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Carbonia. Anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione “l’attività estrattiva è considerata una delle più pericolose e malsane”

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Scritto da Democrazia Oggi
Democrazia Oggi

Gianna Lai

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Anche oggi, come ogni domenica, appuntamento con la storia di Carbonia, dal 1° settembre 2019.[1]

Alta nocività e  continuo  rischio, sempre pericoloso resta il lavoro del minatore,  e sempre “in continuo aumento i casi di silicosi polmonare, fino alle spaventose cifre registrate tra gli anni Quaranta e Cinquanta”, in  Sardegna, come dice il professor Duilio Casula nel già citato saggio, ‘Le malattie dei minatori’, in riferimento agli anni del fascismo. Ma se  non cambiano di molto le cose nell’Italia della Repubbica, vale la pena riprendere il discorso, dato che solo adesso vengono dapertutto “avviate nuove misure di prevenzione tecnica di una certa efficienza”. Avendo ben chiarito, fin da subito,  che “l’attività estrattiva è da sempre considerata una delle più pericolose e malsane”, il professore così descrive i cambiamenti della miniera: “la completa sostituzione della perforazione a secco con il sistema della perforazione ad acqua (iniettata ad  alta pressione),… e l’introduzione di sistemi di ventilazione più efficienti,.. hanno contribuito, in maniera particolare, a ridurre in modo notevole la concentrazione ambientale di polveri, il cui accumulo nei polmoni è la causa fondamentale dell’insorgere della silicosi e delle altre pneumoconiosi. Nel corso degli anni altri miglioramenti tecnici sono stati introdotti, …. con l’applicazione di una tecnologia basata sopratutto su una meccanizzazione sempre più accentuata dei metodi di coltivazione”.  Tuttavia, prosegue il professore, “queste innovazioni comportano anche, in campo igienico ambientale, assieme ai lati positivi,  riflessi negativi, come ad esempio un aumento, nell’ambiente di lavoro, di inquinanti gassosi, provenienti sopratutto dagli scarichi dei motori diesel, sempre più largamente utilizzati nel sottosuolo”. Né ha ridotto, la nuova tecnologia, “il numero delle altre affezioni polmonari, venute quasi del tutto meno le forme più gravi della pneumoconiosi; molto frequenti tra i minatori, la bronchite cronica e l’enfisema polmonare, affezioni, peraltro, dovute a cause molteplici sia di natura professionale che extra professionale”. E vi si aggiugono altre affezioni, “legate alle vibrazioni meccaniche ed ai rumori, [le prime] sono generate da strumenti vibranti, come le perforatrici pneumatiche e vengono assorbite prevalentemente dagli arti superiori (che maneggiano lo strumento) e dal tronco, dando luogo prevalentemente a manifestazioni vascolari ed osteoarticolari. Il rumore è uno dei rischi tradizionali dell’industria mineraria, ma è stato per molto tempo sottovalutato e del tutto trascurato per quanto riguarda controlli sanitari e igienico ambientali. L’effetto più grave del rumore è quello di lesioni all’organo dell’udito e il numero dei minatori colpiti da sordità, da trauma acustico è ancora oggi estremamente elevato”. E poi i “danni dovuti agli atteggiamneti posturali,…le condizioni microclimatiche, comunque sfavorevoli, la presenza di allergeni e irritanti, la irregolarità dei pasti, legata agli speciali turni di lavoro. E ci si chiede allora, conclude a questo punto il professor Duilio Casula, se la condizione del minatore, nel suo complesso, non possa favorire l’insorgere di malattie e disturbi non completamente configurabili come malattie professionali”. A partire anche dalle gastroenteriti dovute alle pessime condizioni igienico sanitarie nelle gallerie e dall’artrosi reumatica, che non vengono  indennizzate dall’Istituto assicuratore, in quanto anch’esse escluse dal campo delle malattie professionali 1). Certo i pessimi sistemi definiti dalla legislazione sanitaria allora vigente non garantiacono cure adeguate, né consentono al minatore malato di curarsi come si deve. Ancora solo un terzo della paga dopo i primi 3 giorni di malattia, che l’operaio  perde completamente “dopo tre mesi di malattia e,se non possiede un determinato numero di marchette viene completamente abbandonato a se stesso”, si legge su Rinascita nel numero del 6 giugno 1948 2). Che denuncia come  gli stessi operai non fossero favorevoli agli accertamenti  delle malattie professionali in quanto, una volta riconosciute, comportavano l’allontanamento del lavoratore dalla miniera. E denunciava ancora Rinascita come mancassero totalmente le strutture  destinate ai malati di tubercolosi polmonare o di malaria, così diffuse tra i minatori, “che continuano a vivere in famiglia o negli alberghi operai, fianco a fianco con le persone sane”.
Ancora la mancanza  di servizi caratterizza la miniera, condizioni igienico-sanitarie proibitive nelle gallerie,  pochissime le docce e i bagni nei cantieri, in entrata e in uscita dai turni. Uno stipetto negli edifici del piazzale, l’unico spazio destinato a ciascuno, mancando gravemente i cantieri persino dei locali per il cambio degli indumenti.
Come ai tempi del fascismo e dell’occupazione alleata, l’azienda chiede semplicemente di produrre ancora di più. Forza bruta da sfruttare al massimo nel bisogno del momento, provvisorietà della miniera e incompiutezza che non mette conto di risolvere, date le previsioni sull’andamento dei mercati e il modificarsi del quadro politico a favore del carbone americano ed europeo.

References

  1. ^dal 1° settembre 2019. (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Il Tribunale sospende l’espulsione di un consigliere regionale M5S. Quid juris?

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Democrazia Oggi

Andrea Pubusa

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La decisione cautelare del Tribunale di Cagliari sulla espulsione dal M5S della Cuccu, presenta, al di la del merito della vicenda, alcuni profili giuridici di indubbio rilievo.
Leggo dai giornali, non ho le carte di causa e quindi le mie considerazioni possono soffrire di questo deficit conoscitivo. Per di più i giornalisti giudiziari talora hanno una scarsa conoscenza delle procedure e scambiano la sospensione di un atto per il suo annullamento, una ordinanza per una sentenza. Nel caso nostro, al di là dei titoli dei giornali o degli annunci del TG, è bene precisare subito che questa vicenda non è stata definita con sentenza, c’è solo un ordinanza, assunta dopo un esame sommario, che sospende l’espulsione fino alla sentenza, che verrà dopo la trattazione completa della causa. La sentenza potrà rimanere in linea con l’ordinanza e annullare l’espulsione oppure potrà discostarsene, repingendo il ricorso. Certo, l’istanza cautelare per essere accolta necessita del c.d. fumus boni juris, ossia della ragionevole probabilità di accoglimento del ricorso, ma la decisione viene assunta senza un pieno sviluppo del contraddittorio e, spesso, in assenza di prove rilevanti, ancora da acquisire. Insomma, l’esito non è scontato, ancehe se la sospensione è incoraggiante per il ricorrente.
Ma perchè il Tribunale ha sospeso l’espulsione? Non per una questione di merito, ossia perché ha ritenuto indimostrate o insussitenti le colpe della Cuccu o comunque non di tale gravità da giustificare un provvedimento estremo, quale è indubbiamente l’espulsione. No, il Giudice ha sospeso per una ragione pregiudiziale di natura procedurale. Non risulta che siano state formalmente e per iscritto contestati  dai dirigenti pentastellati alla Cuccu gli addebiti, le mancanze. Si noti che la contestazzione dell’addebito non può essere generica, dev’essere specifica e puntuale perché è funzionale alla difesa, deve consentire all’incolpato di difendersi pienamente. Si tratta di uno dei principi fondamentali che caratterizza il c.d. giusto procedimento, e ormai viene considerato un principio generale negli ordinamenti democratici-
Ma in questo caso è correttamente invocato e recepito? Il giudice dice sostanzialmente che l’art. 49 cost. impone il recepimento dei principi del giusto procedimento nei rapporti fra dirigenza dei partiti e iscritti. Tuttavia, fin dai primi commenti della Costituzione è stata rilevata una differenza fra la formulazione dell’art. 49 sui partiti e l’art. 39 sui sindacati.  Quest’ultimo, per la registrazione dei sindacati, richiede che i loro statuti “sanciscano un ordinamento interno a base democratica”, e ciò per la semplice ragione che i sindacati registrati “possono,  rappresentati  unitariamente  in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”. In sintesi, siccome il contratto vincola tutti i lavoratori, occorre che la decisione di stipularli sia assunta da organizzazioni che abbiano procedure interne democratiche.
Per i partiti è così? Non proprio. L’art. 49 dice che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. I commentatori hanno messo in luce che il metodo democratico allude alle modalità di concorso alla politica nazionale. Dev’essere democratica, e cioé  svolgersi secondo le procedure di partecipazione democratica: elezioni confronto politico anche aspro, ma mai violenta. L’ordinamento interno può essere anche fortemente gerarchiizzato, ma purché non abbia carattere militare o fascista; questo deficit interno di democrazia non rileva ai fini della liceità del partito o legittimità dei suoi deliberati. Morale della favola. Stando a questa interpretazione tradizionale, il giudice non può sindacare l’ordinamento interno di un partito politico, quindi neanche le procedure disciplinari.
Tuttavia, in un ordinamento democratico i principi del giusto procedimento vanno applicati estensivamente, sono principi di civiltà, e, dunque, ben vengano queste interpretazioni estensive della magistratura, ma con una precisazione però, che esse non si spingano fino a comprirmere l’azione di un partito o addirittura a metterlo fuori legge con sentenza, salvo per quelli con organizzazione di tipo militare o quelli fascisti, espressamente vietati dalla Costituzione.
Il secondo aspetto problematico è la nomina di un curatore al M5S per la difesa in giudizio. Il motivo? Non esisterebbe, secondo il Tribunale, l’organo collegiale previsto dal nuovo statuto in luogo del capo unico (fino a ieri Crimi). Non è stato ancora eletto. Ma qui vien da ricordare che gli organi in carica, fino alla formazione dei nuovi, per il principio della proroga dei poteri, mantengono l’ordinaria amministrazione, e la difesa in giudizio, per l’urgenza, pare rientrare fra queste. Dunque, in base a questo principio giuridico, la difesa del M5S spetterebbe a Crimi e non ad un curatore giudiziario.  Del resto, che difesa può essere quella di un curatore nominato dal giudice in un caso come questo? E’ probabile che il Tribunale abbia inteso rimuovere un problema che tante volte ha ostacolato la chiamata in giudizio dei partiti: l’incertezza degli organi cui notidicare le citazioni o i ricorsi. Tuttavia, non c’è dubbio che la decisione, salvo meglio conoscere le motivazioni, suscita qualche perplessità. Forse sarebbe stato più opportuno, per una difesa sostanziale, che il Tribunale avesse nominato come curatore lo stesso Crimi quale capo dei pentastellati, applicando il principio della prorogatio fino alla nomina dell’organo collegiale previsto dal nuovo statuto. E’ pur vero che, essendo l’ordinanza cautelare, per sua natura, provvisoria, la sentenza potrà esse adottata una volta che, formato l’organo collegiale previsto dal nuovo statuto, il ricorso sia ad esso notifcicato per un vero e pieno contraddittorio. Vedremo.

Fonte: Democrazia Oggi

8 Marzo. Webinar su “Gramsci e le donne”

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Democrazia Oggi

← Dimissioni di Zingaretti. Sterzata al centro. Che sarà?[1]

5 Marzo 2021
Nessun commento[2]


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Lunedì, 8 marzo 2021, ore 18.00

Secondo evento della rassegna della Scuola di cultura politica Francesco Cocco, dedicato ad Antonio Gramsci.

Ne parlerà con noi Noemi Ghetti, storica e scrittrice, autrice del libro

“Gramsci e le donne. Gli affetti, gli amori, le idee”. Donzelli editore.

 

Intervengono Rita Sanna, Maria Teresa Lecca, Antonio Dessì, Giovanna Caltagirone, Michela Lippi, Benedetta Pintus. Letture di Cristina Maccioni

 

Diretta video sul canale youtube della Scuola di Cultura Politica Francesco Cocco

https://www.youtube.com/channel/UCAxsRLM4nvpmFjUGA0CDUug/[3]

References

  1. ^Dimissioni di Zingaretti. Sterzata al centro. Che sarà? (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)
  3. ^https://www.youtube.com/channel/UCAxsRLM4nvpmFjUGA0CDUug/ (www.scuoladiculturapoliticafrancescococco.it)

Fonte: Democrazia Oggi

L’asse M5S/PD non s’ha da fare! Musi gialli kapput. PD al centro rivolto a destra

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Democrazia Oggi

← 8 Marzo. Webinar su “Gramsci e le donne”[1]

6 Marzo 2021
Nessun commento[2]


Andrea Pubusa

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Ha detto bene Codonesu nel post di ieri[3]. La vicenda odierna sembra una replica, con immancabili varianti, di quella che condusse al siluramento di Bersani e di Prodi nel 2013. Bersani fu incaricato di formare il governo, ma subito disarcionato senza neanche consentirgli di tentare il voto parlamentare, Prodi fu colpito dal fuoco amico con ben 101 potenti pallettoni sparati dal muretto a secco. Fatti fuori per quale colpa? L’avere sia il primo che il secondo chiuso a B. e aperto all’emergente M5S. Le centrali finanziarie e bancarie della UE avevano deciso che l’Italia non dovesse uscire dal recinto dei sguaci acritici delle politiche liberiste e austere europee. I musi gialli con le loro critiche a quella politca non offrivano le garanzie e gli affidamenti ritenuti necessari per inserirli anche con un semplice appoggio esterno nell’area di governo. Sappiamo come è andata e quali disastri ha portato quella forzatura con al centro Napolitano e, dietro le quinte, Renzi.
Oggi, la situazione è mutata ma la musica è la stessa, come incisivamente mette in luce Tonino Dessì in un commento di ieri. [4] il PD e il M5S si ssono alleati, hanno formato insieme un governo, con un presidente del consiglio molto popolare, mite e dialogante. Si andava profilando un’alleanza per stabilizzare uno schieramento concorrente della destra, questa prospettiva andava spezzata prima che avesse gambe. Ed ecco di nuovo il guastatore all’opera. Giù il governo Conte, in sella Draghi, massimo referente in Italia dei settori finanzairi e bancari continentali, uno schieramento M5S/PD non s’hs ds fsre! Al M5S in difficoltà va dato il colpo di grazia. Eppure i musi gialli sono rientrati nel perimetro europeo, hanno votato Ursula Gertrud von der Leyen, pur mantendo una posizione autonoma molto proiettata sul versante dello sviluppo in chiave ambientale e sociale.
Stando così le cose, è evidente che Zingaretti va sostenuto nell’ottica di sbarrare la strada alla destra, strutturando uno schieramento di centrosinistra, insoddisfacente certo, ma l’unico in grado oggi di contendere al centrodestra il governo. Le forze contrarie in campo sono potenti, perché comprendono anche un’area consistente del PD. Solo la vittoria di Zingaretti può portare nelle prossime elezioni politiche la formazione di gruppi parlamentari PD coerenti con la prospettiva del centro sinistra.
La partita è importante per il futuro del Paese, e pertanto tutti noi, anche fuori dal PD  dal M5S, dobbiamo ritenerci coinvolti.

References

  1. ^8 Marzo. Webinar su “Gramsci e le donne” (www.democraziaoggi.it)
  2. ^Nessun commento (www.democraziaoggi.it)
  3. ^nel post di ieri (www.democraziaoggi.it)
  4. ^commento di ieri.  (www.democraziaoggi.it)

Fonte: Democrazia Oggi

Dimissioni di Zingaretti. Sterzata al centro. Che sara?

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Democrazia Oggi

Fernando Codonesu

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Qualcosa di nuovo.
L’ultima fotografia diffusa oggi dell’Istat parla di oltre due milioni di famiglie che non possono permettersi le spese indispensabili per poter vivere dignitosamente, come essere tornati a ben 15 anni all’indietro nel tempo da un punto di vista sociale a causa del Covid, non più nel 2020 quindi ma nel 2005, con un ulteriore milione di persone entrate in povertà che si aggiungono agli altri milioni di poveri già registrati.
E il PD che fa?
Zingaretti scrive: “Lo stillicidio non finisce. Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie, quando in Italia sta esplodendo la terza ondata del Covid, c’è il problema del lavoro, degli investimenti e la necessità di ricostruire una speranza soprattutto per le nuove generazioni”.
Il PD è senza segretario. Alla lunga, neanche tanto a dire il vero, la continua guerra di logoramento contro Zingaretti voluta dai maggiorenti del PD, in larga parte renziani della prima ora rimasti a presidiare con forza quel partito, ha avuto la meglio. Quando sei cannoneggiato tutti i giorni dall’esterno, dai cosiddetti avversari, soggetto al fuoco amico degli esponenti del tuo stesso partito, preso a sciabolate da chi ha condiviso tutti gli atti e le decisioni assunte unanimemente negli organismo dirigenti, veramente si comprende la forza dirompente del detto: “dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio”.
Si, è proprio troppo. Troppo per un segretario debole e non certo carismatico, ma sicuramente affidabile rispetto ad altri che si sono succeduti e, salvo prova contraria, onesto e che ha evitato un tracollo ben maggiore di quel partito negli ultimi anni due anni della sua segreteria.
Un partito, comunque, che non governa nessuna regione del Nord Italia che rappresenta oltre il 60% del PIL del paese e questo è un fattore di grave e irreversibile crisi di credibilità generale.
Un partito presidiato dai pretoriani renziani armati che controllavano a vista il segretario dall’interno, oltre ai 50 parlamentari che dall’esterno, leggasi Italia Viva di Renzi, erano e sono intenzionati a riprendersi quel che resta di quel partito. I fatti degli ultimi mesi vanno in questa direzione e sono precipitati all’improvviso con la nascita del governo Draghi.
Nel riposizionamento generalizzato del potere in Italia, acuito più che mai dal governo Draghi, giova fare qualche considerazione sulla corsa al centro da parte dei tanti partiti presenti nel palcoscenico della politica italiana e, ultimo in ordine di tempo, il M5S a guida Conte secondo il pensiero, si fa per dire, espresso da Di Maio e sulla necessità inderogabile di porre fine anche solo all’idea di un partito di sinistra.
Intanto si definisce centro, ma si intende destra, anche se non lo si dice espressamente.
Almeno dal mio punto di vista, quando si rinnega la sinistra e ci si sposta al centro si va a destra, non esistono vie di mezzo.
L’importante è che non ci sia la sinistra: è questo il tratto dominante della politica attuale.
Questo è un processo che dura ormai da tempo, a partire dalla nascita del PD, un partito originato da una fusione fredda tra il PDS e la Margherita, quel che restava di quei grandi partiti di massa del novecento che furono il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana.
Alla pari del ben noto bluff planetario della fusione nucleare fredda di Fleischmann e Pons del 1989 immaginata con la fusione dei nuclei degli atomi di deuterio che non ha mai generato energia pulita, non un kilowattora neanche di quella di origine fossile a dire il vero, da tempo si è riconosciuto che quella che è stata definita la fusione fredda tra due forze politiche, il PdS e la Margherita, non ha mai generato un partito vero, caratterizzato da una precisa identità.
Per alcuni un aborto, per altri un ircocervo, animale inesistente, per altri semplicemente un ibrido capace di mimetizzarsi come un camaleonte a seconda dello spirar del vento o delle pretese del mondo dell’impresa, dei poteri forti e della onnipresente ideologia liberista sul cui altare tutto viene sacrificato, ma sicuramente non un partito riconoscibile, identificabile e affidabile per uno schieramento di strati sociali afferenti al mondo del lavoro, della piccola e media impresa, delle donne, dei giovani. Un partito riconoscibile e affidabile per gli strati sociali che pagano le tasse.
Appunto, due forze che di tanto in tanto si incrociavano sulla tolda di comando, ma che perseguivano idee, progetti e strategie differenti. Un partito di sinistra, forse in qualche breve periodo e in qualche frangente, ma mai negli atti di governo. Molto di più, invece, un partito di centro ovvero di stampo democristiano come si conveniva e si conviene ai Franceschini, Letta, Del Rio, Marcucci, Renzi, etc.
Con meno sinistra, per cui in pochi anni niente spazio per i Dalema, Bersani ed ora Zingaretti.
Zingaretti, uno degli ultimi esponenti della sinistra, impegnato comunque nel disegnare un partito più di sinistra all’interno del perimetro allargato del centrosinistra. E per questo scomodo, specialmente di questi tempi.
Una persona per bene, anche se questo non basta per farne un leader.
Certo, si è adagiato troppo su Conte e quest’ultimo che, forse avrebbe potuto guidare uno schieramento politico reale da sperimentare sul campo comprendente il PD, i 5S e i raggruppamenti vari della sinistra oggi riconoscibili in LEU, con l’ultima scelta da leader dei 5S ha affossato anche questo potenziale progetto.
E poi quella giravolta in un solo giorno che dall’indicazione di Conte come unico leader dello schieramento progressista va immediatamente all’abbraccio di Draghi, anche se, a dire il vero, nel contesto attuale non poteva fare molto di più.
Un partito senza identità, sicuramente privo di un’identità di sinistra, ma in cui si fa fatica anche a individuare una identità di centrosinistra.
Molta Margherita che è come dire, molta ex Democrazia Cristiana, con tutto quello che significa per chi appena ricorda le scelte di quel partito e di quegli uomini nella prima repubblica.
Certo non sfugge che quel partito è stato capace di boicottare Prodi come candidato presidente della Repubblica, vedasi i famosi 101 secondo molti osservatori guidati da Renzi, ha silurato Bersani come segretario del partito nel 2013 con la regia di Napolitano, e da lì è nata la segreteria Renzi che poi ha sostituito Letta al governo con la famosa frase da Giuda “Enrico, stai sereno”.
Insomma, più che un partito, un nido di vipere.
E ora una riflessione amara sulla sinistra che non  c’è, proprio quando sarebbe bisogno più che mai di un partito di sinistra in grado di rappresentare gli interessi e le aspirazioni dei vasti, vastissimi strati della popolazione italiana che si trova sempre più ai margini dei processi decisionali, senza prospettive di crescita economica, politica, culturale e sociale.
Che dire poi di quel che è successo a LEU con il governo Draghi?
Contrariamente a quel che ci insegna la matematica, sono capaci di costituire tre gruppi pur essendo solo in due: è la maledizione della scissione continua e senza fine.
E’ questo ciò che resta del giorno della sinistra?
La realtà è che Zingaretti non ha fatto in tempo a dare una connotazione di sinistra al PD perché non è andato alle elezioni politiche: solo in quel caso avrebbe potuto scegliere i propri candidati dando a quel partito un’impronta e un’identità sicuramente più a sinistra rispetto a quella che caratterizzava ierei e caratterizza oggi il partito sempre egemonizzato dagli ex democristiani.
Personalmente credo che le dimissioni siano una cosa seria e per questo auguro e suggerisco a Zingaretti di non farsi incantare dalle sirene che intoneranno il richiamo con voci suadenti o peggio ancora farsi fregare da chi gli chiederà di tornare, di ritirare le dimissioni e di restare: diventerebbe un ostaggio senza più credibilità alcuna, una vaso di coccio tra vasi di ferro, ancorché ferro arrugginito e in decomposizione.
Forse bisogna prendere atto definitivamente che chi viene dalla DC, leggi Margherita, è interessato  ad inseguire la forza attrattiva del “centro”, ma quello è un luogo adimensionale geometricamente parlando con un riverbero certo anche in politica, e il rischio è che i molti che intendono contenderselo finiscano con elidersi a vicenda.
Insomma, per chiarezza politica, separarsi è un bene, e se due forze hanno riferimenti ideali e strategie diverse è bene che scelgano strade diverse se ciascuna vuole riprendere un percorso di ricostruzione chiaro, riconoscibile e identificabile senza confusione alcuna.
Le dimissioni di Zingaretti fanno parte del processo di normalizzazione dell’Italia iniziato tempo addietro e accelerato fortemente con la nascita del governo Draghi.
Chi dentro quel partito, e sono tanti sia nei quadri dirigenti e territoriali e soprattutto nell’elettorato, si riconosce veramente nei valori di base della sinistra provi convintamente a intraprendere tutte le azioni possibili per rimetterne insieme i vari pezzi per riscriverne la storia, e lavori per costruire una strategia adeguata alla luce dei bisogni attuali del paese.

Fonte: Democrazia Oggi

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