
fatto.
Certo, nella diffusione del virus e nella gestione mediatica della
vicenda ci sono state comunicazioni spesso contradditorie, ma credo
che sia necessario comprendere la gravità della situazione e
accettare il fatto che questo virus ci accompagnerà per molti mesi
ancora, senza specifici antivirali e, soprattutto, senza un vaccino
da contrapporre al suo contagio, per cui tutti dobbiamo farci
carico di stigmatizzare i comportamenti irresponsabili di quei
tanti concittadini che non rispettano le prescrizioni governative
contenute nell’ultimo DPCM e nei prossimi che verranno.
Incominciamo intanto a chiarire un aspetto tipico di certa vulgata
“giornalistica” più dedita al sensazionalismo che alla sostanza
delle cose. Mi riferisco qui all’uso delle parole, laddove si parla
con tanta faciloneria di “progressione esponenziale” del
contagio.
Esponenziale? Non scherziamo, per favore, perché ce n’è abbastanza
così com’è anche senza scomodare tale funzione.
Si osserva che se si trattasse di una diffusione basata su una
funzione esponenziale non saremmo in grado di riprenderla mai,
altro che contenerla, perché non c’è al mondo alcun sistema
politico e sanitario in grado di sviluppare un’efficienza ed
efficacia tali da poter contenere e stroncare una pandemia basata
su una funzione diffusiva di tipo esponenziale; neanche il sistema
cinese che, ad oggi va riconosciuto senza alcun dubbio, è stato in
grado di esercitare con gli strumenti propri del “regime” il
“confinamento” di oltre 60 milioni di persone. Bene, per la Cina è
stato possibile fare questo, ma per un sistema democratico come il
nostro e come quelli del mondo occidentale ciò non è possibile e
neanche pensabile, anche se ci sono da tempo evidenti segni
accentratori delle decisioni che, in anche in questo caso, pongono
alcune doverose riflessioni sull’ordinamento democratico e sui suoi
strumenti.
E veniamo al significato della progressione esponenziale. Per
comprendere appieno la potenza di una funzione esponenziale basta
ripensare al famoso aneddoto dell’incontro, in un tempo
storicamente non ben definito, dell’ambasciatore persiano che
mostrò al faraone d’Egitto il gioco degli scacchi. Il faraone
imparò presto a giocare e se ne innamorò così tanto che per
ringraziare il proprio ospite gli disse che gli avrebbe regalato
qualunque cosa avesse desiderato. L’ambasciatore, dopo averci
pensato con attenzione, chiese solamente del grano e gli propose di
ricompensarlo con una quantità di grano basata sui 64 tasti della
scacchiera che avevano di fronte con un conteggio che vedeva un
solo chicco di grano sul primo tasto, due chicchi sul secondo,
quattro sul terzo e così via continuando e raddoppiando, ovvero con
una funzione esponenziale basata sul numero due con esponente
crescente da 0 fino ad arrivare alla potenza 263. Il numero
risultante sarebbe stato così grande da non poter essere
soddisfatto dalla produzione di grano dell’Egitto dell’epoca, né
del mondo conosciuto di allora e nemmeno di oggi in quanto si
tratta di un numero equivalente a 1.800.000 milioni di tonnellate
(si osserva che nel 2017, dati FAO, la produzione cerealicola
mondiale era stimata pari a 2.640 milioni di tonnellate!).
Quindi no, per fortuna non si tratta di una diffusione di tipo
esponenziale, ma è comunque una diffusione rapida e devastante se
in poco più di un mese e mezzo questo virus è stato in grado di
contaminare ben 106 paesi su 206 che costituiscono il mondo
intero.
Cosa ci sta salvando?
In questa grave circostanza del coronavirus che è destinata a
durare nel tempo, ci salvano i decreti del Governo e, soprattutto,
il nostro sistema sanitario nazionale, uno dei più efficienti del
mondo se non il più efficiente, con il suo principio di
universalità perché la cura è garantita a tutti, ricchi e poveri e
tutti vengono curati indipendentemente da quanti soldi sono
presenti nel proprio conto corrente. Altra cosa di cui possiamo
andare orgogliosi è che il nostro sistema sanitario è un “unicum”
perché integra nello stesso sistema la sanità umana e la sanità
animale, e ciò ne caratterizza la specificità, mentre in sistemi
sanitari pubblici analoghi la sanità animale fa sempre capo al
ministero dell’agricoltura.
Dobbiamo difendere e pretendere un’inversione di tendenza nei
riguardi del sistema sanitario nazionale. In 10 anni di tagli per
circa 37 miliardi di euro, tantissime risorse sono state dirottate
verso la sanità privata e anche la Sardegna ha visto crescere
questa tendenza, soprattutto con la nascita del Mater Olbia, così
ribattezzato a seguito del fallimento e dello scandalo del San
Raffaele in salsa olbiese, un ospedale di proprietà della Qatar
Foundation finanziato dalla Regione Sardegna con 150 milioni di
euro sottratti alla sanità pubblica nei soli primi tre anni,
finora.
Certo, possiamo ritenerci fortunati perché il coronavirus si è
sviluppato in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le tre regioni
con i migliori sistemi sanitari dell’intero paese che, anche se con
difficoltà, hanno retto bene all’urto. Se, disgraziatamente, i
primi focolai si fossero diffusi nelle regioni del Sud o in
Sardegna, ne saremmo stati interamente e definitivamente
travolti.
Vogliamo parlare del sistema sanitario degli USA dove le cure sono
affidate al plafond della carta di credito? Tanto per citare
qualche esempio sembra che ci siano pochi contagiati, ma intanto
sono presenti dei casi di coronavirus in oltre la metà dei paesi
membri e non si dimentichi che chi si fa fare un “tampone” deve
sborsare 3500$, si avete letto bene. Con quei costi, chi si può
permettere di fare il test con il tampone?
Da qui i pochi casi, finora, rilevati.
E gli otto miliardi e mezzo di dollari (equivalenti ai 7,5 miliardi
di euro del nostro Governo) stanziati da Trump non sono andati al
sistema sanitario, ma alla ricerca, ovvero alle aziende
farmaceutiche statunitensi “private” che si vedono finanziare la
ricerca degli antivirali e dei vaccini per poter guadagnare
centinaia di miliardi con i finanziamenti pubblici. Un ragionamento
analogo viene fatto in un recente intervento di Bill Gates che si
può leggere su The New England Journal of Medicine. Tante
considerazioni riportate nell’intervento di Gates sono
condivisibili, soprattutto quando parla dei possibili effetti
devastanti di un virus sconosciuto come il “coronavirus” nei paesi
con sistemi sanitari poco organizzati come quelli di tanti paesi
del continente africano e non solo. In quei casi, il suo auspicio è
che ci sia una collaborazione tra il pubblico e il privato per
poter affrontare i possibili casi di pandemia, in primis questa del
coronavirus. Ma la logica di fondo è che il pubblico metta i soldi
e il privato il know how, ma non viene mai neanche accennata la
possibilità che dopo, per esempio una volta che si arrivi alla
scoperta e alla commercializzazione del o dei vaccini, ci possa
essere una condivisione degli utili. No, il pubblico è sempre la
parte da mungere: è questa l’essenza del “capitalismo
compassionevole” dei Trump e dei Gates per cui l’eventuale rimorso
per aver fatto troppi soldi con lo sfruttamento di altri esseri
umani può essere compensato con atti di filantropia per avere
garantito l’accesso al paradiso. A me pare la solita vecchia
storiella che la ricerca deve essere fatta con i soldi pubblici, le
perdite delle aziende vanno sempre pagate dalla collettività mentre
i profitti devono essere esclusivamente privati. Uno degli aspetti
più deleteri della cultura del liberismo è anche questo paradigma
che sembra accettato anche a sinistra nel nome del mercato quale
entità in grado di autoregolarsi, mentre così non è. Anche nel caso
di Gates come di Trump, perciò, non c’è niente di nuovo sotto il
sole!
Da tutta questa esperienza deve venir fuori con forza l’esigenza di
rafforzare la sanità pubblica perché è l’unica che ci garantisce il
diritto alla salute e la qualità delle cure. Per cui va chiesta a
tutte le forze politiche l’impegno a invertire totalmente il
percorso avviato nell’ultimo decennio nella sanità. Per dirla con
uno slogan, dai LEAS, Livelli Essenziali di Assistenza Sanitaria,
sarebbe opportuno organizzarsi in modo tale da garantire i LUAS,
Livelli Uniformi di Assistenza!
Il coronavirus rappresenta il paradigma della fragilità strutturale
del modello di sviluppo che governa il mondo. Oggi più che mai,
anche ripensando alla teoria delle catastrofi, appare sempre più
evidente che il volo di una farfalla all’equatore può sconvolgere
l’ecosistema del polo nord. Infatti, un nemico invisibile e
infinitesimale come un virus, scoppiato in Cina, ha sconvolto
l’economia mondiale, a partire dalle borse di tutto il mondo che
hanno perso fino a questo momento circa il 30% del proprio valore:
un disastro mai visto, neanche in presenza delle due guerre
mondiali del secolo scorso!
E si sta portando dietro anche alcuni effetti collaterali in
maniera aggravata sotto il profilo della democrazia.
Il primo è il pericolo di un’ulteriore spallata al sistema
sanitario pubblico su base regionale a vantaggio di una sua
ricentralizzazione come evidenziato dall’intervento di Antonio
Dessì sul blog www.democraziaoggi.it.
A fianco a questo aspetto, infatti, se in questi ultimi 20 anni
siamo stati abituati alla decretazione d’urgenza al punto che anche
nella nostra democrazia parlamentare l’esecutivo (il Governo) è
prevalente rispetto al legislativo, nella vicenda del coronavirus,
come giustamente ci ha ricordato sullo stesso blog Andrea Pubusa in
un suo recente intervento, si pone senza dubbio anche un problema
di ordinamento democratico. Le decisioni sulla sanità vengono prese
“espropriando” il ruolo delle Regioni. C’è da dire che in alcuni
casi, primo tra tutti nel caso della Regione Sardegna del
presidente Solinas, ampiamente trattati da Vito Biolchini sul
proprio blog, un comportamento del genere da parte del Governo non
è da biasimare viste le decisioni contradditorie esclusivamente
propagandistiche prese dal presidente Solinas che rasentano la
farsa in una situazione drammatica. Fatto questo doveroso inciso, è
auspicabile che i DPCM siano presto accompagnati non solo da una
consultazione di alcune forze di opposizione, ma siano ratificati
da un vero voto del parlamento. Solo così non si violano le
prerogative dell’equilibrio dei poteri su cui si basa la nostra
Costituzione, anche perché un precedente come questo per cui
l’esecutivo, formalmente legittimato da una situazione di
emergenza, agisce d’imperio nei confronti di tutti (non succede
neanche nel caso di una dichiarazione di guerra!) potrebbe essere
presto usato da chi appena qualche mese fa chiedeva “i pieni
poteri” con tutte le conseguenze facilmente immaginabili e allora,
se non ci si oppone oggi, ci sarà ben poco di cui lamentarsi
domani!
C’è anche la strana coincidenza della contemporanea presenza della
più grande esercitazione militare degli ultimi 25 anni denominata
Defence Europe 2020. Difesa nei confronti di chi? Della Russia di
Putin e della Via della Seta di Xi Jinping? Ancora una volta,
l’Europa dov’è? Perché continua ad essere così supina nei confronti
degli USA a oltre 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale
quasi non potesse scegliere liberamente anche altre strategie di
sviluppo e di cooperazione?
Al di là di considerazioni di geopolitica, nel caso in questione
bisogna parlare a voce alta di oltre 20.000 soldati americani con
le loro famiglie liberi di circolare in Europa con tutte le
restrizioni previste per noi europei mentre loro non sono tenuti al
rispetto di nessuna precauzione e comportamento rispettoso dei vari
provvedimenti emanati da ciascuno Stato. I soldati americani sono
speciali anche all’interno della NATO, nel senso che non rispondono
alle regole comuni ma solo alle proprie regole. E’ la legge del più
forte! Insomma, dal punto di vista della diffusione del virus è un
disastro perché ci saranno comunque almeno 20.000 potenziali untori
a stelle e strisce, senza che si sia formalmente levata neanche una
parola di protesta da parte degli stessi organismi europei e tanto
meno da parte dei singoli Stati.
Appunto, si tratta di effetti collaterali che rischiano di
aggravare il già pesante quadro politico sociale in cui si sta
diffondendo il coronavirus.
Ci possiamo consolare con l’OMS che, con il direttore Tedros
Adhanom Ghebreyesus, così si è espressa su Twitter: “Il governo e i
cittadini italiani stanno compiendo passi audaci e coraggiosi per
rallentare la diffusione del coronavirus e proteggere il loro paese
e il mondo. Stanno facendo autentici sacrifici. L’OMS è solidale
con l’Italia ed è qui per continuare a sostenerla”.
Qualche altra considerazione riguarda più in profondità il nostro
rapporto con la morte e con la sua anticamera rappresentata, per
molti aspetti culturali, dalla peste e dalle pandemie.
Se guardiamo al mito, alla letteratura e alla storia, un tempo era
un dio irato che scagliava il “feral morbo e la gente perìa”, poi
in tutto il medioevo la peste era comunque dovuta ad una punizione
divina (simile come si vede a quella del dio omerico) contro i
peccati degli uomini, poi venne additata come causa la “bestia
immonda”, topi, pipistrelli, scimmie, maiali, e oggi di nuovo i
pipistrelli. La sequenza degli eventi riportati nella storia è
nota: la peste di Giustiniano diffusa nell’impero bizantino intorno
al 540 D.C. ; la peste nera con circa 20 milioni di morti
stimati in Europa tra il 1347 e il 1353 e prima almeno altri 5
milioni di morti in alcune zone della Cina, la peste del ‘600
ricordata da Manzoni nei Promessi sposi con il suo lazzaretto che
ci riporta anche ai nostri giorni, il vaiolo, il colera, e ancora
la peste suina africana, l’aviaria, l’HIV, la SARS.
Insomma pagano sempre gli animali.
Le tecniche moderne di confinamento che stiamo attuando in questi
giorni affondano le radici nella cultura medievale e, in effetti,
di fronte a un nemico invisibile e così subdolo non abbiamo altre
armi che quella di comportamenti responsabili che, limitando al
massimo i contatti umani, rendano estremamente difficile per il
virus trovare altri spazi di diffusione
L’unica arma seria a disposizione è stare il più possibile a casa,
evitare ogni possibile contatto con l’autoisolamento ed evitare il
collasso del sistema sanitario, anche perché non ci sono unità di
terapia intensiva sufficienti per una diffusione drammatica come
questa a cui assistiamo quotidianamente.
Vanno allora rifiutati e condannati in quanto pericolosi per la
salute pubblica tutti i comportamenti basati su superficialità e
minimizzazione che tendono a considerare il coronavirus come una
normale influenza, perché della normale influenza non ha nulla: né
del tasso di mortalità né della velocità di diffusione.
E allora bisogna prendere questo virus come un fatto molto serio da
cui, se ci saranno comportamenti responsabili, ne verremo fuori più
forti e più consapevoli della nostra fragilità come di quella del
mondo che abbiamo costruito.
Ma bisogna essere coscienti che il fenomeno durerà ancora a lungo e
con questo continueremo a convivere e deve essere una convivenza
attenta anche a tutto ciò che gira intorno al coronavirus, avendo
la forza di denunciare ogni fatto ed effetto collaterale che alteri
le regole della democrazia e della rappresentanza.
- SARDA NEWS -
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